Autore: Alice Munro
Pubblicato da Einaudi - Novembre 2016
Pagine: 280 - Genere: Racconti
Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Supercoralli
📗 Acquista scontato su ibs.it
📙 Amazon (spedizione gratuita)
📙 Versione Kindle
📙 Acquista online
✪ Le recensioni dei lettori su Goodreads
È una raccolta di tredici storie scritte dalla canadese Alice Munro, pubblicate per la prima volta nel 1974. Le protagoniste, quasi sempre donne, a un certo punto della loro vita, spesso alle soglie della vecchiaia, si girano indietro e riguardano un evento, per lo più emblematico e riassuntivo, della loro esistenza, che le inchioda alla loro gioventù. È una serie di vecchie foto sfocate, di persone ormai morte, di avvenimenti risalenti a un passato che non si arrende al tempo e all’improvviso ritorna prepotente.
Le protagoniste di Una cosa che volevo dirti da un po’ si lasciano andare a riflessioni dolorose che mascherano gelosie, invidie, rancori che, a distanza di anni, ancora le agitano.
È il caso di Una cosa che volevo dirti da un po’. Et e Char sono due sorelle che in gioventù si innamorano di Blaikie Noble che, pur corteggiando Char, la più bella delle due, l’abbandona per sposare un’altra ragazza. Et lo incontra dopo anni, vanesio e inconcludente come in gioventù: con un po’ di malizia lo rivela alla sorella che, nonostante sia sposata, ama sempre Blaikie. E lei, turbata, sebbene siano passati molti anni, colta da un improvviso malore, muore, lasciando nella sorella il dubbio del suicidio.
Ancora due sorelle, protagoniste di Cerimonia di commiato. Eillen si reca a casa della sorella June che non vede da anni e, come in passato, non riesce nemmeno a fingere sincera emozione nel riabbracciarla. Diverse tra loro, sofisticata e raffinata June, sempliciotta e un po’ sciatta l’altra, si ritrovano in occasione del funerale di Douglas, il figlio maggiore di June, morto in un incidente d’auto. Invece di consolare, di comprendere e perdonare, Eillen resta a scrutare fredda e severa la sorella, incapace di commuoversi. Lei che alla fine, abbandonandosi all’abbraccio “ incestuoso” del cognato, inconsciamente si vendica di chi l’ha resa invidiosa e gelosa.
Perdono in famiglia è la storia di una figlia che ricorda con dolore cosa ha significato per lei, bambina di sei anni, la nascita di un fratello, che si dimostrerà per tutta la vita egoista, inconcludente, irresponsabile. Numerosi saranno i fallimenti nel rapporto con la sorella e in campo lavorativo, con sperpero di danaro da parte della madre che riesce sempre a giustificarlo. Alla fine di una vita inconcludente, in età avanzata, aderisce a una setta di santoni e dispensa preghiere a suo dire miracolose: si attribuisce l’improvvisa guarigione della madre che i medici avevano dichiarata spacciata. E la protagonista non si vergogna di confessare la sua delusione, il suo dispiacere nell’aver appreso che la madre è guarita e il fratello è diventato un eroe.
Ne L’Ottawa Valley si racconta il ricordo del ritorno alla casa dell’infanzia di donne che ritrovano quadri, oggetti, vecchi abiti, ambienti, vicini di casa, e pezzi di gioventù. Pur se agitate dal timore di malattie ereditarie e invalidanti, riescono a ripercorrere momenti del passato come se fossero vivi e reali.
Anche in Marrakesh, due sorelle, ormai vecchie, accolgono in casa la giovane nipote che racconta di viaggi e comportamenti che le lasciano sbigottite. Mondi diversi di donne che non si possono capire!
Eugene è il protagonista maschile di Camminare sull’acqua. Giovane colto, accetta la sfida di riuscire a camminare sulle acque del mare. È convinto che si possa dominare la materia, piegare le leggi di gravità. Non ci riesce e scompare nell’oscurità, silenziosa anticamera del suicidio.
In Dimmi di sì o no la protagonista si innamora di un uomo sposato, più grande di lei. Hanno una relazione ma, per motivi di lavoro, sono costretti a vivere in città diverse. Incontri fugaci e sporadici a cui seguono lunghe e appassionate lettere. A un certo punto lui non le risponde più. Per caso, leggendo il giornale, lei apprende che è morto. Decide di recarsi nella città dove lui abitava con la moglie per rivivere emozioni suggerite dai luoghi del suo quotidiano. Frequenta la libreria della vedova del suo amante, la quale si insospettisce, l’affronta, le consegna alcune lettere e le dice di sparire. Ma non sono sue quelle lettere. Capisce di aver vissuto un curioso spreco.
Quest’ultima è la sola storia che mi è veramente piaciuta, per le considerazioni sull’amore e per il colpo di scena finale.
Approfondimento
Alice Munro ci presenta in Una cosa che volevo dirti da un po’ una serie di solitudini spaventose, di protagoniste restìe a comunicare, a parlare, a essere normali. Spesso folli, infelici, non amate e incapaci di amare. Destinate a scomparire, a una morte fuori campo, pur di affermare la loro presenza.
Personaggi per lo più anonimi, insignificanti, antipatici. Assediati dall’infelicità, hanno in comune una mediocrità dovuta a gelosie e invidie covate nella solitudine adolescenziale: un silenzio affettivo che riguarda madri, figlie, sorelle, fratelli, zie e nipoti. Riescono con difficoltà a vivere, si uccidono, almeno questa è la fine a cui si allude, sicuramente scompaiono dalla scena nel silenzio più totale. Nessun lamento, nessun rimpianto. Nessun dolore acuto. Una sorda inquietudine diffusa, senza origine né seguito, gettati nelle storie compaiono e scompaiono senza lasciare vuoti. Soprattutto nel lettore.