
Autore: Elisabetta Villaggio
Pubblicato da Città del Sole Edizioni - 2013
Pagine: 240 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: Fuori collana

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Tra le lotte giovanili degli anni 70, le rivoluzioni e la voglia di cambiare il mondo c'è un legame d'amicizia apparentemente perduto che due bambina, ora donne, ritroveranno dopo vent'anni di separazione.

E’ il 1969 quando Rosa segue la sua famiglia a Roma, lontano dai verdi paesaggi e dai monti che l’hanno vista crescere. Il mondo sta cambiando – il boom economico, l’automobile, il televisore, l’uomo sulla Luna – e anche il mondo privato di Rosa non può che capovolgersi. La sua famiglia è una di quelle famiglie non esattamente benestanti, costantemente in bilico tra speranza e rassegnazione. A sperare più forte di tutti gli altri è la madre di Rosa, una donna che ha dovuto piegare i suoi progetti per il futuro a una gravidanza indesiderata e che, giovanissima, ha sposato un falegname ruvido, legato alla sua terra e ai suoi boschi come ad un cordone ombelicale. Il frutto di quella gravidanza è un ragazzo burbero almeno la metà del padre, diffidente e riservato. Rosa è ancora una bambina quando si trasferisce a Roma con i genitori e il fratello e ciò che la colpisce – prima del Colosseo, prima di Roma – è il buio dentro la sua nuova casa.
Non ci sono finestre se non piccoli spiragli nel muro che si affacciano su altri muri. Le manca la luce, il calore della sua terra, il verde dei prati oltre la sua finestra. Tuttavia, sarà proprio quella mancanza di finestre a spingerla ad adattarsi e a costruirsi la sua luce dentro il buio. Lo farà attraverso i libri, in primo luogo, e poi attraverso Benedetta. Benedetta è una sua coetanea dai lunghissimi capelli biondi ed enormi pozzanghere celesti dentro gli occhi. Le due, pur appartenendo a due classi sociali molto diverse (Rosa è la figlia del portiere, Benedetta vive nell’attico dello stesso stabile) instaurano sin dall’inizio uno splendido rapporto basato sulla fiducia, sull’affetto, sulle confidenze. Insieme, attraverseranno quegli anni bizzarri che chiamiamo “anni ’70” e che hanno significato tantissime cose: i pantaloni a zampa d’elefante, le borse di Tolfa che poi diventarono un sine qua non dei comunisti, i collettivi, gli scioperi, le bandiere rosse. Benedetta e Rosa attraversano gli anni del caos, della trasformazione, della legge Basaglia e degli scontri tra Rossi e Fasci. Cambieranno la loro storia ma sarà la Storia – quella con la S maiuscola – a cambiare loro.
In una vita bizzarra Elisabetta Villaggio ci regala un affresco vissuto, realistico, credibile di quegli anni magici che tante volte sono stati raccontati e sempre con parole diverse. La narrazione intesse con semplicità e chiarezza le storie vicine e lontane di due piccole donne, Rosa e Benedetta, e le segue nel loro svolgersi, nel loro intrecciarsi e perdersi.
Ciò che colpisce, in questo libro, è proprio la semplicità dello stile. Talvolta, il lettore ha l’impressione di ritrovarsi di fronte ad una pagina di diario o ad un tema scolastico, ma è proprio questa estrema linearità a rendere il libro verosimile, a concretizzare i personaggi e a renderli tridimensionali. Seguire le vite dei protagonisti ci permette di cogliere tutti gli aspetti, anche quelli più oscuri, del loro carattere. Particolarmente interessante è la simmetria nello schema dei personaggi: al centro troviamo Rosa e Benedetta e, specularmente, i rispettivi fratelli. Da un lato c’è il fratello di Rosa, un fascista dell’ultim’ora dalle idee contorte e seri problemi di droga; dall’altro c’è il fratello di Benedetta, comunista, impregnato di idee liberali e filosofie orientali. Così diversi, eppure così simili, accomunati da un destino poco felice e dalle conseguenze più negative di quegli anni di libertà e follia.
Quest’ultimo aspetto – quello degli “effetti” degli anni ’70 sul futuro – è davvero interessante. Elisabetta Villaggio racconta il senso di libertà, benessere, speranza che animava quegli anni bizzarri e, al tempo stesso, non dimentica quelli che sono stati gli effetti, l’impronta lasciata sugli anni a venire. Un po’ come lo straordinario Tommaso Pincio di La ragazza che non era lei, l’autrice sottolinea il senso di vuoto che quel decennio di profondo cambiamento ha lasciato, e riconosciamo nella narrazione la nota amara della disillusione, del disincanto.
Una vita bizzarra è un libro piacevole e profondo, vero e sincero. Ne consiglio la lettura a chi ha vissuto quegli anni e nutre il desiderio di riportarli alla memoria ma, ancor di più, il mio invito va a chi è nato più tardi e, di quell’onda travolgente, ha soltanto visto la schiuma allontanarsi.