
Autore: Daria Bignardi
Pubblicato da Mondadori - 2012
Pagine: 200 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Scrittori italiani e stranieri

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Arno e Sara sono sposati da tredici anni e hanno tre figli: Marta, Elia e Carlo. Vivono a Milano, Arno suona nell'orchestra della Scala, Sara lavora part – time come grafica. Una mattina, Arno si sveglia e scopre che la moglie se n'è andata, lasciando solo un biglietto. Se n'è andata perché “doveva” farlo. Comincia così il viaggio di Arno alla ricerca della moglie, viaggio che diventa la scoperta del passato, e soprattutto di sé stesso.

L’acustica perfetta di Daria Bignardi può essere definito un romanzo di formazione: la formazione di un adulto, di un uomo. Appena Arno scopre che Sara l’ha abbandonato, pensa a uno scherzo. Gliene faceva tanti, sua moglie, quand’erano giovani. Quando trova il biglietto, prova subito un senso di fastidio: non ha voglia di leggerlo, sarà un lungo sfogo pieno di recriminazioni: cominciamo a capire, fin da subito, che la scomparsa di Sara non è un fulmine a ciel sereno. Arno ha sempre permesso che Sara organizzasse la vita della famiglia, che educasse i bambini, e si è sempre autocensurato, ha rinunciato a dire la propria, a discutere con la moglie. Spaventato, per natura, dal dolore e dai misteri dell’animo umano, ha evitato di confrontarsi con la nevrosi della moglie, di ammetterne l’esistenza, trincerandosi dietro una cortina di alibi: l’ha sempre amata, c’è sempre stato, non l’ha mai tradita. E allora perché lei l’ha lasciato?
Il romanzo alterna presente e passato: la ricerca di Sara, il rapporto di Arno con i bambini – che sembrano sereni, quasi come se si aspettassero la scomparsa della mamma – e non solo, e il passato di entrambi, alla scoperta di parole taciute ed episodi non raccontati. E bugie, troppe. Il viaggio termina non tanto quando Arno scopre dove si trova Sara, dopo aver appreso episodi dolorosi della sua esistenza, ma quando capisce di aver per tanti anni mentito a sé stesso. Scopre la verità sull’amore, su ciò che davvero lo rende felice, su quanto ha sbagliato negli anni a fuggire dal dialogo, fermandosi in superficie, sicuro che bastasse “essere presente” per evitare la crisi. Che fosse sufficiente non comportarsi male.
I personaggi di questo romanzo sono pochi, e tutti meravigliosamente descritti dall’autrice attraverso i loro gesti e le loro parole. Quattro le persone che aiutano Arno nel suo viaggio: il suocero Rino, i genitori Guelfo e Klara, e l’amico Massimo. Ognuno di loro, in modo diverso, lo aiuta ad accettare l’evidenza, a guardarsi dentro prima di giudicare Sara. Lo conducono a prendere coscienza dei propri limiti, coscienza che è il primo passo verso l’accettazione di sé e dell’altro. In questo caso, di Sara. È una storia triste, quella che Daria Bignardi racconta in questo romanzo. Una storia di silenzi, di verità non dette, di paure. L’autrice ci mostra come si possa vivere per anni accanto a una persona senza conoscerla: Arno non sa che libri leggesse Sara, cosa le piacesse fare, perché amasse così tanto la natura selvaggia e rumorosa. Invece, Sara lo conosceva meglio di quanto non si conosca lui stesso.
L’intera storia è raccontata in prima persona, da Arno: un’autrice donna, quindi, che dà voce a un uomo. Nella narrativa italiana contemporanea, già Margaret Mazzantini aveva tentato questo esperimento con Non ti muovere: a parer mio, ritengo che il tentativo qui sia decisamente meglio riuscito. Il tono di Arno è semplice, lineare. Non troviamo espressioni eccessivamente volgari o grottesche. L’uso di metafore, eleganti, non disturba la semplicità della narrazione. Il carattere principale del racconto è proprio, infatti, la semplicità: la trama si sviluppa lineare, senza eccessi descrittivi. Lo stile è piano, pulito ma non banale, e attraverso di esso Daria Bignardi ci restituisce perfettamente il modo di ragionare “tipico” degli uomini: Arno si basa sui fatti, rifugge dalla complessità, continua ingenuamente a pensare che basti comportarsi bene, nella vita, per non incontrare difficoltà e sofferenza. Ci si rende conto sia di quanto questi ragionamenti siano appunto troppo semplicistici, sia di quanto, a volte, noi donne esageriamo, mancando di linearità.
L’acustica perfetta di Daria Bignardi è una lettura consigliatissima a chi voglia affrontare un’analisi della dinamiche coniugali, dei silenzi e dei non – detti, e non sia alla ricerca del lieto fine a tutti i costi.