
Autore: Pacifico
Pubblicato da La nave di Teseo - Aprile 2022
Pagine: 176 - Genere: Autobiografico, Narrativa Italiana
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Oceani
ISBN: 9788834609934
ASIN: B09XMXLHQN

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Il racconto della madre Pia e del padre Guido, le loro vite serene nonostante le privazioni tra la provincia di Salerno e l'emigrazione a Milano in compagnia dei parenti, zii e cugini chiamati dall'autore “Campanici”. Un romanzo intimo sulla bellezza dei ricordi e della semplicità quotidiana.

La nuova generazione, poi, non ci credeva a tutta quella operosità, a tutto quell’impegno da profendere instancabilmente, e che era necessario per farsi benvolere. Quelli di prima si sentivano ripagati e nel giusto solo quando, guardandosi le mani, le vedevano rosse e torturate dallo sforzo. Loro non sarebbero finiti così.
Io e la mia famiglia di barbari inizia delineando i due personaggi cardine dell’intera storia: Pia e Guido, madre e padre dell’autore, Pacifico. I due vengono da due realtà molto povere della provincia di Salerno e vivono in modo semplice senza grandi pretese. La loro casa diventa luogo di comitive di parenti che la affollano, ognuno con le proprie idee e stranezze, molto divertenti alcuni personaggi come lo zio Pirata o la Carabiniera, nessuno altro ha nomi propri. Piccole scene quotidiane diventano un pretesto narrativo per delineare i loro modi di vivere e le loro aspettative.
In modo molto delicato l’autore ci porta in punta di piedi in quelle stanze dove lui ha vissuto e ci fa respirare quella stessa aria fatta di umiltà, di lavoro duro, di speranza. Il viaggio verso Milano che diventa il sogno comune ai “Campanici”, così definisce i parenti provenienti dalla Campania appunto, è un piccolo spaccato di società del tempo. Il viaggio in treno, le conoscenze, il pranzo al sacco, le ambizioni taciute: ogni cosa è delineata con un linguaggio semplice, con onestà, senza giri di parole. Guido viene descritto con i suoi difetti e così Pia taciturna e ritrosa alle chiacchiere. Entrambi lavorano duro e trasmettono il senso del dovere, la loro voglia di migliorare passando da una casa popolare ad una di periferia che trasformano col tempo con una mattonella nuova o una imbiancatura. Il lavoro non manca e presto tutti i parenti diventano operosi nella grande città e hanno voglia di avere soldi per potersi mantenere con le famiglie. Questa visione del lavoro e del sacrificio appartiene ad una intera generazione che va in esplorazione (come fa Pia) e poi porta la famiglia e cambia casa con una grande speranza di una vita migliore, senza aspettarsi tutto subito.
I Campanici avevano un sogno comune, un territorio da raggiungere. E ognuno le sue bandierine da piantare. Chi voleva arrivare in cima, e per questo era pronto a farsi spietato. Chi voleva garantire un avvenire ai figli, e per farlo si sottopose a turni massacranti, stramazzando presto in vecchiaia, senza potersi godere la pensione. La spinta che avevano si esaurì. E intorno a loro cambiò tutto. […] Perché, almeno in Italia, è verso la fine del Novecento che andò a finire l’Ottocento.
L’epopea della famiglia dell’autore non si basa su un albero genealogico che viene snocciolato con orgoglio vantandosi di titoli nobiliari o di gesta eroiche. Ogni singola azione dei personaggi li rende anche ridicoli, ironici, fa sorridere pensarli così assortiti e diversi nella stessa stanza. Persone semplici che hanno dei sogni e delle ambizioni, ma come spesso accade si ritrovano a lavorare una vita senza arrivare ad un successo o con grandi guadagni. I loro obiettivi sono piccoli, semplici: far studiare i figli, avere una vita dignitosa. Non è la storia di una famiglia che arriva all’apice della ricchezza o della popolarità. Lo stesso autore che fa della musica il suo mestiere non fa di sé un monumento, ma lo erige alla famiglia che gli ha insegnato il valore dell’essere umili, del lavoro, della dedizione e tanto tanto affetto ogni giorno.
Con periodi brevi, pochissimi dialoghi e molte frasi poetiche si riesce a capire un mondo ormai scomparso pieno di ricordi e di amore. Ancora più dolce la parte finale con i genitori anziani e la scena della cena che fa molto divertire.
Contrariamente a quanto accade con storie scritte da nomi noti, la storia non annoia, anzi viene voglia di scoprire e andare avanti proprio perché non racconta successi, ma aneddoti giornalieri di una famiglia caotica, piena di umanità e dai sacrifici ammirevoli. Piccole tragedie, come Pia orfana o il fallimento del padre, non diventano il romanzo del dolore, ma un punto di ripartenza, si cerca sempre di sdrammatizzare e la scrittura alleggerisce e plana su ogni cosa senza rendere pesante la lettura.
Approfondimento
Il romanzo è narrato con gli occhi dell’autore che ripercorre le tappe della sua famiglia senza seguire un rigido schema temporale. L’autore Pacifico è uno dei più noti e apprezzati cantautori italiani il cui vero nome è Luigi De Crescenzo e nasce a Milano proprio dopo l’emigrazione dei genitori al nord. Lui stesso non vive più in Italia, si è trasferito a Parigi con la compagna e ha un bambino. Le sue canzoni sono molto conosciute ed apprezzate, scopro adesso che già nel 2006 aveva scritto un libro edito da Baldini+Castoldi dal titolo Ti ho dato un bacio mentre dormivi, ma non è autobiografico. Racconta ancora Milano degli anni ‘50, ma con personaggi del tutto inventati e con una storia di uno smemorato che deve ricostruire i ricordi. In entrambi i romanzi i ricordi, l’amore per la famiglia e i legami restano punti fermi dell’autore.
Io e la mia famiglia di barbari già dal titolo dimostra autoironia e leggerezza nell’affrontare temi importanti come l’emigrazione. Ho trovato in questo romanzo molto forte il senso di appartenenza e la coesione, cosa che oggi perdiamo spesso di vista. In molti romanzi autobiografici l’io diventa il centro di ogni azione, mentre in questo caso l’io è solo un osservatore, uno della famiglia ed ho apprezzato questa scelta che mette in risalto gli altri piuttosto che elogiare se stessi. L’ho trovato un romanzo pieno di ringraziamenti alla sua famiglia anche se nel libro e nell’appendice la parola grazie non viene mai scritta.