“Non v’è nulla di buono o di cattivo che il pensiero non renda tale”
Shakespeare
La comunicazione crea ciò che usualmente viene chiamata realtà. La realtà è quella che è, e la comunicazione è semplicemente un modo per esprimerla o spiegarla. Qui vi è un conflitto. Le idee sulla realtà sono illusioni, queste si accumulano per la maggior parte della nostra vita quotidiana anche nel cercare di far in qualche modo, o a tutti i costi, la “nostra” definizione di realtà ai fatti e non viceversa. Esistono diversi “semplici errori”, pensiamo a tradurre il significato di qualcosa da una lingua all’altra. Questa è quindi confusione linguistica, pensiamo ad esempio che “Burro” in spagnolo significa “Asino”, malintesi curiosi?
Ciò porta almeno ad una riflessione non del tutto stupida, ovvero quella che la confusione della realtà, o meglio, delle varie realtà non limita gli esseri umani ma essi differiscono da una specie all’altra, da una cultura all’altra e ad esempio una lingua all’altra. Un esempio che farà sorridere oltre che utile a rendere l’idea è quello in cui dopo otto anni di matrimonio due coniugi descrissero uno dei loro primi litigi. Era accaduto la seconda notte della loro luna di miele, sedevano entrambi al bar dell’albergo, quando la moglie iniziò una conversazione con una coppia seduta a fianco. Vedendo poi che il marito rifiutava di partecipare alla conversazione e rimaneva distaccato, tetro e in antagonismo con lei e con l’altra coppia, la moglie si irritò per la situazione imbarazzante che si era venuta a creare e per il fatto di essersi sentita “abbandonata”. Si accesero entrambi e in un furioso litigio ciascuno accusò l’altro partner di mancanza di riguardo. Poi, otto anni più tardi, viene fuori che si erano avviati alla situazione di “luna di miele” con due interpretazioni differenti, anche se l’evento avrebbe dovuto avere lo stesso significato anche nella “lingua” dell’altro partner.
Nella “lingua” della moglie la luna di miele forniva l’occasione di esercitare il suo acquisto, il suo nuovo ruolo sociale, quello di moglie. Lei non aveva mai partecipato ad una conversazione con un’altra coppia come moglie, in precedenza era stata la “ragazza” o la “fidanzata”. Secondo l’interpretazione e la “lingua” del marito invece, la luna di miele doveva costituire un periodo di unità esclusiva, l’occasione d’oro per ignorare il resto del mondo ed esplorarsi semplicemente a vicenda. La conversazione con l’altra coppia, intrattenuta dalla moglie ai suoi occhi era risultato che per lei il ruolo del marito fosse inadatto, che non fosse abbastanza uomo per lei.
Uno “perfetto” errore di traduzione, non credete? A quali riflessioni vi porta questa “storiella” che comunque rappresenta entro un certo margine comune ciò che poi un po’ a tutti i capita nella gestione dei rapporti? Entra dunque in gioco l’interdipendenza, di base se una cosa dipende da un’altra, il comportamento di ciascuna parte coinvolta determina il comportamento di ciascuna parte coinvolta che determina il comportamento dell’altra parte e ne viene a sua volta determinato. Chiariamoci meglio…risulta quasi scontata una domanda, cos’è la realtà? Quanti aspetti differenti fanno parte della stessa realtà? Ogni giorno ci confrontiamo con una realtà molto concreta, a tutti capitano degli eventi , piccoli o grandi che siano, assegniamo noi poi a questi, un significato personale, semplice o complesso.
Questo è il modo in cui l’individuo costruisce il proprio punto di vista, la propria realtà, iniziando a dare un senso a ciò che vive in prima o terza persona. Questo, come osservava von Glasersfeld, è vero sin dai più primari processi sensoriali: le stesse percezioni variano da persona a persona, e da qui le sensazioni, le riflessioni, le fantasie, finendo per costruire tante immagini del mondo quante sono le persone. Se io vi dico “tazza”, quella che avrò in mente sarà simile ma diversa dalla vostra immagine. Più si va in alto nel processo di elaborazione della realtà, più il significato soggettivo della stessa prende un forma propria. E così cambiare punto di vista finisce per cambiare la realtà. Un concetto banale? Abusato, forse, ma utilizzato saggiamente e con efficacia da chi l’ha studiato profondamente.
Il grande ipnoterapeuta e medico Milton H. Erickson, ad esempio, di fronte alla paziente che si lamentava dell’impotenza del marito disse: “Signora, forse egli è atterrito dalla sua bellezza”. La moglie, spiazzata dalla rivelazione (che altro non era che un nuovo significato da dare alla stessa realtà), smise di colpevolizzare il marito e, anzi, lo tranquillizzò e coccolò ancora di più, con i felici risultati…immaginate da soli.
In un altro esempio, lo psicoterapeuta maestro della ristrutturazione Paul Watzlawick, si trovò a lavorare con una coppia esasperata dall’eccessiva presenza dei genitori di lui nella loro vita quotidiana, presenza motivata da un genuino desiderio di voler aiutare il figlio e la nuora anche nei più piccoli lavori domestici. Fino ad allora la coppia si era sempre opposta ai tentativi di aiuto dei genitori, finendo per sfociare in vuote litigate a cui susseguiva un rinnovato impegno dei genitori nel volerli aiutare. Watzlawick suggerì alla coppia di lasciar fare tutto a loro, senza alzare più un dito. Di lì a poco i genitori presero da parte il figlio, dicendogli che era tempo che lui e la moglie cominciassero ad assumersi più responsabilità.
Tutti i giorni noi tutti ci troviamo a combattere con una realtà che può non piacerci e che non ci deve piacere per forza. Ristrutturare non vuol dire fare gli ottimisti di mestiere, ma dare una nuova struttura alle nostre concezioni del mondo, alle emozioni che proviamo, per permetterci di affrontare meglio una situazione anziché eluderla. Non cambiamo i fatti concreti, ma il significato che diamo ad essi. Vi sembra poco?