Autore: Valentino Zeichen
Pubblicato da Fazi - Luglio 2017
Pagine: 231 - Genere: Poesia
Formato disponibile: Brossura
Collana: Le strade
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Ad un anno dalla morte di Valentino Zeichen, Fazi Editore ha pubblicato Le poesie più belle del poeta, da quelle scritte nel 1974, inserite nella raccolta Area di rigore, a quelle del 2011, pubblicate da Mondadori nella raccolta Casa di rieducazione. Oltre ad alcune inedite.
Nato a Fiume nel 1938, Valentino Zeichen fu profugo a Trieste. Con il padre che aveva trovato lavoro come giardiniere, si trasferì a Roma dove, tranne alcuni anni di riformatorio a Firenze, è rimasto fino alla morte. Il suo amore per la città eterna traspare chiaro e lucido nelle tante poesie che le ha dedicato, come a un’innamorata. Non c’è sentimentalismo né lirismo, solo innamoramento.
Il poeta si fa guida e accompagna il lettore attraverso i luoghi magici della capitale, da Ponte Milvio al Circo Massimo, dal Muro Torto a Piazza del Popolo, dal Gianicolo a Piazza di Spagna, dal Teatro di Marcello al Mausoleo di Augusto, dalla Bocca della Verità alla Casa di Moravia, dal Monumento a Vittorio Emanuele II a Fontana di Trevi. E poi Villa Medici, il Pantheon, il Campidoglio, l’Ara Coeli.
Ha cantato le fontane del Bernini che diede gaiezza all’acqua facendola zampillare da orifizi impensabili, ha dipinto i tramonti romani con le facciate delle case colorate a calce tinta che diventano magiche tele cromatiche. Zeichen in Le poesie più belle racconta la bellezza, la storia, il tempo eterno di una città unica in tutto e il “turista” resta incantato, affascinato, ammutolito. Sono versi che racchiudono millenni di vita rispetto ai quali non si può fare altro che tacere.
La poetica di Zeichen è scarna, asciutta, nuda, scevra da eccessi passionali o sentimentali. È una poetica spesso ironica, ma di un’ironia dolente, che dietro i versi beffardi nasconde estrema solitudine e malinconia. In molte poesie c’è la caratteristica di nascondersi come soggetto e di guardarsi come fosse un oggetto che scrive, che ama, che ironizza, che dileggia, che racconta. Il poeta si sdoppia e parla di noi anche attraverso versi spiritosi, giocosi.
Se la linea
della tua vita
nella mano
ti pare breve,
allungala con la matita
e chissà? Che l’innesto
non riesca.
All’amore perduto dedica più versi.
Come dirti ancora amore mio,
mia, mio, adesso che gli aggettivi possessivi
sono istruiti di dubbi, svogliati
e disaffezionati alla proprietà…
..e si concedono solo al plurale.
Il “tempo” è presente in moltissime poesie.
Son transitati secoli
Dentro i miei anni
E non vi ho fatto caso
Amare considerazioni riferibili a tanti, in versi di verità.
Quanti molti sono tenuti
in vita dal denaro,
io, che non ne posseggo,
trovo un ripiego nei princìpi.
Invoca per i poeti una nuova Musa, non più Calliope ma Podologa, che “sappia scorciare i versi cadenti, limare le punte acuminate, arrotondare gli angoli sonori. I versi devono essere corti così che la poesia ne guadagni in igiene.”
Si dice che la poesia
manchi di vero slancio
che non sa più volare
poiché non più sorretta
da grandi angeli alati.
Che farci? È un mondo
di poeti atei che volano
preferibilmente in aereo.
Paragona l’artista ad un arciere.
La mira dell’artista deve essere superiore
a quella dell’arciere, poiché punta all’infinito.
Chiude con grande pessimismo.
Come frecce scoccate
da un ludico arciere
che non ha sempre
per mira un bersaglio, bensì
la bellezza d’una traiettoria,
sorvoliamo lo spazio degli anni.
Infine, desolato.
Il cielo non legge
E neanche parla le lingue umane,
Le ascolta ma non le capisce.
Raramente si lascia andare ai ricordi di momenti di gioia o di sofferenza: nella poesia Il nome rimosso ammette esplicitamente la difficoltà di andare indietro con la mente, l’angoscia nel riportare alla memoria l’immagine di lei, di sua madre, perduta quando non aveva sei anni.
A Evelina mia madre, è la bellissima poesia in cui riesce con difficoltà a nascondere il pianto.
Approfondimento
Le tante incursioni ironiche, le sue smorfie simili a sorrisi, fanno pensare a un uomo pacato, rassegnato, vinto dalle avversità, da una vita vissuta scappando anche quando si è fatto viandante, rifugiato, ai margini in una casa-baracca.
È stato costantemente in fuga. Riflessioni secche, dure, scarne. Le sue provocazioni, il suo raccontare improvvisamente si squarcia e lascia spazio ad immagini, a lampi, che mostrano pezzi di parole. Significanti che divorano i significati. Flash fotografici. Anzi più correttamente “metafore fotografiche” che all’improvviso mettono in scena il verso.
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