Autore: Elizabeth Strout
Pubblicato da Einaudi - Settembre 2017
Pagine: 216 - Genere: Narrativa Contemporanea
Collana: Supercoralli
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Dal 5 settembre in libreria
Dall’autrice vincitrice del premio Pulitzer Elizabeth Strout, oggi arriva in libreria edito da Einaudi il suo nuovo romanzo: Tutto è possibile. Scritto in tandem con Il mio nome è Lucy Barton, questa volta la Strout racconta la storia degli abitanti della rurale e polverosa Amgash, Illinois, la città natale della scrittrice newyorkese Lucy Barton che, finalmente, dopo diciassette anni di assenza torna a far visita ai fratelli che aveva lasciato. Tratteggiando i caratteri dei personaggi di questa piccola città in un cast indimenticabile, Elizabeth Strout riverbera in queste pagine i temi dell’amore, della perdita e della speranza che tanto l’hanno fatta amare da milioni di lettori in tutto il mondo. Tutto è possibile è un brillante romanzo che, evocando i legami profondi della famiglia, e la speranza che viene con la riconciliazione, ricorda Olive Kitteridge nella sua ricchezza, struttura e complessità, rimarcando ancora il valore di Elizabeth Strout come una delle autrici più apprezzate dalla critica e dal pubblico internazionale.
«In questo libro perfetto e ricercato, dolore e guarigione coesistono in uno stato di perpetua dipendenza, come fratelli in lotta». – The Wall Street Journal
«Tutto è possibile è un romanzo splendido e profondo. Il sogno di essere compresi, forse il piú umano di tutti i desideri, è la sostanza che unisce le sue storie». – The Guardian
La vita può lasciare senza fiato. Tutta quanta la vita, non solo quella di chi se n’è andato, come Lucy Barton, lasciandosi ogni cosa alle spalle. Anche la vita di chi è rimasto, la vita piccola e ordinaria della provincia americana, pur brulicante di emozioni impetuose sotto la cappa dell’immobilità. La vita di Pete Barton, ad esempio, un bambino di mezza età, eterno custode e prigioniero nella casa di famiglia. O le vite deragliate delle «Principessine Nicely», nomignolo ormai grottesco per promesse giovanili non mantenute.
Riprendere quelle vite dopo molto tempo, conoscerle e riconoscerle, dà la stessa lancinante felicità di ogni ritorno a casa.
Ad Amgash, Illinois, le vetrine dell’unica libreria ospitano l’ultima fatica di una concittadina, Lucy Barton, partita molti anni prima alla volta della sfavillante New York e mai piú ritornata. E non vi è abitante del paese che non voglia accaparrarsene una copia. Perché quel libro, un memoir a quanto pare, racconta senza reticenze la storia di miseria e riscatto di una di loro, e insieme racconta la storia di tutti loro, quelli che sono rimasti fra le distese di mais e di soia del minuscolo centro del Midwest, con il suo carico di vergogna e desiderio, di gentilezza e rancore. A Patty Nicely la lettura di quelle memorie regala una dolcezza segreta, come avesse «un pezzo di caramella gialla appiccicata in fondo alla bocca». Patty, da bambina tanto graziosa da meritare, insieme alle sorelle, l’appellativo di «Principessina Nicely», è oggi una vecchia e grassa vedova, ancora tormentata dalla vergogna di un antico scandalo familiare e zimbello dei ragazzini della zona. Eppure lei, dal libro di Lucy Barton, si sente finalmente capita.
Livida e aggressiva appare invece la reazione di Vicky, sorella maggiore di Lucy, quando, con il fratello Pete, invecchiato in solitudine senza mai davvero crescere, i tre si ritrovano nella casa di famiglia per la prima volta dopo diciassette anni. Vicky, rimasta al palo delle occasioni mancate, non perdona alla sorella scrittrice di aver tagliato i ponti con un passato insopportabile, di avercela fatta, e le parole che i tre fratelli si scambiano sono coltelli che affondano nella carne viva dei loro ricordi di bambini. Eppure Vicky si è presentata all’incontro con un commovente velo di rossetto sulle labbra, e Pete, nel disperato tentativo di rendere la casa casa, ha comprato un tappeto nuovo.
Certo, le cicatrici sono quasi piú della carne, per i personaggi di questi racconti, queste storie-capitolo di un’unica biografia collettiva, in dialogo serrato fra loro e con il romanzo che li ha preceduti, Mi chiamo Lucy Barton; certo, «siamo tutti quanti un casino, e anche se ce la mettiamo tutta, amiamo in modo imperfetto». Ma se ci si può rinnamorare ben oltre i settant’anni su un lungomare italiano, come capita a Mississippi Mary; se si può trovare sollievo dal dolore indicibile dell’esistenza in un momento di assoluta condivisione nella stanza anonima di un bed and breakfast, come capita a Charlie Macauley; se si può scovare un amico, un amico vero, nel retro di un teatrino amatoriale, proprio alla fine di ogni cosa, come capita a Abel Blaine, allora tutto, ma proprio tutto, è possibile.
Elizabeth Strout è nata nel Maine ma da molti anni vive a New York. Ha pubblicato i suoi racconti su «The New Yorker» e molte altre riviste. In Italia ha pubblicato, per Fazi editore, tre romanzi, Amy e Isabelle, Resta con me e I ragazzi Burgess, e la raccolta di racconti Olive Kitteridge. Con Olive Kitteridge ha vinto il Premio Pulitzer (2009), il Premio Bancarella (2010) e il Premio Mondello (2012). Dalla stessa raccolta di racconti è stata tratta una serie tv, prodotta dalla Hbo. Per Einaudi ha pubblicato Mi chiamo Lucy Barton (2016 e 2017) e Tutto è possibile (2017).
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