
Autore: Machado de Assis
Pubblicato da Fazi - Luglio 2020
Pagine: 300 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: Le strade
ISBN: 9788893256933

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✪ Le recensioni dei lettori su Goodreads
“Si tratta di un’opera prolissa, nella quale io, Brás Cubas, seppure ho adottato la libertà formale di uno Sterne o di uno Xavier de Maistre, potrei aver inserito qualche mugugno un poco pessimista…L’ho scritta con penna ridanciana e inchiostro malinconico, e non è difficile prevedere quale potrà essere il risultato di un simile connubio."

Memorie postume di Brás Cubas è un libro è da gustare fino all’ultima parola. Ma prima di aggiungere altro vediamo di cosa tratta.
La voce narrante è quella del protagonista, un tale Brás Cubas appunto, esponente dell’alta borghesia brasiliana che, una volta morto, dall’aldilà, decide di scrivere le sue memorie. Quello che parla però non è un uomo pentito che cerca la redenzione nel suo confessarsi, tutt’altro. Ripercorre le varie tappe della sua esistenza con ironia e senza veli sugli occhi, mettendo in luce tutti quei comportamenti negativi che non gli hanno permesso da vivo di raggiungere i risultati che da lui ci si sarebbe aspettati vista la sua posizione sociale. Ma non c’è pesantezza nel suo andarsi contro, non si assiste a un rimprovero grave o a un giudizio negativo sul suo vissuto. Lui presenta i fatti esattamente così come sono avvenuti, come se fosse uno spettatore esterno che descrive vite altrui.
Dopo aver parlato del suo funerale e degli ultimi giorni della sua vita terrena decide di raccontare tutto ciò che lo riguarda partendo proprio dal principio, dalla sua nascita. Ragazzino birbante prima e giovane scapestrato poi, non si mette problemi nel dilapidare gli averi della sua famiglia per soddisfare i desideri del suo primo amore, Marcela, un’appariscente prostituta della sua città. Ma questa non sarà l’unica donna per la quale perderà la testa. Per gran parte della sua vita imbastirà una relazione segreta con una bella dama sposata di nome Virgilia, inizialmente a lui promessa, relazione che terminerà quando le voci circolanti sulla loro liaison amorosa saranno troppo numerose per essere ignorate.
Privato del suo passatempo romantico decide di entrare in politica, idea che abbandona dopo un primo tentativo fallito per mancanza di reale interesse. Da quel momento in poi passerà le giornate prima a discutere di filosofia col suo amico Quincas Borba, e poi alla ricerca della formula dell’elisir per la cura dell’ipocondria che, a causa della polmonite che stroncherà la sua esistenza, non vedrà mai la luce.
Approfondimento
Molto divertente, Memorie postume di Brás Cubas, dall’inizio alla fine. Il suo stile scanzonato si intuisce già dalla dedica che, devo ammettere, mi ha fatto strabuzzare gli occhi perché non mi aspettavo una frase tanto assurda dopo un titolo così austero:
Al verme che ha corroso le fredde carni del mio cadavere dedico come caro ricordo queste memorie postume.
È diviso in brevi capitoli: alcuni dove Cubas porta avanti la storia vera e propria, altri dove interagisce col lettore, altri ancora dove inserisce ciò che gli passa per la testa in quel momento, riflessioni spassose che a volte sembrano uscire dal contesto ma in realtà lo osservano solamente da un altro punto di vista.
Simpatico anche l’espediente di cominciare la sua narrazione dalla fine, dalla sua morte che in questo modo viene esorcizzata ponendosi non come punto di arrivo, come soglia oltre la quale regna il niente, ma come traguardo che rende immortale anche una vita ordinaria.
Per qualche tempo sono stato incerto se cominciare queste memorie dall’inizio o dalla fine…prendendo per buono che di solito si parte dall’inizio, due ragionamenti mi hanno convinto ad adottare il procedimento inverso: primo, non sono propriamente un autore defunto bensì un defunto che fa l’autore, per il quale la lapide è stata una novella culla; e secondo, così lo scritto avrà un’aria più galante, più nuova.
Eppure, mimetizzati in mezzo a tanta leggerezza, si possono notare diversi spunti di riflessione, sull’uomo, sulla società, sull’esistenza, sullo scorrere del tempo.
Ho gradito particolarmente il dialogo che il protagonista, proprio nelle prime pagine, in fin di vita, intesse con la Natura. Mi ha riportato alla mente uno dei poeti, a parer mio, più grandi di tutta la letteratura: Giacomo Leopardi. La natura vista come matrigna, come indifferente all’uomo, fonte di illusioni che svanendo recano dolore.
E queste illusioni magari possono cambiare veste, modernizzarsi, così come può farlo la società, ma l’uomo, la sua natura, per quanto possa essere influenzata dall’ambiente dove vive, non cambia mai come purtroppo ancora oggi possiamo notare, perché, come afferma Brás Cubas:
Ciascun secolo portava la sua parte di ombre e luci, di apatia e di lotta, di verità e menzogne, insieme al solito codazzo di sistemi, di idee nuove, di nuove illusioni; in ciascuno germogliavano i virgulti di una primavera, solo per ingiallire e poi ringiovanire ancora in seguito.
Aira Ria