Autore: Benito Gagliardi
Pubblicato da 0111 edizioni - 2013
Pagine: 122 - Genere: Drammatico
Formato disponibile: Brossura
Collana: La Bianca. Big C
ISBN: 9788863076646
ASIN: B00IZF6GTG
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Gennaro si rivolge alla camorra per avere un prestito, ma l'unico modo per ottenerlo è andare in Marocco. Al suo ritorno, l'uomo investe un ragazzino, da allora il rimorso non gli lascia scampo.
In questo romanzo, i veri protagonisti non sono i personaggi, benché siano indispensabili per veicolare il messaggio voluto dall’autore. Protagonista del libro è una coppia che ognuno di noi conosce, che rimbalza di televisione in televisione, di quotidiano in quotidiano: Napoli e la camorra. La vicenda, che ruota fondamentalmente intorno a Gennaro e a suo nipote Gianni, non ha una sola voce narrante e il fil rouge del rapporto tra città e criminalità organizzata passa, come un testimone, da un personaggio all’altro della storia. Il romanzo si apre con uno scorcio della vita di Gennaro, cinquantenne che incarna perfettamente l’ideale dell’italiano medio, con le sue piccole beghe familiari, l’amante che viene dall’Est, la figlia da sposare e pochi soldi in cassa. La madre di Gennaro gli ha sempre raccomandato, quand’era bambino, di farsi amici tutti, sia i buoni che i cattivi. Diventato adulto, ha continuato a vivere seguendo questa massima, intrattenendo rapporti di collaborazione con la camorra e ricorrendo a criminali di ogni genere ogni qualvolta gli si presentava una necessità economica o familiare. Quando sale su un aereo che lo porterà in Marrakesch, lo fa perché ha preso accordi con la camorra e dovrà fare un lavoretto, uno semplice, per accaparrarsi i soldi destinati alla dote di sua figlia. In Marrakesch lo aspetta Nino D’Angelo, uno che non ha niente né dell’angelo né del cantante napoletano, che lo guida in un intrico di strade, mercatini caotici da crisi claustrofobica, prostitute che si vendono per pochi euro nel bagno di un locale pubblico. Durante tutta l’operazione, Gennaro non fa che ripetersi il consiglio della madre: bisogna avere rapporti d’amicizia con tutti. Soltanto una tragedia, e il senso di colpa che ne scaturirà, potranno distogliere l’uomo da questo amaro insegnamento. Dall’altro lato della medaglia c’è Gianni, il nipote studioso, quello che tra i videogiochi e le uscite con gli amici è riuscito a laurearsi con lode. La sua laurea, vista come traguardo irraggiungibile nel misero quartiere di Napoli nel quale vive, è il trofeo della libertà, la possibilità di fuga, il riscatto da un ambiente lurido che per vent’anni gli ha insinuato nel sangue il senso della sporcizia, materiale quanto spirituale. Le storie di Gennaro e di suo nipote partono su due binari diversi, poi s’incontrano, si scontrano, conducendo il lettore al fatale quanto inevitabile finale.
L’aspetto più particolare di questo romanzo è il parallelismo tra le storie che lo compongono. Le vite di ognuno dei personaggi sono quasi dei piccoli racconti che si urtano tra di loro fino a combaciare perfettamente e a formare, come in un puzzle, l’immagine di una Napoli governata dalla camorra. Devo ammettere che questo è uno dei libri più originali che ho letto sul tema. Per la prima volta, non troviamo il classico inneggiare contro l’omertà né tanto meno la rassegnazione dei più. Tra le pagine di questo libro viene sviluppata un’idea, quasi una proposta, di una semplicità abbacinante e proprio per questo realizzabile: la camorra si sconfigge rimanendo lontani. Molto spesso la denuncia, benché indispensabile, è solo un modo per morire più in fretta. Forse la denuncia dovrebbe venire successivamente, dovrebbe essere il passo numero due di un percorso iniziato precedentemente.
La camorra si sconfigge con la distanza, rinnegando la massima della madre di Gennaro, quel “devi essere amico di tutti” che aveva portato l’uomo a entrare in contatto con criminali dai soprannomi pittoreschi soltanto per poter sposare la propria figlia. La via è quella di Gianni: l’istruzione, il riscatto sociale, la laurea con lode che non è e non vuole essere un semplice pezzo di carta da gettar via, bensì – citando, come l’autore, De Filippo – la “patente” per una vita. Sarà quello che faremo e che realizzeremo a dirci se davvero abbiamo saputo utilizzare quella patente. Giungiamo, qui, al significato più profondo del libro: che cosa significa “onorare se stessi”? Onorarsi vuol dire mantenere la propria dignità di fronte a qualunque situazione e, come dimostra il finale del romanzo, essere pronti a donarsi agli altri, rendere la propria vita e la propria morte degne – entrambe – d’esserci state.
Un altro aspetto interessante della narrazione di Gagliardi consiste nella capacità dell’autore – più unica che rara – di rendere realmente ogni voce narrante unica e diversa da quelle che precedono e che seguono. Il romanzo è raccontato interamente in prima persona ma, cambiando l’io narrante, cambia completamente il modo di scrivere, di pensare, di parlare. E’ rarissimo che uno scrittore sappia astrarsi talmente tanto dalla sua opera da creare più di una personalità e da farle interagire all’interno della vicenda. La voce di Gennaro sarà totalmente diversa da quella di Gianni come quella di Gianni sarà lontana anni luce dalla narrazione di Antonio, un personaggio secondario del romanzo. Il lettore potrebbe essere portato a commettere l’errore dell’identificazione, immaginando che la voce di Gennaro e le sue opinioni coincidano perfettamente con quelle dell’autore, ma non è così. Lo scrittore, in questo caso, è stato più furbo e ha creato uno schermo ad ampio raggio di riflessioni e di principi morali. A ognuno il suo, ad ogni narratore la propria vita, ed è proprio questo che rende il romanzo una testimonianza efficace e intelligente di quella parte di Napoli che non è camorrista ma che, come spesso accade, è ai camorristi che ricorre alla prima difficoltà. Onora te stesso è un libro che indigna, fa riflettere, a volte fa storcere la bocca eppure lascia il segno e, a mio parere, costituirebbe una lettura interessante da proporre nelle scuole superiori, napoletane e non.
La videorecensione