Ennesima vittima del cyber bullismo. E’ il titolo utilizzato dalle maggiori fonti di informazioni nazionali e locali. Un’anima fragile di soli quattordici anni ha smesso di battere le ali domenica scorsa nella provincia di Padova. Come spesso accade, nessuno si era accorto del suo malessere e nemmeno i gridi di dolore lasciati sulle sue braccia da qualche lama avevano attenuato la violenza dei cyber bulli del social network frequentato dalla ragazzina e che sembrerebbero, stando alle notizie dei media, essere stati determinanti per il compimento del tragico gesto.
Come aveva previsto Mark Zuckerberg dopo aver vissuto nelle campagne e nelle citta’, arriverà il tempo in cui si vivrà sul web. Quel tempo è arrivato e non si possono sottovalutare e trascurare gli effetti che i nostri comportamenti possono avere sui nostri interlocutori virtuali. In un tempo in cui la reputazione di aziende, brand, personaggi pubblici e chicchessia si misura sulla base della popolarità e approvazione e gradimento della rete, da più parti viene invocata una maggiore promozione di campagne di sensibilizzazioni per un uso responsabile della rete. Ma da sola basta la prevenzione? In tanti, infatti, invocano parallelamente, una giurisprudenza meno vaga e incerta su quelli che sono i “reati intangibili”. Una museruola ai cyber bulldozer andrebbe pure messa secondo una parte dell’opinione pubblica.
La verità è che anche questa volta nessun adulto si è accorto che la ragazzina da tempo combatteva con i suoi fantasmi e le sue ossessioni. Fantasmi che si nutrono di ira, che alimenta a sua volta ossessioni e che sguazzano nell’indifferenza di chi sta intorno alla vittima. La follia e la disperazione hanno preso il sopravvento sulla sua malinconia. Probabilmente la sua migliore amica e si è di fronte all’ennesimo dramma.
E i media? Come hanno raccontato questa notizia? La tavola è stata apparecchiata anche questa volta con meticolosità e cura. Il mostro da servire in pasto agli ascoltatori e lettori è stato costruito sapientemente e con maestria. I mostri questa volta si chiamano “internet” e “social network” che altro non sono che lo specchio della nostra società. I bulli ci sono a scuola, come in palestra, come sul web e come in un qualsiasi altro posto frequentato dagli adolescenti. Ma la colpa è davvero dei bulli? La colpa è davvero della rete? Il dito più che sui bulli e sulla rete, non andrebbe puntato invece, sugli adulti poco attenti ai disagi e malesseri degli adolescenti e incapaci di educarli alla pace e al dialogo? Gli adolescenti altro non fanno che imitare il linguaggio e il comportamento degli adulti. E in un mondo dove l’arroganza e la violenza divampa da ogni dove: TV, Istituzioni pubbliche, radio, ecc., non è fin troppo facile attribuire tutte le colpe ad un branco di ragazzini che indossano la maschera dei supereroi virtuali, piuttosto che alla rete e ai social network? La museruola forse non sarebbe il caso di metterla a qualcun altro? E noi “adulti” non sarebbe ora che incominciassimo ad assumerci le nostre responsabilità?