
Autore: Maurice Herzog
Pubblicato da Corbaccio - Luglio 2016
Pagine: 314 - Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Exploits

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La natura plasma l’uomo a sua immagine, l’uomo che si lascia trasformare da essa sarà l’artefice di imprese memora-bili che lasceranno il segno nella storia dell’umanità. Un libro che racconta la leggenda di sette uomini che sono riusciti a compiere un’impresa straordinaria, la scalata dell’Annapurna: la conquista del primo 8000.

È perché ha molto sofferto che ha potuto rinascere.
8 marzo 1950. Sette uomini, scelti tra le guide di montagna e gli scalatori più esperti del Club Alpini Francese, si preparano a partire per la più grande avventura dell’alpinismo: la prima scalata a un 8000. Le incertezze sono moltissime, le sicurezze solo due: la meta e la consapevolezza della propria forza. Maurice, assieme ai suoi compagni, parte per quest’avventura, in un mondo sconosciuto, immenso e impervio. Persino le cartine che dovrebbero indicare loro il percorso sono approssimative, faticano a individuare la cima da scalare tra quelle immense vette.
Il lettore di Annapurna resta sospeso con loro su queste vertiginose montagne. I giorni passano, la spedizione si organizza, si ambienta, scopre, individua la meta. Inizia la scalata in una corsa contro il tempo. L’Annapurna è crudele, pronta in ogni momento a richiedere il proprio tributo. Gli uomini temprati sanno che l’unica cosa che hanno da offrirle è la loro vita e le loro fatiche.
Maurice Hezog, con il suo stile essenziale, narrativo, quasi parlato ci porta con sé in questa avvincente avventura. È impossibile non sentire il suo ansimare, le sue preoccupazioni, la sua enorme forza di volontà che spinge anche noi ad arrivare su quella vetta. Perché non è solo la sua di impresa, ma anche la nostra, quella che viviamo ogni giorno, quando ci spingiamo oltre le comodità del quotidiano per poter assaporare le montagne della vita, per poter andare alla ricerca della liberta, che oscuramente cercavamo e di cui avevamo bisogno come il pane, quella libertà che si può unicamente assaporare nel momento in cui si affrontano le prigioni della propria limitatezza e si tasta quel limite giocando ai confini della vita e della morte.
Maurice Herzog ha scritto Annapurna una volta tornato in patria, nei primi mesi di convalescenza in ospedale, dettandolo al fratello. Lo stile narrativo, riflette in tutto questa dimensione, il linguaggio e l’espressività sono tipici della narrazione orale, calda e partecipe, dell’uomo che è ancora troppo coinvolto nell’avventura per viverla con occhio distaccato, ma che sente e vive profondamente il suo dolore. È in questo essere ancora tutto lì presente ai suoi occhi che permette al lettore di vivere intensamente questa meravigliosa impresa e i sacrifici che ha comportato. Numerosissimi gli insegnamenti, gli spunti di riflessione e le emozioni nascoste tra le pagine. L’autore non ha tralasciato nulla ci ha dato tutto di questa impresa descrivendola a trecentosessanta gradi.
In alcuni tratti si ha l’impressione di non capire bene cosa accade, è necessaria una minima competenza alpinistica per comprendere l’ardire di alcuni passaggi. Un’occhiata ogni tanto a google map, inoltre facilita l’accessibilità la percezione di quanto questa avventura sia stata una lotta tra il desiderio di conquista dell’uomo e la natura aspra, impervia, ma così meravigliosamente sublime da doversi nascondere agli occhi dei mortali. Ed è proprio lì dove a nessun essere vivente è permesso vivere che si cela il vero volto della bellezza.
Approfondimento
Maurice Herzog è un uomo straordinario che ha potuto compiere l’impresa grazie al sostegno di quegli uomini che hanno lavorato per mesi per raggiungere una vetta che sarebbe poi stata scalata da altri, lasciando agli altri l’onore e il successo, ma consapevoli di essere stati indispensabili al raggiungimento di un sogno.
Maurice non è solo nella sua impresa, nella sua lotta con quel mondo crudele e meraviglioso.
La percezione che ho di ciò che mi circonda è irreale… Interiormente sorrido della miseria dei nostri sforzi. Contemplo dall’esterno i miei stessi movimenti. Ma lo sforzo scompare come se la materia si annullasse. Questo paesaggio diafano, questa offerta di purezza, non è la mia montagna. È quella dei miei sogni.
Le più grandi vette si possono trasformare nei più infimi abissi, a volte le sfide più immense non sono le scalate, ma le discese, in cui tutto si può perdere e tutto da guadagnare. Ognuno ha da affrontare le proprie Annapurne, una, dieci cento. Questo libro ci lascia la consapevolezza di farcela.
Giordana Bonfanti
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