
Autore: Mathias Enard
Pubblicato da E / O - Aprile 2021
Pagine: 143 - Genere: Romanzo storico
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Dal mondo
ISBN: 9788833573007
ASIN: B08XWF2JK5

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Un romanzo breve ma di grande respiro, un viaggio a capofitto nei colori, negli odori, nelle suggestioni di una Costantinopoli magnificente e orgogliosa del proprio fascino, sede del sultanato e capitale dell’Impero ottomano.
“Un ponte militare, un ponte commerciale, un ponte religioso. Un ponte politico.”

Un ponte emerso dalla notte, impastato della materia della città.
Crepuscolo sul Bosforo.
L’ombra dei minareti si allunga mentre il lamento del muezzin, vero e proprio “orologio umano”, si spande; le note inebrianti di rosa e gelsomino inondano le strade mischiandosi a una sarabanda di note speziate: cinnamomo, cumino, semi di eucalipto, zafferano, noce moscata, cannella.
Pronte ad accogliere il genio di un Michelangelo trentunenne, destinato a diventare protagonista indiscusso dell’arte rinascimentale, la cui fama è scolpita nel blocco di marmo di Carrara dal quale ha tratto il David.
Un uomo con sostenitori e detrattori, amici e nemici, nella sua Firenze ma anche a Roma: è all’ombra della corte papale che il giovane Michelangelo trova un estimatore d’eccezione in Giulio II, che gli affiderà l’incarico della realizzazione del proprio mausoleo funebre strappandolo alla sua Firenze. Nulla di più effimero.
Mathias Enard, orientalista e studioso di storia dell’arte, deposita il lettore insieme con Michelangelo su un molo umido di pioggia del 13 maggio 1506, anonimo giovedì di primavera: partito da Ancona a bordo di una fregata, il talentuoso scultore fiorentino giunge a destinazione al termine di una traversata zeppa di interrogativi. Ad attenderlo la corte del sultano Bayazid II. Nessuno a Firenze sa della sua avventura all’ombra del Corno d’Oro (Khrusokeras), solo il fratello Buonarroto, con cui intrattiene un fitto scambio epistolare.
L’invito recapitatogli è di quelli che non si possono rifiutare: realizzare un progetto ambizioso quanto affascinante, un gigantesco ponte, lanciato come un arco tra le due sponde del Bosforo, per collegare il centro della capitale turca con i quartieri a nord, con l’opposta collina fortificata di Pera.
Una maestosa passerella retta da una fortezza invisibile che oltrepassa appena il filo dell’acqua collega morbidamente le due sponde, accogliendone le differenze. Due mani maestose posate sui flutti, due dita gracili che si toccano.
Una sfida immane, per aggiudicarsi la quale non sarà sufficiente realizzare l’opera, ma sarà necessario compiacere il capriccioso regnante, amante dei piaceri e delle raffinatezze della vita, di vino, poesia, musica, scienze, cavalli, armi, astronomia. Ma soprattutto di architettura e ingegnerie ardite. E quindi di ponti. Una sfida che il giovane artista è intenzionato a raccogliere.
Un momento difficile, carico di nervosismo e incertezze, per il Buonarroti, davanti a un bivio: da una parte rimanere a Firenze, dove è osannato e dove ha riparato dalle grinfie della corte papale che minacciava di stritolarlo, dall’altra piegarsi alle prepotenze del Papa guerriero, che ha piantato in asso dopo che ha dovuto anticipare di tasca propria le spese per le forniture del marmo per la costruzione del monumento funebre. Un Papa che dieci anni prima, ancora cardinale, aveva guidato le truppe vaticane proprio contro i giannizzeri di Bayazid, il Santo, il Pio, il Giusto, attestate nel Sud Italia: un curioso intrigo tra volontà e fato, quello nel quale Michelangelo si trova invischiato, alle contemporanee dipendenze di due acerrimi rivali.
Ha incontrato uno dopo l’altro i due nemici, e ha offerto a uno un mausoleo e all’altro un ponte.
Giunto a corte, il giovane scultore fiorentino verrà accolto dall’entourage del sultano con tutti gli onori. Ossequiato ma anche temuto, colmato di attenzioni ma guardato con diffidente distacco, si inoltrerà in un ambiente sfarzoso, avvezzo a raffinatezza ed eccellenza. Abbagliato dalla promessa di una favolosa ricompensa con cui lenire la situazione economica dissestata in cui versa, al genio toscano viene assegnato uno studio all’avanguardia, una ricchissima biblioteca e uno stuolo di ingegneri, progettisti e manovali che pendono dalle sue labbra.
Sorprendentemente, però, il confronto langue e con esso ogni spiraglio di fattiva collaborazione: la mente si volge altrove, la mano indugia nel ritrarre dettagli insignificanti, la tentazione di svicolare e far ritorno a Firenze è altissima.
Ma Michelangelo ha ormai dato la sua parola, e la parola è sacra.
Passo dopo passo l’artista abbandonerà le iniziali remore, fino alla svolta, in un una tarda serata traboccante di passione e di fiumi di vino: sarà allora che l’ossessione per i dettagli di caviglie e polpacci si volgerà alle proporzioni delle arcate e all’eleganza dei piloni.
Il cantiere verrà inaugurato, ma ad attendere il novello architetto del sultano sarà un complotto mortale per scampare al quale questi dovrà imparare a fidarsi delle sole persone che, lontano dalla sua Firenze, tengano a lui veramente.
Approfondimento
In questa rocambolesca avventura Michelangelo non è solo: accanto a lui il dragomanno (traduttore) Manuel, che lo introdurrà agli usi e costumi orientali e che gli farà da cicerone tra le viuzze tortuose di un’Istanbul misteriosa e ipnotica, sotto la sua ala visiterà i luoghi – simbolo della capitale turca, a cominciare dalla Basilica di Santa Sofia, il “gigante dalle larghe spalle”.
E il curioso Mesihi da Pristina, un’infanzia trascorsa in Italia, devoto oltre misura al suo “Michelagnolo”: per lui declamerà i versi del poeta persiano Hafez di Shiraz. sarà insieme a lui che il fiorentino visiterà il porto, tra i più importanti nel Mediterraneo.
Fa da contraltare al comprensibile fascino della scoperta il tema della nostalgia di casa, che serpeggerà lungo l’intero romanzo e che a più riprese insinuerà nel Buonarroti il seme di un pentimento per la sfida intrapresa; alla nostalgia di Firenze si affiancherà poi quella del marmo: Michelangelo è e rimarrà sempre uno scultore.
Ma è l’incontro con il sultano a fungere da autentico centro prospettico attorno a cui ruota l’intera vicenda; esso viene preparato con pazienza e perizia dall’Autore per poi risolversi in un vis à vis di pochi minuti, sufficienti però perché tutta l’opulenza della corte si sciorini davanti gli occhi esterrefatti del genio fiorentino: giannizzeri, ministri, dignitari, maestranze, schiavi, in una processione luccicante di sete e di ori che regge il confronto con la maestosità della corte papale e che farà concludere a un Michelangelo in visibilio che “questi ottomani sono maestri della luce”.
Notevoli le descrizioni dei palazzi, con la teoria di cortili, vestiboli, patii, ma anche quelle dei banchetti, con tutto il lusso traboccante di vivande, decorazioni, tessuti, e di una multiforme umanità, con un Michelangelo irretito dalle movenze di una misteriosa conturbante danzatrice di origini andaluse.
Sul piano formale traspare un certo compiacimento narrativo che rende a tratti la prosa slabbrata, eccessivamente intenta alla didascalia, impegnata ad affastellare dettagli su dettagli per conferire vividezza alle descrizioni degli ambienti al caro prezzo di interrompere il ritmo della narrazione e relegarla in secondo piano; difficile stabilire fino a che punto questa scelta stilistica possa trovare giustificazione nella volontà di lasciar riempire i polmoni del lettore con l’aria di florida opulenza di uno dei porti più trafficati del mondo, in un incessante andirivieni di mercanzie in transito, di cui si riescono a percepire consistenza al tatto, colori, profumi.
In conclusione, il romanzo Parlami di battaglie, di re e di elefanti fotografa una civiltà e un’epoca, sullo sfondo delle quali fatica a risaltare la parabola di un artista senza requie (“sotto tutti i cieli è dunque necessario umiliarsi davanti ai potenti”), tormentato dalle proprie aspirazioni ma nonostante tutto autenticamente e potentemente uomo, che nelle acque limacciose del Mar Nero vede specchiata l’inquietudine della propria infinita finitezza.
Apparire, sorgere, brillare. Costellare, scintillare, spegnersi.
Dario Filardo