
Autore: Simona Atzori
Pubblicato da Mondadori - 2014
Pagine: 189 - Genere: Religione & Spiritualità
Formato disponibile: Brossura
Collana: Oscar bestsellers

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Il titolo cita una delle domande più banali che ci pongono spesso quando ci vedono tristi, cupi e depressi. Dopo la lettura approfondita di questo diario biografico- testimonianza di Simona Atzori la risposta risulterà lapalissiana, perché la scelta è nostra. La responsabilità è nostra. Siamo noi ad avere il potere. Dobbiamo decidere se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto e sotto quale punto di vista vedere. Se sceglieremo come colei le cui braccia sono rimaste in cielo, ma nessuno ne ha fatto tragedie allora potremmo rispondere con orgoglio e veridicità: niente.

Da “Quattro giorni tre notti “ di Daria Cozzi:
“ognuno viene su questa terra per compiere un suo viaggio, unico, meraviglioso, irripetibile. Una volta finito, se ne andrà. Non è un male, non è un bene. Semplicemente è “.
Voglio iniziare con questa citazione che a me piace molto anche se non essendo di mentalità Zen mi risulta difficile da digerire. Questa potrebbe essere o addirittura è la vita, semplice- semplice, senza tante paturnie o ruminazioni mentali. Mi ci devo aggrappare, nei momenti bui, come fosse un assioma o perfino un dogma e, tutto allora mi è più leggero, facile da sopportare. Ma adesso una domanda mi sorge spontanea: se fossi disabile, come ad esempio affetta da agenesia degli arti superiori potrei fare lo stesso?Per dirla alla Ligabue il siamo come siamo, sarebbe così semplice?
Cosa ti manca per essere felice e la regola delle tre A
Mah, a questo punto, dopo aver letto la storia di Cosa ti manca per essere felice e soprattutto la filosofia di Simona Atzori, secondo la quale per fortuna non siamo formiche, ma diversi, meno male, ed è proprio questa diversità che ci accomuna, ho più facilità a dire di sì. Sì perché non è giusto identificarsi con ciò che non abbiamo, sono dei limiti che noi stessi ci poniamo, o semplicemente presenti negli occhi di chi ci vede. Giustificazioni o alibi per frenarci ad andare oltre e realizzarci, nonostante tutto, nonostante i deficit.
Ma, altro quesito retorico, perché secondo noi dovremmo aver tutto? Perché abbiamo questa presunzione che ci è dovuta una completa pienezza delle qualità? Non può essere proprio questa assenza o lacuna a farci tirar fuori le nostre potenzialità, i nostri talenti o virtù che ci contraddistinguono e identificano come unici? Un’altra affermazione ne scaturisce. Noi valiamo in quanto esseri umani, e, secondo la teoria delle tre A: Accettiamoci, Apprezziamoci e Ammiriamoci, nel nostro agire, nel nostro impegnarci con la consapevolezza di poter sbagliare e non riuscire in tutto perché abbiamo limiti, fatti per essere messi alla prova o meglio, superati con un escamotage, un’alternativa per realizzare il nostro sogno. Che sia il suonare, cantare o ballare e dipingere, come l’autrice scrittrice sarda, o qualsiasi altra cosa, non fa differenza. Già perché è proprio questo che ci aiuta a rimanere sereni, a realizzarci e gratificarci, a farci raggiungere uno stato d’animo, una manifestazione di bellezza che la vita può offrirci, senza estraniarci dagli altri e da noi stessi, senza che sia una “benedizione metafisica”, ma un obiettivo da conquistare con volontà e coerenza. Non è proprio questa la miglior definizione del sostantivo felicità? Altro Yes, e per dirla con uno slogan politico ormai di moda we can ed ancora di più esaltiamoci con l’ ottimismo ideologico della “Grande Mela” ormai di moda come pensiero positivo “I’m ok, you’re ok”.
Ecco cosa mi ha sussurrato Simona con i pensieri espressi in Cosa ti manca per essere felice, con i flashback della sua infanzia, adolescenza ed età adulta e mi ha spinto a guardare su YouTube un suo balletto dove come una farfalla si libra leggera sul parquet suscitando emozioni, facendomi passare nel dimenticatoio che le sue ali non c’erano: ma questo non è stato un problema. Permettetemi però di mettere una leggera ombra su quest’ottimismo quasi alla Pollyanna. Non è facile entrare nel Think Pink e se non vi è un’educazione non solo verbale ma anche esemplare nei gesti, fin dall’infanzia, da parte di figure esemplari, soprattutto dei genitori, l’impresa l’è ardua assai. Tuttavia impegnarsi è d’obbligo perché non tutti hanno Mami e Papi come Tonina e Vitalino che hanno saputo dare un sorriso e tanta serenità, ottimo spunto d’inizio oltre che prerequisito per autostima, per affrontare le difficoltà: di nostro ce ne dobbiamo mettere tanto, chi più chi meno ma ne vale la pena.