
Autore: Mariapia Veladiano
Pubblicato da Guanda - Gennaio 2016
Pagine: 237 - Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Narratori della fenice

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Un uomo che incanta, una donna che sceglie di fidarsi. Il seduttore e la vittima, ma con la speranza che questa volta possa essere diverso. “Era amore. Doveva essere amore”.

Ogni “storia quasi perfetta” che si rispetti ha bisogno di due protagonisti, lui e lei, possibilmente appartenenti due mondi distanti, che in qualche modo si incontrino e si riconoscano. In questo caso, lui (che rimarrà “lui”, il suo nome non lo sapremo mai) è un uomo d’affari, freddo, calcolatore, ricco, abituato al potere, proprietario di un’azienda di design. Lei, Bianca, è una madre single, un’insegnante di pittura in un liceo delle arti, dipinge per passione e per diletto, ed è sincera, fiduciosa, un po’ troppo ingenua.
Si incontrano nello studio di lui quando Bianca decide di proporgli una serie di disegni per le sue collezioni. Sono disegni di fiori, e lui, abituato alla bellezza e sempre alla ricerca della perfezione, rimane abbagliato dalla loro purezza e unicità. Decide che deve assolutamente averli, potrà trarne enormi profitti per anni, proponendoli in serie di abiti esclusivi, passando poi all’oggettistica, senza tralasciare nessuna possibilità di guadagno. Non può permettersi nessun passo falso, non può rischiare di perderla, non prima della firma dei contratti che gli garantiscano l’esclusiva su quelle opere meravigliose. Ha specifiche strategie da mettere in atto, riti di conquista, “arte perfetta di avvicinamenti, silenzi, attese, ritorni”. È un’opera di seduzione sottile, calcolata, della quale è ormai un esperto conoscitore.
In questo caso, però, qualcosa gli sfugge, i piani non procedono con la consueta velocità e i ruoli sembrano invertirsi: è lui che è costretto a cercare lei, ad aspettarla, a rispettare i suoi tempi, a sentirsi inquieto quando lei non si fa viva. Bianca non ha fretta di firmare un contratto, il successo e il denaro non le interessano abbastanza. Suo malgrado, però, si ritrova coinvolta in qualcosa di più profondo e più personale, nonostante la consapevolezza che lui sia un dongiovanni, nonostante gli avvertimenti della sorella e le delusioni passate, che dovrebbero servirle da monito. Bianca è genuina, pura, un po’ troppo ingenua. Parla, racconta, si apre all’uomo che le ripete quanto sia unica e straordinaria. Il figlio Gabriele, a soli otto anni riesce a percepire il turbamento della madre e tenta a modo suo di proteggerla da quell’uomo misterioso e schivo, di cui non si fida.
I collaboratori di lui, in ufficio, fanno da spettatori. Conoscono il suo passato burrascoso, sono pronti a commentare ogni sua mossa e ogni incontro con Bianca. La compatiscono, la invidiano, attendono l’epilogo già scontato della vicenda.
Approfondimento
Una storia quasi perfetta è un romanzo delicato, semplice, scorrevole, che si legge velocemente. Può piacere molto, o può sembrare un concentrato di luoghi comuni, la classica storia della vittima e del seduttore. É un contrasto netto che credo dipenda dall’esperienza personale di ogni lettore e dalla sua sensibilità. Da parte mia, ritengo impossibile, come donna, non immedesimarsi in Bianca, nelle sue paure, nella sua necessita di “non cadere”. Ferita in passato, è consapevole dei rischi che corre, conosce la storia dell’uomo che accoglie in casa sua, ma è anche, suo malgrado, fiduciosa, convinta che questa volta possa essere diverso. Bianca non si fa compatire: la sua è una storia di coraggio e speranza, la storia di una donna che sa rialzarsi e ripartire dopo ogni sconfitta, che è piena di talento di cui è in parte inconsapevole.
Chi conosce Vicenza – città natale dell’autrice – apprezzerà i numerosi riferimenti alla città e potrà facilmente identificare le piazze e le vie tra cui si muovono i protagonisti; lo studio di lui è un open space affacciato su Piazza dei Signori, e le passeggiate con Bianca lo porteranno fino a Monte Berico, alla Villa dei Nani, alla Rotonda. Anche Venezia è importante nella narrazione: girovagando e perdendosi tra “calli e ponti, sottoporteghi e campielli” Bianca racconta a lui la propria storia, le sue paure e le sue speranze.
Trovo singolare che non si nomini mai il nome del protagonista maschile, ma è una scelta azzeccata per creare un contrasto ancora più netto con il personaggio femminile. Bianca infatti è candida e trasparente, a partire dal suo nome, e di lei conosciamo ogni pensiero. Al contrario, lui diventa una figura sfuggente e circondata da un’aura di potere e timore reverenziale.
Il tema della bellezza, in stretto rapporto con la ricerca ossessiva della perfezione, accompagna tutta la narrazione. Anche in questo caso, possiamo notare come i due protagonisti reagiscano in modo opposto davanti alle stesse situazioni. Bianca è senza dubbio un’artista molto dotata, ma dipinge per diletto, la sua modestia la rende inconsapevole del reale potenziale (anche economico) delle sue creazioni. Si approccia all’arte considerandola quasi una cura; le pareti della sua casa, per esempio, sono dipinte con trompe l’oeil di calli e canali, un aiuto per il figlio contro la nostalgia di Venezia. Lui, invece, persegue la bellezza come fonte di guadagno, vuole sfruttarla e possederla. Allo stesso modo, ricerca la perfezione nelle donne che seduce, ma deve allontanarsi prima che la perfezione venga meno: “Era perfetto e allora doveva finire, prima. Prima che si corrompesse.”
Una storia quasi perfetta è un romanzo da leggere con calma, senza pregiudizi e senza aspettative. É una storia d’amore e di bellezza, e anche di sofferenza e rimpianto. In modo inaspettato, ci lascia sensazioni di serenità, leggerezza e luminosità.
Chiara Foscarin