Autore: Alice Ceresa
Pubblicato da La nave di Teseo - 2 dicembre
Pagine: 80 - Formato disponibile: Brossura
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Dal 2 dicembre in libreria (con Ritratto di Alice di Patrizia Zappa Mulas)
Ritorna in libreria un libro che, per la sua lucidità chirurgica e per la qualità della sua scrittura, ha rappresentato per molti critici ed estimatori di Alice Ceresa il vero terzo capitolo (effettivamente mai scritto) della sua trilogia familiare, comprendente La figlia prodiga e Bambine. Un testo capace di provocare nel lettore una reazione, qualunque essa sia, per via della sua straordinaria potenza narrativa.
In questa famiglia patriarcale la morte del padre è sopravvenuta come una glaciazione verificatasi altrove, nei terreni ormai deserti dove i membri della famiglia continuano ieraticamente a compiere i gesti della scomparsa vita in comune.
Un racconto breve, lancinante, attraversato da una vena al tempo stesso irriverente, ironica e drammatica. In La morte del padre Alice Ceresa esplora, con gli strumenti di dissezione della realtà e del linguaggio che le sono propri, cosa succede a un nucleo familiare nel momento in cui la figura attorno a cui esso sembra riunirsi ed esistere scompare.
Seguendo in modo sia corale che individuale le vicende di ciascun personaggio – la figlia maggiore, il figlio maschio, la vedova e la figlia minore (personaggio autobiografico) – l’autrice di questa apparentemente inevitabile disgregazione familiare ci mostra i limiti, le paure inespresse, la banale volgarità del dolore. Quello che importa a Ceresa è narrare il modo in cui ogni personaggio vive la morte del padre. E dimostrare come, in una grottesca impassibilità, ciascuno di essi rimane fissato e intrappolato nel proprio ruolo a oltranza, anche dopo l’evento traumatico. Non diverso è, però, il destino riservato al defunto: neanche lui è una creatura sofferente e sopraffatta, dotata di spessore; è solo e soltanto un patriarca.
“Un racconto lancinante che alterna scavi analitici a scene quasi comiche.” Patrizia Zappa Mulas
“Un racconto mirabile. C’è una pacata visionarietà che fa pensare a certi racconti magici e fantasmatici di Kipling e di Henry James. Testo davvero straordinario.”
Alfredo Giuliani