Son certa che se da un lato può sembrare assurdità, dall’altro, invece, è capitato quasi a voi tutti, il tuffarsi in libri prestati, senza senso, non scelti, presi a caso perché ben recensiti, consigliati da sconosciuti, o da amici, libri regalati a Natale all’ultimo minuto, e tutto solo per ovviare e togliere del tempo a delle riflessioni troppo pressanti in un determinato momento di vita.
E da lì, ritrovarsi anche piacevolmente sorpresi, persi e viaggiatori in qualcosa che ci distrae, cattura e distoglie da quei piccoli dolori e pensieri quotidiani. Ci si immedesima, si sogna, ed è un po’ quello che tutti abbiam perso di fare. Sbaglio?Leggere fa bene, ma non solo per ampliare una propria cultura personale, a quanto pare non se ne può più infatti di imbarcarci in manuali di studio, ma sapersi perdere nella lettura talvolta è anche un ottimo antidepressivo, leggere può essere un ottimo strumento di evasione.
Si chiama Book Therapy, una vera e propria terapia che ultimamente è stata presa in considerazione da alcuni ricercatori di Glasgow; i quali hanno condotto uno studio in cui sono stati coinvolti 200 pazienti con diagnosi di depressione. Il campione è stato suddiviso, una metà ha seguito una terapia farmacologica e psicoterapeutica, l’altra metà ha affiancato ad una terapia farmacologica la lettura di libri di auto-aiuto, comprendenti manuali volti ad aumentare l’autostima, gestione e stimolazione di emozioni positive e di autoefficacia, successivamente sono stati coinvolti a partecipare a tre sedute con consulenti esperti per essere sostenuti nel mettere in pratica le tecniche contenute nei libri. Lo studio ha mostrato che dopo quattro mesi i pazienti che si erano affidati ai libri di auto-aiuto avevano livelli di depressione più bassi rispetto a quando erano stati arruolati nello studio e anche rispetto ai pazienti trattati con la sola terapia farmacologica e psicoterapia.
È questa l’epoca in cui tutto viene troppo spesso sostenuto da medicinali, con estrema facilità. Il disturbo depressivo maggiore, è una patologia del disturbo dell’umore, ed è caratterizzato da episodi di umore depresso, perdita di interesse o piacere per tutte o quasi tutte le attività con un vertiginoso calo dei livelli di autostima. È un disturbo invalidante, che influisce negativamente su tutte le aree di vita del soggetto. Vi è un auto- abbandono, e non sto qui a raccontare “favolette”, perché vi è bisogno di un supporto continuo e appropriato, anche farmacologico. Quello che però stuzzica la mia attenzione è la possibilità di “alternativa”, troppo spesso però il tutto viene “appesantito” o lasciato da parte.
Un libro, non necessariamente un manuale, può essere un ottimo compagno di viaggio, in momenti di voluta, dovuta, o capitata solitudine; la book therapy è una vera e propria terapia psicologica alternativa alle cure tradizionali. Un libro può divenire passione, ci si può “innamorare” di uno stile, di un autore in particolare, di un genere, può invogliare ad attivarsi, a prendersi cura dei propri spazi, del proprio tempo, il tempo per sé stessi.
In questo senso, è il caso comunque di affermare che tutto ciò che distrae da qualcosa che ci addolora possa far bene, magari una buona lettura è facilmente reperibile.
Il fine ultimo è sempre il benessere individuale, e ciò che nella vita quotidiana avviene casualmente e fortuitamente, nella terapia viene orientato secondo un preciso metodo che si adatta di volta in volta alle esigenze dei singoli, per migliorare la qualità della vita.
In questo contesto, il rapporto tra terapeuta e paziente è sempre al primo posto. I vari orientamenti terapeutici vedono la lettura e il consiglio di leggere libri all’interno di questa dinamica relazionale. Solitamente Freud, e successivamente l’orientamento psicoanalitico, sconsigliano ai pazienti nevrotici la letteratura scientifica, in quanto la lettura e l’attaccamento a concetti teorici e razionali ostacolano la possibilità di lasciarsi andare e di sperimentare qualcosa di nuovo.
E’ il caso ad esempio di una paziente che, lasciata dal marito dopo una vita dedicata a lui, si è rifugiata nella lettura per capire cosa era successo, il perché di tanta sfortuna. E’ stato così che si è riconosciuta tra le donne che amano troppo, ma senza poter cambiare con la conoscenza la sua posizione, anzi, finendo poi con l’aggiungere confusione a confusione. Oggi, grazie alla psicoterapia, è riuscita ad integrare le sue riflessioni e conoscenze traducendole in un nuovo modo di sentirsi e di vivere la relazione. In questo caso la lettura aveva aiutato inizialmente a riconoscere il problema, ma ha ritardato poi la possibilità di affrontare seriamente il problema facendosi aiutare.
Jung, al contrario di Freud, consigliava la lettura per la sua funzione simbolica, che facilita l’espressione dei processi di pensiero. Allo stesso modo, la terapia razionale emotiva si basa sull’idea che il cambiamento desiderato sia facilitato se affiancato da elementi che restano presenti al di fuori della terapia. C’è anche chi arriva ad utilizzare il libro al posto di una ricetta, avendo cura di prescrivere il libro giusto per il problema in questione, ottenendo risultati interessanti soprattutto nello sbloccare situazioni difficili da accostare e pensare, che possa più comunemente stimolare. Da questo, ne deriva quindi un ampio spazio di espressioni ed utilizzo della lettura. Ovviamente di fondamentale importanza resta una relazione terapeutica che possa supportare un percorso individualizzato a sostenere il benessere psicologico e sociale della persona.