Inventato dalla penna svizzera di Johanna Spyri, nel lontanissimo 1880, il romanzo, fino ad oggi, vanta un record di oltre 50 milioni di copie vendute. Anche se, in realtà, ad essere più famoso è il cartone animato made in Japan, apparso per la prima volta sugli schermi nel 1974, e suddiviso in ben 52 episodi. Ma ciò che ha veramente consacrato la celebrità di questo cartone, è la sigla. Difficilmente oggi si troverebbe qualcuno che non conosce il ritornello: “Heidi… ti sorridono i monti… Heidi… le caprette ti fanno ‘ciao’”. Ma cosa ha fatto di questo cartone un successo sempre intatto, e mai in discesa?
Heidi, dalla penna di Johanna Spyri un successo planetario
La bellissima ambientazione ne è un primo elemento. Infatti, sia il romanzo che il cartone sono ambientati in quel che si potrebbe definire uno dei Cantoni più belli della Svizzera: Grigioni. Le alpi, il tintinnio delle campanelle appese al collo delle capre e l’odore di pastorizia hanno sempre rievocato nell’immaginario dei bambini (e no) luoghi da fiaba; meravigliosamente irraggiungibili, se non addirittura da sogno, inesistenti. Eppure, oggi, benché la Svizzera abbia le frontiere, si può dire che non ha più “frontiere”. E Di Heidi ne ha dedicato francobolli, musei ed altre attrattive turistiche: Heidi è pur sempre svizzera.
Ma la cosa irriproducibile del cartone e in primis del romanzo è l’ingenuità, l’ottimismo e soprattutto la gioia di questa bambina, che ha soli otto anni, riesce a illuminare le vite del nonno – e poi di Clara – fino al quel momento cupe e tristi. L’amore per la semplicità, la genuinità e della natura, porteranno la piccola ad ammalarsi di nostalgia, durante il suo soggiorno (forzato) a Francoforte, e a lasciare i comfort, il lusso e l’agiatezza di casa Seseman. Un azione che ispirerà futuri romanzi e film, in cui il principio di “lasciare la ricchezza e una vita povera, per una vita povera ma ricca”, sarà fin troppo sfruttato. Nel cartone, come nel romanzo, del resto, anche chi è malvagio scopre di avere un cuore. E se la bambina Heidi sa portare il sorriso, il cartone “trasforma” questa positività in eccesso: inducendo Clara a riacquistare l’uso delle gambe. Anche il film con la bambina prodigio Shirley Temple cadde in questa trappola, benché nel libro Clara non camminerà mai. Perché a volte, “volare” è più facile di camminare.
Il cartone si può dire che si mostra “senza difetto”. Fedele al romanzo (ma non troppo), fa benissimamente comprendere che nella vita ci si può servire di ciò che si è imparato a favore di se stessi e di altri, in un momento dove l’urbanizzazione, come un virus letale, un’ inarrestabile epidemia o come fiume straripante, sta trascinando l’eco- sistema, gli alberi, gli animali, la vita stessa. Persino nei cartoni, ormai non c’è quasi più traccia di verde. Tutti ambientati in Città, nella metropoli. Poiché anche i cartoni ne risentono dell’inquinamento, con Heidi, invece, c’è sempre la possibilità di una “boccata d’aria fresca”, e il carburante ecologico per un divertimento sano e inconfondibile.
Anche se l’ultimo episodio termina quando Heidi si sta appena affacciando al duro mondo degli adulti, e non sapremo mai quanto potesse essere per lei contaminante, e semmai sarà contaminante, potremmo tutti noi trarre spunto da una bambina di otto anni e per giunta, frutto di fantasia, e rievocare in noi l’amore per gli animali e per la natura: un drammatico appello ai nostri cuori. E indipendentemente dalle generazioni, Heidi resterà per sempre la favola e il sogno della nostra infanzia.
Vincenzo Ardito