
Autore: Paul Beatty
Pubblicato da Fazi - Ottobre 2016
Pagine: 370 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: Le strade

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Paul Beatty sceglie l’anno delle elezioni del nuovo presidente americano per sconvolgere con un romanzo che affronta i temi della razza e della giustizia sociale. Temi che purtroppo sono ancora attuali, in un’epoca in cui i problemi di segregazione razziale dovrebbero essere ormai superati.

Il protagonista de Lo schiavista è Bonbon – il vero nome in realtà non viene mai detto –, un nero californiano che vive nel ghetto di Dickens, a sud di Los Angeles. Il padre è uno studioso di scienze sociali di una certa fama, fissato con la questione della libertà dei neri e con l’educazione del figlio alla consapevolezza delle proprie origini; cresce il figlio facendolo addormentare con la lettura di brani tratti da manuali di pedagogia invece che favole per bambini. Quando il genitore muore per mano della polizia, Bonbon viene risarcito per abuso di potere e con i soldi acquista la “Fattoria”: una casa con terreno su cui lui e suo padre avevano messo gli occhi da tempo. Inoltre si laurea in agraria e si specializza nella coltivazione di angurie e marijuana; però a Dickens danno per scontato che lui abbia seguito le orme del padre e, come facevano con lui, lo vengono a chiamare per aiutare persone e risolvere emergenze.
Intanto il ghetto, sulla scorta delle modifiche urbanistiche atte a valorizzare sobborghi più appetibili, va lentamente in rovina fino alla rimozione dalle mappe stradali. Così proprio Bonbon che da ragazzino non sopportava il padre con i suoi esperimenti sociologici, decide di farne uno lui stesso: ripristinare la schiavitù e la segregazione razziale a Dickens. Si fa aiutare dal vecchio Hommy Jenkins, un ex attore protagonista del telefilm Simpatiche canaglie, che si offre spontaneamente come suo schiavo personale. Proprio a causa di questo esperimento finisce davanti alla Corte Suprema, che poi è la scena con cui si apre il romanzo.
«Hominy».
«Zi, badrone?»
«Cosa mi sussurreresti all’orecchio?»
«Che stai pensando troppo in piccolo. Che salvare Dickens un negro alla volta parlando in un megafono non funzionerà mai. Che devi pensare più in grande rispetto a tuo padre. Conosci il detto “Non puoi vedere il bosco guardando gli alberi?”»
«Certo».
«Bè, devi smetterla di considerarci come individui, perché in questo momento, badrone, non riesci a vedere la piantagione guardando i negri».
Lo schiavista è un romanzo crudo, coraggioso e di grande valore storico e sociale; non per niente lui e il suo autore hanno vinto il Man Booker Prize 2016 e il National Book Critics Circle Award 2016. Merita di essere letto ma va affrontato con consapevolezza e impegno.
Approfondimento
Lo schiavista è un romanzo faticoso: la prosa è ricca e curata, è chiaro che chi scrive sa il fatto suo. Il testo è pieno di riferimenti a personaggi e momenti storici e probabilmente ci vuole anche una certa cultura di base per riconoscerli tutti. Però l’esposizione è piuttosto contorta, alcune frasi sono troppo lunghe e si perde il filo, così la lettura è pesante e, considerando anche l’importanza dell’argomento trattato, ciò rende il libro piuttosto impegnativo.
Non è assolutamente la lettura della domenica o delle vacanze, Lo schiavista secondo me va letto per scelta. Chi si approccia a questo libro deve essere un minimo interessato e consapevole, altrimenti rischia di annoiarsi e abbandonare la lettura.
Non posso dire che questo libro mi abbia lasciato qualcosa, forse perché è una lettura difficile e parla di una realtà diversa e molto lontana dalla nostra. Il razzismo esiste anche qui, verissimo, e con l’immigrazione il problema si è accentua, ma negli Stati Uniti c’è sicuramente un retaggio che è radicato nel passato e che noi non possiamo capire.