Autore: Anna Pavignano
Pubblicato da E / O - Novembre 2021
Pagine: 135 - Genere: Narrativa
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Dal mondo
ISBN: 9788833573939
ASIN: B09HKYT471
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Poliana è incinta e ricoverata in day hospital per fare l’amniocentesi: ha quarant’anni, il rischio di avere un bambino down è piuttosto alto. Non ha mai pensato al feto che ha in corpo come a un bambino, l’ha sempre considerato un essere provvisorio il cui futuro è legato all’esito dell’esame. È scontato che se dovesse essere down non lo farà nascere. Poliana ha una fervida immaginazione e, così come in passato aveva dato vita con la fantasia a una figlia che non ha mai nemmeno concepito, ma che ha molto desiderato tanto da immaginarne ogni particolare, anche il modo in cui l’avrebbe vestita – la bambina con il vestito a pois – ora si concede di pensare alla creatura che ha in grembo, di parlarle, di essere certa che è femmina, di darle un nome, di farla essere viva e, in qualche modo, di affezionarsi a lei.
“È che la mia è davvero una mania: il cervello si accomoda nel suo immaginare e non riesce a fermarsi, rimango schiava dei racconti fatti a me stessa, godo di questa schiavitù.”
Una che non è mai nata, la si può anche vestire fuori moda.
Poliana è sulla soglia dei quaranta, è alla terza gravidanza e il pensiero che potrebbe avere delle complicazioni si fa sempre più insistente nella sua testa. Aspetta il suo turno per fare l’amniocentesi ma con Davide, il suo compagno, hanno già deciso: se la diagnosi sarà la sindrome down, lei abortirà. Per questo motivo, parla del feto come un essere provvisorio.
Nell’attesa, molto più lunga del previsto, Poliana è da sola a fare i conti con i suoi pensieri: pensieri vividi e incessanti, che la inchiodano in un limbo tra reale e irreale dove la stessa donna fatica a riconoscere i contorni delle due dimensioni. Nella lunga attesa incontra Antonio, personaggio del mondo reale che contribuisce comunque ad affollare la dimensione dell’irreale. Dalle lunghe chiacchiere con l’uomo, nasce in Poliana il desiderio di parlare con quel feto che doveva essere solo un punto interrogativo, costruisce nella mente un inventario preciso: sa che sarà femmina, sa che si chiamerà Cristina, sa che avrà la sindrome down.
Ciò che però Poliana dimentica è che c’è un mondo reale che avrà inevitabilmente la meglio sui suoi pensieri che tentano in tutti i modi di portarla via.
La voce narrante de La prima figlia, Poliana, registra l’affollamento di pensieri che, sempre più corposi e vividi, la estraniano dal reale, mentre l’attesa del risultato dell’esame sembra dilungarsi in maniera esasperante. All’interno delle pagine, flussi di coscienza e dialoghi quasi surreali si alternano e danno voce alle preoccupazioni, i tumulti, la frustrazione dell’attesa e l’incertezza. Poliana e la sua immaginazione prepotente sembrano aver già deciso in un susseguirsi di pensieri nevrotici che la portano a percepire come reale ciò che reale non è. Le pagine ospitano naturalmente anche altre voci, come quella di Antonio, Davide o la dottoressa sconosciuta, che cercano di riportare Poliana al reale, ai suoi figli e alla sua quotidianità. Nel relazionarsi con Antonio, anima sensibile, Poliana elabora il pensiero che, nascosto sotto tutti gli altri, la spaventa di più: quello di aver, in fondo, già deciso senza aver prima percorso tutte le alternative. Allora Poliana le percorre tutte, fino a dare alla sua bambina ancora immaginata una vita, un amore che fino a quel momento si era preservata dal concederle.
Approfondimento
L’ultimo romanzo di Anna Pavignano guarda al tema della disabilità da una prospettiva singolare: come i genitori si interfacciano a questa possibile condizione dei figli e il potere e la responsabilità che sentono di avere. È anche un dialogo sulla maternità e sulle sensazioni viscerali che legano due creature che vivono in simbiosi. Poliana è una madre che sente di aver ancora tutto da imparare: interrogarsi sulle scelte e sulle non scelte diventa necessario. Sgorgano così pensieri estenuanti e profondi, dolorosi e intimi che rivelano le paure di ogni genitore e di ogni persona che lega la propria vita a quella di qualcun altro.
La prima figlia è un libro che non sfocia nel perbenismo e non si preoccupa di dar voce a pensieri buoni o cattivi, ma in un flusso di coscienza tra pensato e vissuto, tinteggia a colori forti il viaggio verso la consapevolezza di una donna che ha una partita ancora tutta aperta: quella con sé stessa, come madre e come essere umano.
Silvia Rodinò