Autore: Fernanda Flamigni, Tiziano Storai
Pubblicato da Ediesse - 2013
Pagine: 124 - Genere: Drammatico
Formato disponibile: Brossura
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Due studenti s'incontrano durante l'occupazione dell'università. Un colpo di testa, un matrimonio veloce e poi l'incubo, la violenza di lui, l'inferno per lei. Un riscontro tratto dall'autobiografia della scrittrice sul tema della violenza sulle donne.
Innamorarsi, sposarsi, scontrarsi, arrendersi, morire, rinascere, rivivere. Questi i passi che hanno scandito la vita di Fernanda, vittima di una cecità del cuore prima ancora che fisica, superstite “dell’amore che non era amore”. Non volevo vedere, edito Ediesse, autobiografia di Fernanda Flamigni (Avalon) scritta con la collaborazione di Tiziano Storai, racconta la storia di troppe donne con quella franchezza che contraddistingue l’inclemenza del senno di poi.
Nel marzo del 1989, nella Facoltà triestina di Lettere e Filosofia, Fernanda s’innamora a prima vista del suo principe dalla cultura immensa, intelligente, bello e affascinante, colui che sposerà lei, “piccola, insulsa, ignorante, inetta”. Un sogno romantico nutrito dalla rinuncia a qualsiasi tenerezza, che spilucca la libertà personale in un crescendo di marijuana, LSD, hashish, cocaina, percosse, umiliazioni, stalking fino al raggiungimento del proprio apice in “un mare di minuscole paillettes scintillanti […] la tavolozza dei colori e delle forme del mondo frantumata”.
La parola “femminicidio”, mai pronunciata dagli autori, resta sospesa tra le righe di questa testimonianza scritta in prima persona e intervallata da stralci di canzoni e versi di Shakespeare che accompagnano le riflessioni della protagonista. Una donna succube di se stessa e delle proprie illusioni prima ancora che di suo marito che impara a risollevarsi dal rimorso e dal dolore, dalla sua rabbia e dalla sua rassegnazione. Nella sua ultima lettera, indirizzata a sua sorella Giovanna (alla quale il libro è dedicato), Fernanda riesce ad emancipare parte del suo cuore concedendosi un’ultima domanda: “Potendo, tu perdoneresti?”.
Nonostante un primo smarrimento iniziale dovuto allo stile quasi storiografico, con dialoghi sporadici, la storia mi ha catturata man mano che proseguivo la lettura. Come donna, non ho potuto fare a meno di immedesimarmi nei ragionamenti di Fernanda volti a scusare le sfaccettature anomale della sua relazione. Delle volte mi sono chiesta: “Come è potuta arrivare fino a questo punto? Perché non se n’è andata prima? Perché rischiare così tanto?” ma l’amore, soprattutto quello sbagliato, è capace di compromettere la capacità di giudizio della donna più forte e indipendente trasformandola in un essere fragile e insicuro. Fernanda è una di quelle vittime che ce l’ha fatta e ha voluto raccontare la sua esperienza forse per spiegare i meccanismi che si celano dietro alla mente umana, capaci di inchiodarci a false speranze.