
Autore: Pierdante Piccioni
Pubblicato da Mondadori - Novembre 2017
Pagine: 350 - Genere: Autobiografico
Formato disponibile: Brossura, eBook
ISBN: 9788804682127

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L’immagine di un volto invecchiato, restituita da uno specchio, nella quale non ci si riconosce affatto. L’angoscia e la paura di non recuperare più quel buco temporale che ha inghiottito un pezzo di vita. Un brillante dottore che diventa paziente prima di tornare ad essere medico, un medico completamente cambiato, che è stato intrappolato dal baratro della memoria ed è riuscito a riemergerne, ammaccato ma vincente.

Non esistiamo da soli, l’ho imparato sulla mia pelle, da quando il destino mi ha cancellato un pezzo della memoria. Dodici anni spariti in un colpo. Ho imparato anche che non siamo una persona sola, che nessuno torna più quello di prima. Diventi un altro, il buco del passato fa di te una persona diversa: sei un altro per te stesso e non sai chi sei per chi ti conosce. Che sa di te cose che tu ora ignori.
La vita di Pierdante Piccioni, Direttore dell’Unità Operativa di Pronto Soccorso dell’ospedale di Lodi, cofondatore di una prestigiosissima associazione internazionale e consulente del Ministero della Salute, subisce una battuta d’arresto il giorno in cui viene ricoverato all’ospedale di Pavia, dopo essere stato coinvolto in un incidente stradale. Quando si risveglia dal coma, dopo circa sei ore, gli viene comunicato che la tac è negativa, anche se fatica ad esprimersi ed ha una parte del corpo paralizzata. L’ultima cosa che ricorda è di aver accompagnato il figlio minore a scuola, con i pasticcini, per festeggiare il suo ottavo compleanno. I colleghi e gli amici che gli fanno visita gli sembrano diversi, ingrigiti ed estranei; i suoi deliziosi bambini non si sono ancora visti e la moglie Assunta- Kunta per lui- è bellissima come sempre, ma sembra più vecchia e stanca. Possibile che sia stato in coma a lungo? No, perché gli hanno già confermato che è stato incosciente solo per alcune ore.
La realtà è un’altra ed ha dell’incredibile: a causa di una lesione alla corteccia cerebrale, ha resettato dodici anni della sua vita, esattamente dal 25 ottobre 2001- giorno legato al suo ultimo ricordo- al 31 maggio 2013- giorno dell’incidente. –
All’improvviso Pierdante si sente un estraneo, perché nei dodici anni di blackout tutto è cambiato ed in lui non è rimasta alcuna traccia: l’introduzione dell’euro, l’avvento degli smartphone, l’utilizzo dei social, gli anni della malattia della madre che l’hanno portata a spegnersi lentamente, la lotta della moglie contro un tumore e le innumerevoli recidive, i suoi successi professionali. E, quel che è peggio, il dottore non riconosce più i figli, che ricorda come due simpatici bambinetti e ritrova ora come due maschi adulti e a volte un po’ arroganti, con la barba, gli amici da frequentare, le uscite e gli esami universitari da affrontare.
Comincia per lui una nuova vita, estremamente difficile, tra delusioni, cadute e conferme; è la vita di un uomo che guarda la realtà che gli apparteneva con gli occhi di un estraneo e cerca, nonostante tutto, di riconquistare la propria identità ed il proprio vissuto, di ricucire le relazioni con i familiari e di riaffermare il proprio ruolo nonostante il tempo perduto, che non può in alcun modo avere indietro. È la vita di un uomo sa che, come ha scritto Gabriel García Márquez, “la vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.”
Si tratta di una ricostruzione lenta ed estremamente difficile, in cui tanti sono i momenti di disperazione e solitudine: Era questo che mi mancava. Gli ultimi sguardi che mi aveva lasciato prima di perdere il senno, tutte quelle parole che non ci siamo mai detti e che avrei voluto dirle, tutte le dolcezze smarrite nell’abisso della malattia.” Il dottor Piccioni, nel suo percorso di rinascita, spesso si blocca e si lascia andare allo sconforto, ma non smette mai di lottare per il suo obiettivo: far incontrare in qualche modo le sue due esistenze, che corrono parallele, riconquistare i suoi affetti e tornare ad esercitare la professione convinto che, forse, l’unico modo per rinascere sia dimenticare.
Meno dodici è un diario ricco di dolore e di verità, di fatica e di vita, di coraggio, di speranza e di amore.
Approfondimento
Particolarmente dure sono le pagine in cui Pierdante Piccioni si scontra con i figli, che non sono più i ragazzini adoranti e adorabili dei quali serba il ricordo, ma sono diventati adulti, con la loro personalità ed il loro mondo, con il quale il padre fatica non poco ad integrarsi:
Se siamo stati senza litigare per un po’ è solo perché mi sono sforzato io di accettarci… Ma che cazzo di figli siete? …Voi non siete i miei figli. I miei figli sono morti dodici anni fa. Voi non siete nulla per me, capito?
Parole durissime, che nascondo il dramma di un padre che cerca in ogni modo di riappropriarsi del proprio ruolo e di due giovani che, nonostante gli sforzi, non riescono a comprendere le reali difficoltà del genitore.
Bellissima è tuttavia la frase a loro dedicata nelle “Scuse e ringraziamenti” alla fine del libro:
Ringrazio il Gorilla e il Serpente per essere vissuti ed essere stati sostituiti da Filippo e Tommaso, i miei figli, di cui sono ora un padre orgoglioso.
Connie Bandini