Svegliarsi e scoprire che il tuo paese è sempre meno un paese lascia senza fiato.
Svegliarsi e scoprire che si può morire davanti una scuola fa venire i crampi allo stomaco che si rifiuta di digerire la notizia.
Guardo il cielo e mi sembra meno blu anche a Roma, sembra vergognarsi di essere parte di un paesaggio dove i fiumi sanno essere troppo spesso rossi di sangue.
Mi guardo allo specchio e mi ricordo di quell’età, quando si aspettava davanti a scuola e si aveva paura di essere li solo per un’interrogazione o un compito in classe. E ora penso la paura doveva forse essere un’altra?
Ascolto mia sorella dire “ora non si parlerà di altro” e penso “se ne deve parlare, si deve dire, si deve capire”, ma un secondo dopo penso “no, forse il silenzio per riflettere, tra qualche ora, sarà meglio delle parole vuote di un talk show che vuole solo macinare ascolti”.
Penso alla persona che ha creato quella bomba, a chi l’ha posata, vorrei guardarlo negli occhi, vorrei fargli vedere che volto ha la rabbia di chi oggi è senza parole e di chi si vergogna di avere la sua stessa pelle.
Penso al mio paese che a ventuno anni sente meno mio, meno paese, meno mamma.
Avevo sempre creduto in lui, ho cercato di farlo sempre anche quando cuciva il cappio per i lavoratori. Oggi sento quasi di aver perso la voglia di farlo, perché mi sembra come se quella mamma con i seni di colline, con gli occhi color mare, stia perdendo sempre più il suo cuore, un cuore macinato da atti orribili che lasciano solo un odore amaro a cui non so dare un nome.
J.Costantini