Caldo l’argomento manovra dai 45 miliardi. I soldi devono uscire fuori e la coperta è corta. Tiri da una parte e ti scopri dall’altra. Caldo anche perché uno dei temi più discussi è stato, ed è, il ruolo che potrebbe giocare la chiesa cattolica italiana in questa manovra. Dalla pagina Facebook “Pagaci tu la manovra finanziaria” che al momento in cui scrivo conta 137.197 adesioni e che propone le mille idee e l’ira degli internauti alle dichiarazioni di Alfano. In una lettera ad Avvenire, il segretario del Pdl scrive che “tentare di penalizzare la Chiesa significa far del male alla nostra gente e, soprattutto, alla gente più indifesa”. Per Alfano gli “ipotizzati privilegi” di cui godrebbe la Chiesa sono bugie e falsità “cavalcate anche da settori del Pd”. “Si usano – denuncia Alfano – cifre fantasiose e si inventano privilegi che non esistono (Fonte Repubblica). La chiesa si difende con un articolo su Avvenire scrivendo che “sono tutte bugie”, che si fa riferimento “a cifre sparate a casaccio” e che mancano fonti che i lettori possono controllare”.
Innanzitutto v orrei ricordare all’onorevole che lo Stato italiano che forse dovrebbe conoscere un pochino meglio, giacché lo rappresenta, finanzia direttamente e indirettamente la Chiesa Cattolica in diversi modi e questi privilegi non son tanto ipotizzati quanto messi nero su bianco dalla nostra legislazione e ancor prima dai patti lateranensi:
per esempio: l’8 per mille (in media 960 milioni di euro annui), finanziamenti a scuole e università private cattoliche (ricordo che la maggioranza delle scuole private in Italia risulta essere gestita da ordini o istituti religiosi), intese sull’assistenza religiosa negli ospedali pubblici (gli assistenti religiosi devono essere assunti dalla struttura ospedaliera ospitante), finanziamenti a mezzi di comunicazione cattolici radio e Tv, esenzione Ici per le sedi di attività che abbiano fini “non esclusivamente commerciali”, approvvigionamento idrico e depurazione delle acque completamente gratuito per il Vaticano.
Sono dati oggettivi alla portata di ogni italiano. Ogni singolo punto potrebbe essere discusso, e trovato controverso. A partire dall’otto per mille concesso solo a determinate confessioni religiose in Italia, senza un criterio stabilito ma in mano al governo in carica di volta in volta, alle esenzioni Ici: qual è l’organo preposto per controllare quali siano le sedi propriamente commerciali e quali non lo siano esclusivamente? Mistero. Insomma ci si deve fidare. Sarà per questo motivo che solo il 10% circa delle proprietà della Chiesa paga l’imposta e il mancato gettito annuale per i comuni è stimato (2007) in 400 milioni di euro. Ora se anche i dati non fossero precisissimi come l’Avvenire sostiene, resta il fatto che la motivazione per cui non siano precisi è l’evasione fiscale stessa. Non si tratta di essere anticattolici, di voler togliere alla chiesa la missione caritatevole di cui è portatrice, né di confondere la fede con le attività commerciali, comunque permesse dall’ordinamento giuridico anche alle persone di fede, ma di ragionare sullo scopo di queste agevolazioni. Oltre al sostentamento economico dei pastori e di tutto il comparto ecclesiastico, le somme ricevute dalla Chiesa si propongono di favorire interventi sociali, assistenziali, umanitari e culturali in Italia e all’estero, e ciò sia direttamente, sia attraverso le Comunità che spesso sono collegate. C’è poi il mantenimento e la costruzione dei luoghi di culto e iniziative di ogni tipo che sono organizzate dalle parrocchie. Insomma la religione di stato ha un costo. Anche le altre, ma le altre si autofinanziano. La chiesa ha però notevoli infiltrazioni commerciali, società che possiede, acquista, gestisce. Uffici, interessi economici. Guadagni. Su questi i dati dove sono? E’ giusto chiedersi se la chiesa abbia realmente bisogno di tutti questi benefit statali o sia capace di autofinanziarsi. E’ giusto chiedersi come siano impiegati i propri soldi se si è deciso che siano destinati alla chiesa. Se un amico mi chiedesse un prestito ed io anche decidessi di regalargli i soldi per lo meno vorrei sapere per cosa servono. E in questo l’imbarazzato silenzio c’è tutto mio caro Umberto Folena dell’Avvenire. Facile dire ai comuni controllate se paghiamo l’ICI abbiamo la coscienza apposto. Meno facile è mostrare il reale impiego delle risorse: quante finiscano così lodevolmente a scopo caritatevole, quanto per spese personali degli ecclesiastici, quanti restino in Vaticano a beneficio di quale tenore di vita. Non basta fare gli spot televisivi per sensibilizzare l’italiano e spingerlo a donare, cosa nobilissima, rendilo partecipe del bene che si fa e digli quante sedi hai, dove, fagliele visitare. Mostra i tuoi progetti a lungo e medio termine. Così come si fa per le aziende quotate in borsa. La gente vuole sapere altrimenti crede di esser presa per i fondelli. E non ha tutti i torti. Se i dati mancano è perché così dev’essere. Occorrerebbe trasparenza in questo mare torbido dove ora il governo ha deciso di pescare perché alle strette e l’unica risposta è la solita risposta polemica. Una furia demagogica, una crociata contro la chiesa insomma. Più verosimilmente ora che la coperta è corta gli italiani preferiscono coprire la propria famiglia che conoscono piuttosto che qualcuno che fa di tutto per non farsi conoscere.