Classe 1977, Maria Cristina Petrucci è una autrice emergente di origini emiliane. Leggere a Colori la intervista per parlare del suo romanzo, Felicità nuda (Incontri Editrice 2013) e delle fatiche che un autore emergente deve affrontare per proseguire il suo percorso.
Trovate la recensione del romanzo qui e la videorecensione qui.
1. Ciao Maria Cristina e benvenuta su Leggere a colori! Prima di iniziare con le domande sul tuo romanzo, “Felicità nuda”, vorrei chiederti qualcosa di te. Che donna è Maria Cristina? Quanto di Virginia Corbelli è in te?
Sono mamma di tre bimbe piccole e moglie di un uomo molto impegnato. E Virginia Corbelli è quello che vorrei essere. In realtà, quello che sono stata, per qualche tempo. E quello che vorrei tornare a essere. Poi però a volte succedono cose che rallentano il cammino e ci si perde fino a non riconoscersi più nelle proprie aspettative. Tanti sono contenti di me. Io sento che potrei essere migliore.
2. Il tuo libro è, fondamentalmente, un romanzo di formazione. Il lettore, pagina dopo pagina, segue il percorso di vita di Virginia, le discese e le risalite. Quanto è importante il dolore affinché possiamo raggiungere la piena coscienza di noi stessi? Quale valore ricoprono le esperienze negative?
Le esperienze negative servono quanto quelle positive. Il dolore serve quanto il piacere. Resta da vedere come vengono vissute le varie esperienze e cosa resta per migliorare.
3. Come Virginia stessa capirà a sue spese, la felicità non è uno status uguale per tutti, qualcosa di lontanissimo e di impossibile da raggiungere. Che cos’è, per te, la felicità? E perché, nel titolo del romanzo, l’hai definita “nuda”?
La felicità è la nostra condizione naturale. Un neonato nasce felice. Se pulito, coccolato e nutrito è felice. Poi con la crescita aumentano le aspettative e così i motivi di insoddisfazione. Ma credo che sia possibile vivere la felicità giorno per giorno, come uno stile di vita. Nuda perché è quella che abbiamo dentro di noi, indipendentemente da ciò che abbiamo addosso.
4. Valore fondamentale nella vita di Virginia è il valore dell’amicizia. La protagonista dà tutto per gli amici, eppure alcuni di loro risponderanno al suo interesse con cattiveria e ingratitudine. Il perdono è sempre possibile o esiste un confine oltre il quale le amicizie devono essere considerate semplicemente chiuse?
Io lascio sempre la porta aperta a chiunque. Ma io ho una sconfinata fiducia nelle persone. Faccio più fatica a portare rancore che a perdonare.
5. Il personaggio di Giorgio, cupo e incapace d’amare, sarà per Virginia la causa della sua prima, grande delusione d’amore. Quand’è che l’amore, inteso come scambio e dono di sé, diventa dannoso e lesivo?
La delusione di Virginia, nella vicenda con Giorgio, la sua delusione più grande è per il suo fallimento. Per essere stata buttata via perché non è stata in grado di ridare a Giorgio la voglia di amare, la forza di sperare. L’amore va vissuto. Sempre. Meglio avere ricordi che rimpianti.
6. Secondo te qual è il motivo giusto per iniziare a scrivere?
Il motivo giusto per iniziare a scrivere è avere qualcosa da dire.
7. Vuoi raccontarci un aneddoto o un episodio della tua vita che ti ha segnato nel tuo percorso di autrice? Qual è stata la soddisfazione più grande che la pubblicazione di questo libro ti ha donato?
Nel mio percorso di autrice, l’aneddoto che più mi ha segnata è questo: avevo dato da rilegare tutti i miei appunti alla mia edicolante di fiducia. Questo a febbraio 2012. 700 pagine circa. Dopo una settimana ho chiesto se erano pronte. La donna mi ha risposto che si era presa la libertà di leggere e che voleva tenere gli appunti ancora una settimana per copiare alcune frasi perché erano troppo belle. Quando mi ha dato il fascicolo rilegato ho estrapolato la storia di Virginia e l’ho portata in casa editrice. Prima non avevo mai avuto il coraggio di provarci. La soddisfazione più grande è stato leggere i commenti dei lettori e vedere che non solo hanno gradito ma soprattutto hanno capito quello che voleva essere il mio messaggio.
8. Da autrice emergente, quale opinione ti sei fatta del panorama della piccola editoria? il percorso di pubblicazione del tuo libro e il lavoro editoriale compiuto su di esso ti hanno soddisfatta?
La piccola editoria fa molta fatica. Il mio libro ad esempio non è stato distribuito. Io mi impegno per farlo conoscere e per ora siamo alla quarta edizione in 8 mesi. Ma si fa molta fatica.
9. Uno dei leitmotiv del romanzo è il rapporto tra modernità e tradizione, tra giovani e anziani. Vuoi parlarcene?
Gli anziani che Virginia incontra sono dispensatori di sapere, maturità e saggezza. Fermezza. I giovani sono in divenire e perciò ancora incerti nel loro avanzare. Sono l’umiltà, la semplicità, la pazienza, la comprensione che al giorno d’oggi secondo me mancano.
10. Parlando di modernità, ho notato che sei un’autrice che utilizza molto i social networks per diffondere e pubblicizzare il proprio lavoro e conoscere le opere di altri autori emergenti. Nel frequentarle, quale opinione ti sei fatta di queste piattaforme virtuali? Esiste uno scambio reale di opinioni e creatività?
I social networks sono utili per chi come me non ha altro modo di farsi pubblicità. Io sono aperta allo scambio. Altri no. Ma questo accade ovunque. Sui social come nelle strade.
11. Vuoi parlarci dei tuoi progetti futuri?
Scrivere, ancora. Sempre, tanto. Tante altre storie.