Oggi vi parlerò di una vicenda che tutti gli italiani hanno sentito, e molti anche seguito. Quella del premier Silvio Berlusconi e delle sue “amiche”. Non entrando nel risvolto politico, molto discusso e per cui molti giornali già si son spesi, in primis Repubblica. (Qui l’ottimo articolo di D’avanzo).
Peraltro ho trovato in tutta questa strascicata storia di pubblico dominio uno spunto riflessivo, che coinvolge la moralità, quindi tutti noi. Il Financial Times di ieri riporta la dichiarazione <<La mia reputazione è a rischio>> (della D’Addario la escort delle serate a Palazzo Grazioli) identificandola come <<la prostituta di Berlusconi>>. Non lo è? Quindi come a sottolineare, la D’addario, che anche la sua categoria lavorativa di appartenenza debba godere di reputazione, o farci intendere che il rispetto nei suoi confronti è stato leso (come se non fosse legato alla sua attività). Prima considerazione: il termometro morale societario segna rosso, e rosso che più non si può, lontano dai valori morali di appena un decennio fa. Non si spiegherebbe una dichiarazione così a voce alta, così serena, così schierata per un gruppo di persone che in genere non gode di particolare apprezzamento dai cittadini. Il capo del governo continua a dire <Non cambierò agli Italiani piaccio così come sono>> e <<Non sono un santo lo avete capito tutti>> con disinvoltura, forte del crescente appoggio popolare (il punteggio come persona piuttosto che come personaggio politico aumenta). Perché gli Italiani non si scandalizzano? A prescindere dal suo ruolo, visto come semplice persona, perché non disapprovano, né in maggioranza sono disgustati? Lo dice John Lloyd, giornalista del Financial, ammettendo che <<in Occidente la sensibilità emotiva è cambiata o sta cambiando. Mentre un tempo ammiravamo il contegno e il ritegno, oggi apprezziamo chi manifesta le emozioni…La mutata sensibilità fa si che molti proprio per questo si sentano a proprio agio con lui>>. Come se i peccati di un personaggio pubblico, di un magnate, di un quasi “onnipotente” nel nostro Paese servissero da scusa per i nostri. Per continuare a far tacere le nostre coscienze. Se lo fa anche lui… Davvero poi divertente, a mio parere, il finto distacco di posizione della Chiesa (che dalla politica vive e riceve potere e denaro) , da parte del Monsignor Bianco di Pistolia che sentenzia durante l’omelia <<La Chiesa deve sapersi opporre ai modelli che presentano la vita come una vetrina, ricca di veline e di libellule, dove meglio riesce chi più agguanta>>. Davvero le pare Monsignore, che ci dimentichiamo dei modelli che la Chiesa ha proposto in tutto il mondo, attraverso parroci, monsignori, vescovi, e non solo, in cui l’uomo di fede può impunemente sottrarsi alla giustizia dopo aver commesso atti di violenza sessuale, a minori e non? Pare quasi una barzelletta, dove l’asino dice cornuto al bue.
Chi comunque, cerca di vederci qualcosa di chiaro in queste vicende, si accorge che noi stessi siamo vittime, o esposti, a questi meccanismi perversi. Il senso morale si è ristretto in lavatrice, ed è quasi tutto permesso, è quasi tutto giusto, è quasi tutto necessario. Come se le regole che son sempre esistite, della decenza, del pubblico rispetto, del sentirsi in colpa nel protrarre determinate azioni, siano di ieri e quindi superate. L’Italiano si riconosce in qualche maniera in questo “delirio di onnipotenza” , decisamente più povero di quello del Premier, in cui di tutto può fare per scampare alla disapprovazione del prossimo. Questa mutata sensibilità è giudicata come progresso. Come un ampliamento della nostra libertà. In realtà è il modo in cui si sta minando alla stabilità delle famiglie, dell’economia che va avanti per vizi che non ci possiamo permettere, stabilità compromessa nel senso civico, e quindi nell’integrazione, tra le persone stesse. Da che mondo è mondo non possiamo fare ciò che vogliamo. Oggi pare di si. E pare anche una scelta di stile condividerne le esperienze con tutti, senza riguardo. Vogliamo adeguarci agli altri? E perché?
L’analisi e la ragione muoiono nella scelta di chi stiamo prendendo l’esempio. L’essenza è con obiettività chiederselo.