Fabio Sanvitale, nato a Pescara il 17 gennaio 1966, già regista teatrale e giornalista investigativo, sta riscuotendo un notevole successo come autore di libri quali Leonarda Cianciulli. La saponificatrice (edito da Armando editore e scritto insieme al criminologo Vincenzo Maria Mastronardi), Un mostro chiamato Girolimoni e Morte a Via Veneto, entrambi editi da Sovera edizioni ed entrambi scritti a quattro mani con il profiler Armando Palmegiani. In un’intervista ci spiega la sua passione per i true crimes e il segreto del suo successo.
Intervista
1)Fabio, tu sei autore di tre libri che ripercorrono COLD CASE molto noti: “Leonarda Cianciulli. La saponificatrice”, “Un mostro chiamato Girolimoni” e “Morte a Via Veneto”, a quale sei più legato e perché? Difficile rispondere, sono stati tutti importanti. Forse al libro su Girolimoni, è quella che si conclude nel modo più ingiusto e che ha rappresentato anche l’inizio della mia collaborazione con Armando Palmegiani.
2)Come ti sei avvicinato al mistero e a simili casi di cronaca? Ti dirò: l’attrazione per il mistero c’è sempre stata, fin da piccolo. Ho cercato molte volte di capire dove tutto è iniziato. Forse da certe storie di mio nonno, appassionato di paranormale. Fatto sta che già dagli anni delle elementari ero assolutamente attratto da ciò che era impossibile spiegare.
3)In cosa credi sia cambiata la criminalità dai tempi di Girolimoni e del caso Bebawi? E’ cambiata in termini di ferocia e di regole. Erano ancora anni in cui non si uccideva un poliziotto nemmeno per sbaglio. I criminali erano disarmati, non si rischiava di morire per venti euro come oggi. Il livello di violenza era complessivamente più basso e la polizia risolveva meglio di oggi un numero minore di delitti.
4)I due libri Un mostro chiamato Girolimoni e Morte a Via Veneto sono scritti a quattro mani con il Sostituto Commissario Armando Palmegiani, esperto di scena del crimine. Qual è il segreto della vostra proficua collaborazione? Innanzitutto l’amicizia che ci lega e poi lo sguardo disincantato sul mondo del crimine. Riusciamo ad usare un tono brillante per raccontare vicende che sono assolutamente cupe. E poi, naturalmente, una enorme passione per tutto quello che è cronaca nera.
5)Quanto ti ha aiutato nella tua carriera di scrittore il passato da giornalista investigativo? Le cose sono andate di pari passo. Sono due modi diversi di scrivere, ma la tensione, l’analisi sono le stesse
6)Cosa ti colpisce principalmente in una storia?L’intreccio, le capacità narrative. I colpi di scena, la possibilità di rivelare un mondo; di raccontare un’epoca, una comunità, di essere storia. Tramite il delitto si comprende un’epoca, lo considero un modo per comprendere il mondo.
7)Tra i tuoi progetti futuri c’è anche un ritorno al teatro come regista? No. Di questi tempi, poi…
8) Cosa pensi del mondo dell’editoria attuale? Penso che ci siano talenti interessanti per raccontare storie come le mie. Sia nel campo dei true crime che del giallo vero e proprio. Anche se oggi come oggi è soprattutto dalla televisione che è veicolata la nera. Anche sul web, infatti, va poco. Sono mezzi diversi. Ma si trovano libri interessanti, squarci di verità che aiutano ad avere una coscienza civile.
9)Cosa consiglieresti ad un aspirante scrittore? Se vuole raccontare una storia vera, di evitare l’effetto domino. E’ quello che succede quando copi le notizie dai libri già usciti. Se c’è un errore nel primo, si propaga come nel domino…rifare le indagini da capo, trovare un punto di vista nuovo e originale. Non compro mai i libri con venti casi dentro: sono solo dei copia/incolla spesso pieni di inesattezze…
10)Ultima domanda: perché i nostri lettori dovrebbero acquistare i tuoi libri? Perché io e Armando siamo bravi: sono storie scorrevoli, che si lasciano leggere, documentate, dallo sviluppo incredibile. C’è l’atmosfera dell’epoca, sono storie interessanti, che insegnano qualcosa. Perché tengono svegli ed hanno un taglio molto originale. Che ne dici, basta?
Intervista a cura di Alessandra Prospero