Complimenti al grande Martin Scorsese. Arrivato ad un’età in cui parecchi suo colleghi rifanno sempre lo stesso film, lui cambia genere, mettendosi in gioco con un’opera completamente differente, un film per famiglie che è anche un tributo al cinema. Risultato, 11 candidature agli Oscar e pubblico ferocemente diviso.
Per quanto mi riguarda, la partita Scorsese l’ha vinta, ed anche alla grande. Ben lontano da essere la sua opera migliore, ci mancherebbe, ma “Hugo Cabret” è una festa per gli occhi e riesce anche ad emozionare. Non mi piace il 3D, devo però ammettere che quella offerta da “Hugo Cabret” è una esperienza visiva davvero particolare. Un affresco ipertecnologico necessario per apprezzare al meglio una favola pensata per i ragazzi, ma forse più adatta agli adulti che non hanno paura, qualche volta, di ritornare bambini. Ma se la storia di Hugo (un bravo Asa Butterfield), orfano che cerca disperatamente di aggiustare l’automa ultimo ricordo del padre perché pensa vi troverà nascosta la ragione della sua solitudine, è a tratti effettivamente un pochino “disneyana”, è nel tributo alla settima arte ed al genio di George Melies (un intenso Ben Kingsley) che il film mostra la sua anima migliore. Scorsese ama il cinema, e in “Hugo Cabret” omaggia questa splendida arte e colui che fu, all’epoca, uno dei suoi esponenti più visionari.
Noi possiamo decidere di restarne fuori ad osservare il tutto con il consueto disincanto, oppure tuffarci dentro, come Alice quando entra nel paese delle meraviglie. Se, come chi scrive, optiamo per la seconda strada, finiremo avvolti da una narrazione incantata e poetica, confortante come una calda coperta di lana in queste gelide giornate invernali.Quando i Lumiere inventarono il cinema, credevano sarebbe presto passato di moda, non pensavano certo di aver dato vita a quella che sarebbe diventata la fabbrica dei nostri sogni. Celebrandola, Scorsese ci emoziona invitandoci a tenerceli stretti questi sogni e a credere, perché no, nel lieto fine. “Hugo Cabret” non è certo un film perfetto, ma è un bel regalo che ci fa un grande regista, un dono da guardare non tanto con gli occhi della ragione, quanto con quelli del cuore, come se fosse “l’isola che non c’è, l’isola del tesoro ed il mago di Oz messi insieme“.
Ilaria
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