Il 12 marzo scorso, nei saloni dello Sporting Club di Nocera Inferiore, Maurizio De Giovanni ha presentato il romanzo Cuccioli, edito da Einaudi. L’autore ha intrattenuto il numeroso pubblico presente all’evento con un’appassionata riflessione sul suo essere scrittore di romanzi noir, sui protagonisti dei suoi libri e non solo. Alla fine ha accettato di parlare un po’ con me.
Ho avuto tre vite. La prima, quando da ragazzo avevo la passione dei libri e leggevo moltissimo, sognavo di scrivere, di diventare uno che sapesse lavorare con le parole, forse un giornalista, non so. Poi è morto mio padre, aveva cinquant’anni. Io, primo di tre figli, ho dovuto cambiare rotta. A ventidue anni, avendo voti alti, sono stato assunto in banca ed ho cominciato a lavorare, non solo a Napoli, ma in Sicilia, a Caserta. La mia seconda vita. È durata trent’anni, durante i quali ho mantenuto costante la passione per la lettura, senza mai scrivere una parola.
Poi, l’occasione del Concorso a cui mi hanno iscritto, per farmi uno scherzo, amici buontemponi che conoscevano il mio amore per la lettura, mi ha consentito di riagganciarmi alla prima fase della mia vita. Ho ripreso i libri come scrittore, come “guida di viaggio”.
Ritorneremo sul ruolo dello scrittore per te. Dimmi un po’ più del concorso.
Un concorso per giallisti esordienti, indetto dalla casa automobilistica Porsche. A Napoli si svolse al Caffè Gambrinus. Avevamo a disposizione 15 ore e 11 minuti. Vinsi. Anche alla finale nazionale del concorso, a Firenze, vinsi. L’Europeo pubblicò il mio racconto. Nacque Luigi Alfredo Ricciardi.
Il malinconico tenebroso commissario che con i suoi silenzi e i suoi rifiuti incanta il lettore.
Ho pubblicato prima con la casa editrice napoletana Graus, poi quattro romanzi con Fandango, e definitivamente con Einaudi, che quest’anno ha ripubblicato Il metodo del coccodrillo, uscito nel 2012 con Mondadori. Ho sempre pensato che scrittori si debba nascere, non diventare. A quasi cinquant’anni, poi! Sono stato fortunato. Essendo stato un appassionato lettore, sono riuscito a percorrere la strada della scrittura senza difficoltà.
Chi è lo scrittore? Uno che crea personaggi e li dirige nel viaggio attraverso cui accompagna il lettore e ne è la guida? Come nasce un romanzo?
No, con i romanzi e in genere con le storie, se tu invece di crearle ti lasci andare, le idee belle arrivano, ti toccano sulla spalla e poi si allontanano e tu le devi seguire. Ne vengono fuori i romanzi migliori. Un romanzo non si costruisce prima, è come quando si costruisce un’espressione algebrica: poi la devi risolvere. Non puoi cambiare, ma avere l’onestà di dare al lettore la storia così come viene. Non puoi scrivere quello che piace a te o che vorrebbe il pubblico. Altrimenti il lettore capisce che il personaggio sta facendo qualcosa che non ha deciso lui, che non avrebbe mai fatto. La lettura consente di entrare nella testa dei personaggi, che sono vivi e autonomi. Il lettore diventa personaggio. Diversamente dalla versione per immagini, dai film, dalle fiction, dal teatro, chi guarda non entra nel personaggio, non può entrare: gode della bellezza o della bravura degli attori, dei paesaggi, dei dialoghi, si commuove, ma resta uno spettatore. Il lettore no, entra nel personaggio, ne immagina i sentimenti, i pensieri, il cuore, la mente. Questo è il motivo per cui restiamo puntualmente delusi quando vediamo un film tratto da un romanzo che ci è piaciuto.
Ti è capitato di pensare a una storia e di scriverne un’altra?
Con Cuccioli. In realtà il romanzo avrebbe dovuto chiamarsi Rabbia, e trattare dello stalking. Mentre stavo disponendo nella stanza mentale gli arredi della storia che intendevo raccontare, sono inciampato in un fatto di cronaca che mi è rotolato tra i piedi. Un poliziotto, padre di un bambino morto di leucemia a cinque anni, trova un bambino appena nato, bello, biondo, in un cassonetto. È vivo. Lo prende e lo porta a casa. Lo salva. Riceve anche un premio per questa sua azione. Ma, per legge, il piccolo gli viene tolto e affidato a una casa-famiglia. Il poliziotto soffre ma si rassegna e, dopo il lavoro, percorre cento chilometri, tra andata e ritorno, per vedere il piccolo e tenerlo per alcuni minuti tra le braccia. Ogni giorno. Al giornalista che gli chiede il perché di questo suo comportamento, l’uomo risponde che c’è una sola parola per definire la responsabilità che un adulto ha nei confronti di un bambino: la parola è “ papà”. Si sentiva responsabile di aver trovato quel bambino, di averlo preso, di averlo salvato. Questa storia mi ha spaccato il cuore. Non ho avuto dubbi: la dovevo raccontare. È nato Cuccioli.
I personaggi sono vivi. E tu, come autore, li segui, ti ci affezioni?
Come autore dò un’età, un ceto sociale, delle passioni. Poi il personaggio decide cosa fare. Una volta che incontro un personaggio non lo lascio più. Lo seguo sempre. Schivi, diffidenti, imperfetti, rudi, disperati, questi sono i protagonisti delle mie storie che non hanno particolare interesse né visibilità mediatica, non riempiono le prime pagine dei quotidiani, né coinvolgono personaggi belli, interessanti. Nelle storie che racconto non c’è mistero, si scopre subito chi è il colpevole. Ed io parto dal delitto, dalla vittima. Raccontando quelle storie, non da prima pagina, ripeto, ma da cronaca nera di pagine interne dei quotidiani, cerco di capire il perché siano accadute, se qualcosa o qualcuno avrebbe potuto evitarle. Non mando messaggi, non sono un sociologo, un politico. Sono un narratore.
Qualcuno ha osservato che nei tuoi romanzi è assente la criminalità organizzata.
Non racconto la criminalità organizzata. È una macchina troppo perfetta, purtroppo, che funziona bene. Non è un fenomeno locale, non lo è più da tanto, è internazionale ed io non ho la competenza per raccontarla. Io racconto persone, sentimenti, relazioni. Racconto di quando un amore, un sentimento diventa altro. E cerco di capire, di indagare se questo “altro”, poteva essere evitato. I gesti estremi, violenti, sono dettati dall’amore, dalla fame, che non deriva necessariamente da una condizione di disagio economico, ma spesso da fame di potere, di prestigio, di affermazione personale.
Dimmi della serie televisiva, per la RAI.
È una serie in sei puntate, tutta girata a Napoli, sarà trasmessa a fine anno. Protagonisti, i Bastardi di Pizzofalcone. Sono personaggi forti, molto particolari, che non puoi smussare e che vivono situazioni difficili. Il cast è straordinario: Alessandro Gassman, Carolina Crescentini, Tosca D’Aquino, Gianfelice Imparato, Massimiliano Gallo e Simona Tabasco, diretti da un regista bravissimo, Carlo Carlei. Sono molto fortunato. Ogni attore darà grande spessore al personaggio che interpreta.
Quant’è contento di questo progetto?
È un luna park! Ma non è per me. Io sono andato sul set, tre volte, no, non fa per me. Non ho il fisico adatto, inciampo, mi tiro le cose addosso, faccio cadere le telecamere. Non fa per me.
E il commissario Ricciardi? Diventerà una serie televisiva?
Sì, anche su Ricciardi c’è un progetto, sempre per la Rai. Sarà interessante raccontare gli anni Trenta.
Com’è il tuo legame con Ricciardi? Il successo lo devi a lui. Ancora la maggior parte dei lettori preferisce leggere romanzi che hanno per protagonista il triste Commissario.
Ricciardi è interessante, è un personaggio convinto di essere pazzo, di avere una malattia mentale, una tara ereditaria e non si lascia mai andare. Ha una sensibilità che è in realtà una compassione. È uno che soffre talmente tanto per il dolore del distacco, che lo vede, fisicamente, concretamente. La compassione dovrebbe unire, invece lo allontana dagli altri, lo rende solo. È un solitario. Non può condividere niente. Tutti vorrebbero che l’amore con la dolce Enrica si concludesse positivamente. Me lo chiedono, anzi lo esigono, soprattutto le lettrici, fan di Enrica. Livia poi, solo apparentemente è un personaggio forte. Subisce la debolezza di Ricciardi. Nelle storie che hanno per protagonista il Commissario Ricciardi i personaggi predominano sulla trama: il dottor Modo, Raffaele Maione, Livia, Enrica, Rosa. La macchina narrativa è più sentimentale, emotiva, lenta.
Invece i Bastardi sono tanti: l’ispettore Loiacono, detto il Cinese, disperato e solo, vittima di calunnie e accuse che lo hanno costretto lontano dalla famiglia; Francesco Romano, detto Hulk, e poi Palma, Pisanelli, Ottavia, Alex, Aragona, tutti personaggi sui quali spostare la macchina narrativa raccontando di uno o di un altro. I puristi del giallo preferiscono i Bastardi, la trama prevale sui personaggi. Le storie sono secche, veloci.
È come mangiare la pastiera o il casatiello. Preferire l’una o l’altro.
Quanti libri scrivi in un anno?
Tre, alternando il Commissario Ricciardi, i Bastardi di Pizzofalcone e un terzo libro, fuori serie.
Non solo romanzi. Hai riscritto, adattandolo ai giorni nostri, Qualcuno volò sul nido del cuculo, versione teatrale. La prima al Bellini di Napoli.
Sì, è tratto da romanzo americano di Ken Kesey, scritto agli inizi degli anni sessanta. Io ne ho curato l’adattamento e Alessandro Gassmann la regia. Il testo originale è pieno di country, baseball, blues, guerra di Corea. Una storia tutta americana riambientata all’Ospedale Psichiatrico di Aversa.
Ho avuto la fortuna di assistere allo spettacolo, al Teatro Verdi di Salerno, e ti assicuro che gli spettatori alla fine sono rimasti immobili, affascinati dalla forte carica narrativa ed emotiva del testo teatrale. Tutti fermi. Nessuno voleva andar via. Grandissimo spettacolo. Imperdibile.
(Sorride, Maurizio De Giovanni, con quel suo viso disteso, aperto, reso dolce da tenere fossette che rivelano il ragazzo felice e allegro che ancora è, e gli occhi luminosi e sorridenti di chi non ha pregiudizi, di chi vuol bene ed è capace di amare senza preclusioni di sorta. Una bella persona. Una persona per bene).
Per concludere vorrei che spiegassi l’iniziativa “L’Amore per Sempr”, evento che si è svolto il 14 febbraio scorso a Napoli.
Da una mia proposta, l’Assessorato al Turismo del Comune di Napoli, madrina Angela Luce, ha dato vita a una manifestazione cui hanno partecipato migliaia di napoletani: passeggiate culturali e visite guidate a siti d’arte, gratuite, con ciceroni illustri. Eravamo cinquanta guide. Io ho accompagnato un gruppo di turisti a Palazzo San Giacomo e alla Farmacia degli Incurabili. È stato un successo. Più di duemila persone hanno partecipato. Ripeteremo il Primo maggio.