
Autore: Vanni Santoni
Pubblicato da Laterza - Maggio 2015
Pagine: 144 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: Solaris

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Jacopo, Cleo, Viridiana e il narratore ci portano attraverso le loro avventure, i loro viaggi, le loro emozioni e i loro pensieri in un mondo parallelo, quello dei rave e della tekno, spesso bistrattato dai media e poco raccontato nella realtà di chi lo ha vissuto.

Tra vent’anni molti giureranno di esserci stati, alle feste, come quelli che in America dicono di essere stati a Woodstock. Oppure cercheranno di negare la storia, di dire che era tutto solo un sudiciumaio.
Non è facile la recensione di Muro di casse per due motivi: la prima è che la narrazione non rispetta canoni tradizionali ed è un mix tra pensieri, dialoghi ed azioni che generano il clima stesso di quegli anni; la seconda è che proprio perché salta ogni canone l’unica trama che lega i tre personaggi principali è il racconto dei rave.
All’inizio Muro di casse è un racconto per immagini: un divano in mezzo alla campagna, gente che beve da un cartone di latte, droga, musica, casse audio e un furgone. Sembrano questi i primi elementi che indicano che c’è qualcosa che va oltre a una festa, oltre a un concerto ed è parte della vita stessa di chi partecipa ai rave e ne condivide lo spirito.
Muro di casse non vuole essere un saggio che racconta in modo dettagliato ogni rave organizzato in Europa in quegli anni, ma vuole coglierne l’essenza cominciando proprio dal linguaggio anticonvenzionale e a volte caotico. Si usano termini gergali e dialettali toscani, non c’è una ricerca estetica in quello che si racconta, ma istintiva e veritiera. Non si rappresenta il rave come qualcosa di perfetto, ma proprio nella sua imperfezione, nel suo essere irrazionale e psichedelico riesce ad avere qualcosa in sé di unico e irripetibile negli anni seguenti. La chiave di lettura del libro non sta nell’idolatrare un fenomeno né di capirne il valore, ma semplicemente di entrarci dentro e vedere con occhi diversi da quelli borghesi, una realtà che ha avuto un grosso seguito e che ognuno seguiva per un motivo diverso, con la musica che proveniva da quel muro di casse come unico denominatore.
Lo spirito del rave sta proprio in quello che è impossibile da spiegare, per questo non viene affidata una cronaca degli eventi, ma un ricordo visto da dentro, da chi li ha vissuti, da chi ne ha preso parte per un periodo, da chi può dire di esserci stato. Il racconto non è univoco, ma frastagliato così come sono diversi i punti di vista di chi ne ha fatto parte: Jacopo che da ragazzo di provincia gira per rave e ricorda più di tutti quello di Pinerolo, Cleo che ne fa anche una scelta politica e sociale, Viridiana che ne vive l’enfasi e il lato più leggero dei viaggi e dell’avventura. A tratti nel libro si capisce come la musica tekno sia vista come mezzo dionisiaco e trascendentale, insieme alle droghe, unione di culture e di popoli, uno strumento pacifico che non esprime violenza, ma anzi riconosce valori di fratellanza e popolo.
Sogno un certo muro, mi sa che tra tutte le feste a cui sono stata negli anni era quello di una vecchia festa ’98 o del ’99 a Ruigoord. Quella facciata che mi guarda. Mi sogno quel muro di speaker, ma sterminato ibridato con quello di altre feste, e mi parla, deve trasmettermi chissà che segreto, come il monolito di 2001 Odissea nello spazio…A volte ho l’impressione di ricordare pure feste a cui non sono stata.
Approfondimento
Devo dire che quello che viene raccontato in Muro di casse non ho avuto modo di vederlo con i miei occhi e di essere stata prevenuta nei confronti di queste manifestazioni alle quali non avrei mai preso parte. Nonostante questo, ho apprezzato che ci fosse qualcuno che mi facesse entrare in un mondo a me estraneo quasi a portarmi per mano e lo facesse senza tralasciare anche particolari di droga, sporcizia e morti. Lo stesso Vanni Santoni, all’inizio del libro, spiega il perché abbia voluto scriverlo: raccontare quello che è stata un’ epoca di rave, di tribe e soundtrack non è semplice e spesso viene raccontato in modo erroneo da chi non lo ha vissuto. Quello che cerca di fare Santoni è dare una visione complessiva del fenomeno, senza arginarlo ad un solo punto di vista, raccontando anche delle situazioni ironiche prendendosi in giro, senza propagandarne il manifesto, ma con la nostalgia di chi racconta un periodo, un vissuto che non torneranno mai più.
Da un punto di vista tecnico, la narrazione così poco lineare non è semplice da seguire e se da un lato dà valore al senso delle parole imitando il ritmo del sound, dall’altro fa perdere l’attenzione al lettore.
Per alcune vicende mi sarebbe piaciuto avere più dettagli e che fossero ampliate maggiormente, mentre si tende a farle rimanere generiche, come quando si raccontano oralmente delle storie.
A tratti è molto divertente perché ti fa capire come siano lontane certe cose dal proprio punto di vista come direbbe Cleo assoggettato alla società.
Gloria Rubino
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