Autore: David Mitchell
Pubblicato da Frassinelli - Settembre 2016
Pagine: 233 - Genere: Thriller
Formato disponibile: Copertina Rigida
📗 Acquista scontato su ibs.it
📙 Amazon (spedizione gratuita)
📙 Versione Kindle
📙 Acquista online
✪ Le recensioni dei lettori su Goodreads
Un bambino con problemi relazionali, una ragazza fortemente insicura, un poliziotto alle prese col divorzio. Tre personaggi distanti temporalmente e caratterialmente che subiranno l’inganno dell’intrigante Slade House, luogo sinistro e conturbante in cui ogni sfumatura del reale diviene sempre più labile.
Ogni nove anni, l’ultimo sabato di ottobre, Slade House, una casa nascosta nei vicoli londinesi, diventa un luogo d’esecuzione d’anime. Due entità misteriose trasformano di volta in volta il luogo, creando un’illusione potente in grado di attirare le vittime da cui assorbiranno l’anima. In quest’atmosfera soprannaturale, sulla quale aleggia questa profezia maligna, la narrazione di David Mitchell prende inizio.
Gotica, thriller, paranormale, horror e a tratti giallistica, I custodi di Slade House dimostra di essere un mélange ben riuscito di generi, in grado di interessaren’ampia gamma di lettori. Gli appassionati del genere si divertiranno a scovare citazioni e omaggi dello stesso universo letterario, mentre i neofiti godranno di un primo approccio al genere, facilmente appetibile. Infatti, le singole componenti di ogni genere non sono mai eccessivamente approfondite, di modo che anche un lettore poco avvezzo non abbia difficoltà nel calarsi in queste nuove atmosfere. Se si aggiunge una scrittura molto scorrevole, a tratti anche ironica, e una struttura quasi “ciclica” della narrazione, la componente di fruibilità del racconto aumenta.
Si può definire “ciclica” la struttura per l’atmosfera di ripetitività di uno stesso modus operandi e la presenza di elementi (oggetti, volti, nomi) presenti a più riprese durante ogni capitolo. I capitoli (in tutto cinque) di cui si compone il romanzo sono, infatti (a eccezione dell’ultimo) determinati dallo schema: presentazione del personaggio/vittima – scoperta di Slade House – avvicinamento alla casa e inizio dell’illusione – epilogo e scontro coi carnefici. È una modalità di narrazione che molto deve all’antica tradizione orale e al modello classico della fiaba (che in questo caso è delineata nell’accezione di fiaba maligna), i cui stilemi vengono riconosciuti dal lettore, lettore che s’incuriosirà nell’osservare come questi stessi verranno riportati, in modo sempre differente, in ogni singola porzione narrativa. Il racconto, dunque, è coinvolgente, riesce a far calare il lettore nella narrazione, a far provare inquietudine, raccapriccio e un sentito senso di vendetta nei confronti dei “mangiatori d’anime”, anche se difficilmente è in grado, d’altro canto, d’instillare partecipazione emotiva verso le vittime.
Di qui si giunge a una delle carenze de I custodi di Slade House: l’ideazione dei personaggi. Tenendo conto della tipologia di racconto, che molto punta su sensazioni “d’ambiente” e sul senso dell’orrifico (in cui la presenza di un’approfondita introspezione sarebbe fuori luogo), l’opera pecca di banalità anche nella scelta dei “tipi” presentati. Se escludiamo il caso del primo protagonista, il bambino con deficit comunicativi (si può presumere da sindrome d’Asperger) che rappresenta una scelta sicuramente più peculiare, la presenza poi della classica figura della ragazzina sovrappeso, insicura ma sensibile (tra l’altro facente parte di un club dell’occulto, altro cliché della narrazione di genere) e del poliziotto divorziato e in cerca di stabilità sentimentale, non fanno altro che insipidire la narrazione. La scelta di personaggi dal background maggiormente caratteristico (rimanendo sempre in quella delineazione sintetica che si confà al romanzo) avrebbe potuto dare un ulteriore salto di qualità all’opera.
Un altro aspetto che stona con la qualità generale dello scritto, è la soluzione adottata per svelare il mistero fondante e per presentare i retroscena dei perfidi “custodi” della casa. Tutto ciò avviene nel penultimo capitolo attraverso una lunga tirata verbale da parte di uno dei personaggi che ci racconta, per filo e per segno, della storia pregressa di questi “divoratori d’anime”, che si dimostra una non felicissima scelta letteraria. Se da un lato questa modalità narrativa viene comunque, anche se blandamente, giustificata e di per sé l’idea che ne è alla baseisulti interessante, si sarebbe potuto optare per una rivelazione a “bocconi”, portando gradualmente il lettore alla scoperta di essa (il che avrebbe accentuato ancor di più il senso di mistero e di giallo comunque presente).
In conclusione l’opera costituisce, ad ogni modo, una buona lettura, avvincente, ben strutturata e adatta a qualsiasi tipologia di lettore.
Approfondimento
Dal punto di vista tecnico, interessante è la scelta del narratore che, essendo costituita dalle voci interne dei vari protagonisti, offre un punto di vista privilegiato per una maggiore immedesimazione.
Ma la peculiarità dell’opera di Mitchell risiede soprattutto nell’organizzazione narrativa. I capitoli sono porzioni semi-autonome (in quanto possono essere fruite singolarmente, ma acquistano pieno significato solo in una lettura globale) ognuno dei quali presenta nel titolo l’anno di svolgimento della vicenda. Da un lato, quindi, c’è un’attenzione particolare all’aspetto temporale, inteso nell’arco generale di anni e secoli. Dall’altro, però, all’interno delle vicende, tutto ciò che è contesto storico e cronotopo appare sfumato, labile, dando proprio quella sensazione di a-temporalità tipica di fiabe e racconti del mistero.
È proprio su questo senso d’inconsueto che si punta. Il racconto, infatti, per lo più trasmette sensazioni (che però, si ricorda, non sono mai esasperate) piuttosto che messaggi moraleggianti. Ma se li si vuole ricercare, vi sono comunque tematiche quali la difficoltà del vivere (che è l’humus comune delle vittime) o la ricerca spasmodica della vita eterna. Argomenti che certamente, anche per come vengono presentati, non spiccano d’arditezza ma che comunque arricchiscono l’opera.
Gabriella Esposito