
Autore: Kaveh Akbar
Pubblicato da La nave di Teseo - Ottobre 2024
Pagine: 428 - Genere: Narrativa, Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Oceani
ISBN: 9788834618905
ASIN: B0DKG4FGNW

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A cavallo tra America e Iran, la storia della famiglia di Cyrus mostra la frantumazione dell'identità umana per mano del distacco, la rottura dell’io causata dall’immigrazione, dalla lontananza e dal loro senso di colpa, in un romanzo caleidoscopico, intrinsecamente poetico ed inaspettatamente familiare.

Si dice che partire è un po’ morire. Se l’altro po’ si divide tra sopravvivere, vivere e rimanere, allora per la famiglia Shams il detto calza a pennello.
Un incrociatore americano abbatte per errore un volo di linea iraniana. I passeggeri polverizzati sono 290. Uno di questi è Roya, da poco madre del piccolo Cyrus, stava andando a fare visita al fratello Arash, reduce della prima guerra del Golfo, dove è stato morte ed ha dato morte. Per un contrappasso crudele ed ironico, la tragedia spinge la famiglia Shams nelle braccia del carnefice colposo: il padre Ali, schiacciato da un fardello che lo spinge all’apatia, si trasferisce con Cyrus nell’Indiana, mentre lo zio rimane in Iran, in balia dei propri traumi bellici.
Ma Martire!, romanzo di Kaveh Akbar, non dischiude gli eventi in maniera lineare. Il tempo della storia è saltellante, spesso cambia narratore, intersecando realtà e sogno del protagonista. È così che Cyrus, giovane laureato all’università di Keady, in remissione da un periodo di alcolismo, cerca di trovare sfogo nell’unica altra cosa – oltre all’alcol – che lo ha fatto sentire vivo negli ultimi anni, l’unico frammento della sua persona ad avere un minimo senso: la scrittura.
La morte del padre, dopo una non-vita in cui Ali non ha fatto altro che cancellarsi con gin e lavoro, incapace di superare veramente la perdita della moglie, rinforza l’ossessione di Cyrus per la figura del martire, per la necessità di una morte buona, come e più della vita stessa. Una fine che lasci qualcosa di grande, ma senza chiedere niente in cambio, anzi dando sé stessi. Per questo Zee, amico, coinquilino, ed amante saltuario, vero faro nella tempesta della vita di Cyrus, propone di visitare l’esibizione di Orkideh, artista di performance art, al Brooklyn museum, per stimolare il progetto del libro di Cyrus. Orkideh, di origine iraniana, malata terminale, si lascerà morire al museo, dedicando i suoi ultimi giorni alla libera conversazione con i visitatori, in un’esibizione che Akbar ispira sicuramente alle opere di Marina Abramović.
In quel momento, voleva intensamente essere non-vivo. Non essere morto, non ammazzarsi, ma sentirsi le spalle alleggerite dal fardello dell’esistenza.
Le conversazioni con Orkideh, di giorno in giorno, toccano le corde più ingarbugliate del passato di Cyrus, smuovendo qualcosa di indecifrabile dentro di lui, fino ad arrivare al trauma profondo: l’incidente aereo, la fuga dall’Iran, il passato della madre, per un finale in cui il quadro familiare degli Shams trova finalmente una cornice, rovinata dal tempo e scheggiata dal trauma, ma pur sempre forgiata nella speranza, adatta a delimitare e posizionare una vita che forse non è così indegna di essere vissuta.
Approfondimento
Martire! è nel suo epicentro un’indagine sull’identità umana a partire dall’esperimento della sua demolizione e ricostruzione. Le vite della famiglia Shams, e le loro identità di iraniani, padre, madre, amanti, figlio, immigrati, si sgretolano sotto il peso del lutto, del distacco e della solitudine, affacciandosi su di un abisso che per ognuno assume contorni unici. Le loro identità si frantumano, per alcuni con più consapevolezza di altri, ed il viaggio che Akbar offre è un pellegrinaggio alla ricerca di un motivo per non farsi schiacciare, con l’amore e l’arte ad ergersi ad uniche ragioni.
Come facciamo a muoverci attraverso tutta questa bellezza senza distruggerla?
Nello stile del viaggio – in quel suo alternare tra sogni di Cyrus e realtà, nell’avvicendarsi dei narratori – sta il fascino e la carica di immedesimazione del romanzo. Nei contrasti – America e Iran – e nei parallelismi – Cyrus e i genitori – il libro trova la sua impaginazione narrativa. E nella scrittura di Akbar – altamente poetica – si sprigiona l’elemento centrale della storia: il potere dell’arte come ancora di salvezza. La poesia irrora le pagine con capacità evocative enormi – “Qualcosa di delicato mi si liberò in petto, come un anello d’oro lasciato cadere in una tazza di latte”; “Era come se quella sera, nell’aria, il linguaggio fosse uno stampo in cui stava riversando la sua curiosità. Farina gettata addosso a un fantasma.”- e si rivela balsamo al cinismo, all’egoismo, al catastrofismo.
È semplice per le persone che non hanno sacrificato nulla razionalizzare la loro vita ordinaria definendomi fortunata. Ma io ho sacrificato la mia intera esistenza; l’ho venduta all’abisso. E l’abisso mi ha dato l’arte.
Matteo Quartieri