
Autore: Greg Steinmetz
- Febbraio 2016
Pagine: 304 - Genere: Romanzo storico
Formato disponibile: Brossura
Collana: I Saggi

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Jacob Fugger è stato uno degli uomini più influenti d'Europa a cavallo fra XV e XVI secolo: banchiere, affarista, finanziatore dei potenti dell'epoca, le sue manovre – quasi sempre aldilà dell'etica – hanno orientato e spesso addirittura deciso le sorti e i destini di intere nazioni, in pace come in guerra. Ma aldilà di ogni valutazione morale, l'operato di Fugger getta le basi del moderno capitalismo, coi suoi tanti vizi ma anche con le sue innegabili virtù: in un viaggio a cavallo tra saggistica e narrativa, percorriamo la fortunata e densa parabola di vita di quello che forse è stato “l'uomo più ricco che sia mai esistito”.

Di questi tempi i miliardari con gli stessi voraci istinti di Fugger riempiono le pagine dei giornali economici. Ma Fugger tracciò la strada. Fu il primo uomo d’affari moderno perché fu il primo a inseguire la ricchezza in quanto tale e senza paura di essere condannato. Per comprendere il nostro sistema finanziario e come l’abbiamo ottenuto, vale la pena di capire quest’uomo.
Nel 1523 Carlo V d’Asburgo, l’uomo più potente d’Europa, il sovrano sul cui impero “non tramontava mai il sole”, riceve un’ingiunzione di pagamento per una cifra esorbitante. Chi può aver avuto tanta sfrontatezza da chiedere il rientro di un prestito a colui il quale guida il Sacro Romano Impero? La risposta è in realtà semplice, ossia l’unica persona che un tempo fosse stata in grado di concederglielo: Jacob Fugger. Nato poco dopo la metà del XV secolo da una famiglia di origini contadine che si era fatta strada nel commercio dei tessuti, visse e operò sempre ad Augusta (l’odierna Augsburg, in Baviera), costruendo le sue fortune su un principio tanto banale quanto perentorio: accumulare più denaro possibile, con qualsiasi mezzo e senza riguardo per nessuno. Una figura paradigmatica dunque per l’idea comune che si ha del capitalista più sfrenato: una figura però la cui attività è ricca di dettagli, sfaccettature, prospettive, e il cui sviluppo si interseca in modi spesso inattesi con le vicende storiche del tempo, spesso influenzandole in maniera decisiva.
Del privato di Fugger si conosce poco: molto invece è rimasto a testimonianza del suo lavoro di imprenditore e prestatore di denaro. Dopo l’apprendistato giovanile a Venezia – dove ebbe modo di affinare i trucchi del mestiere e assimilare le pratiche più utili per eccellere nel commercio – Fugger rientrò in Germania, ponendosi autoritariamente a capo dell’impresa di famiglia. I primi grandi investimenti nel settore minerario, in cui con operazioni di cartello inammissibili anche nel più distorto dei sistemi economici attuali acquisì facilmente una posizione monopolista, gli permisero di farsi strada come prestasoldi presso i notabili dell’Europa Centrale. Fu in particolare la casata degli Asburgo a intrecciare le sue vicende con Fugger, che alimentò, con prestiti ogni volta più cospicui e garanzie sempre più vincolanti, l’ossessione di Massimiliano I per un ruolo egemone nell’intricato mosaico politico del tempo.
Nel volgere di pochi anni con una strategia abile e cinica, Fugger espanse i propri affari in tutti i luoghi del potere, divenendo un elemento imprescindibile per il mantenimento degli equilibri politici ed economici di tutta Europa senza che queste stesse forze lo risucchiassero: dall’appalto per il conio vaticano alle schermaglie con la Lega Anseatica per il commercio del rame, dall’importazione delle spezie alla compravendita delle indulgenze, nulla o quasi veniva deciso senza una visita a Palazzo Fugger. Una posizione tanto ricca e influente non poteva col tempo che suscitare la rabbia dei suoi detrattori e l’invidia dei suoi concorrenti: vicende queste che pur non lasciando l’uomo imperturbabile non ne scalfirono mai completamente l’operato.
La rete di favori e conoscenze sviluppata da Fugger era tale da fargli superare indenne (o quasi) accuse di usura e rischi di bancarotta, trappole politiche e ribellioni popolari. Furono proprio gli ultimi anni della sua vita infatti a garantirgli i successi più duraturi: Fugger giocò un ruolo di primaria importanza tanto nell’elezione di Carlo V quanto nella complessa partita della Riforma luterana e delle successive rivolte contadine, lasciando come sua somma eredità alla città di Augusta il quartiere di Fuggerei, primo esempio di edilizia popolare.
Il creatore di re ha l’indubbio merito di raccontare la storia di una personalità dal grande carisma e dal fascino ambiguo: Fugger è tratteggiato come un uomo senza scrupoli ma dotato di un impareggiabile intuito per gli affari, dal pragmatismo aspro e dalla spavalderia quasi bieca. Una figura che è difficile far amare ma che in definitiva si presenta per quel che è, ossia un prestatore di denaro dalle abilità non comuni e un abile tessitore di relazioni ad altissimo livello.
La ricostruzione storica, sorretta da una bibliografia ampia e accurata, pone con precisione i più brevi flutti della vicenda del singolo in mezzo alle onde lunghe della Storia, donando una visione d’insieme che rende facilmente comprensibile a qualsiasi lettore l’importanza di questa figura. Purtroppo però ci troviamo di fronte a un testo che non è né un vero saggio né un romanzo: un ibrido pensato per non appesantire il racconto dei fatti ma che non ha la passionalità che generalmente si vorrebbe trovare in un’opera narrativa. Difficile poi capire quanto sia lecito sintonizzarsi col protagonista delle vicende: Fugger è come detto un uomo che saremmo naturalmente portati a disprezzare ma l’autore in qualche modo finisce per assolverlo in ragione di un debito (per giunta!) che la modernità gli dovrebbe. Sono questi elementi sufficienti a rendere interessante e ben fatta una biografia storica?
Approfondimento
L’incrollabile fedeltà al Cattolicesimo è un tratto distintivo della vita di Jacob Fugger: che si trattasse di una posizione del tutto disinteressata, visti i tanti affari che legavano il banchiere tedesco al Vaticano, è ipotesi poco credibile, ma all’interno del libro i capitoli dedicati alla personale partita giocata da Fugger contro Martin Lutero e i tanti seguaci che, negli anni immediatamente successivi all’affissione delle novantacinque tesi, provarono a imporne il messaggio, sono probabilmente i più riusciti.
Greg Steinmetz ci mostra chiaramente come, con abilità e manovre degne del più consumato politico, Fugger seppe leggere in anticipo i pericoli della deflagrazione del Protestantesimo nelle sue declinazioni più oltranziste, ottenendo un risultato che forse si comprende solo a distanza di secoli: la principale confessione nei distretti della Germania meridionale è ancora oggi quella cattolica.
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