
Autore: Moby
Pubblicato da Mondadori - Maggio 2016
Pagine: 430 - Genere: Autobiografico
Formato disponibile: Brossura
Collana: Strade blu

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Moby ha sempre sognato di fare il dj in uno dei grandi club dei New York. Certo, per un ex-punk senza pubblicazioni alle spalle, è un obbiettivo di difficile realizzazione, ma a volte il fato ci mette lo zampino. E la carriera di Moby decolla.

«Moby!» gridò lei scatenandosi come un Muppet. «Questa la adoro!»
New York è sempre stata una città di grandi cambiamenti, dove mode su mode si susseguono rapidamente e per rimanere al passo con i tempi ci vuole uno spirito di adattamento non indifferente. Insomma, non è esattamente il miglior posto in cui un disoccupato ventenne, vegano, cristiano e con aspirazioni da dj possa realizzarsi. Se poi è anche astemio, allora il suo destino sembra quasi segnato.
Tuttavia è proprio il destino che decide di intercedere per il giovane Moby: dopo aver miracolosamente recapitato alcune sue demo a Yuki, il direttore del Mars, uno dei più prestigiosi club di New York, Moby viene assunto come dj, e da lì comincia la sua scalata. Si ritrova per una fortunata coincidenza headliner di una serata, e firma il suo primo contratto con una casa discografica nascente, la Instinct, dopo che molte altre avevano rifiutato i suoi brani. Grazie alla Instinct parte in tour, e suona nei migliori locali di Berlino, Londra, Birmingham, Amsterdam… Fra un concerto e l’altro ha addirittura la fortuna di conoscere il suo idolo di sempre, David Bowie.
Proprio quando tutto sembra andare per il meglio, il destino interviene nuovamente: Moby perde la madre a causa di un cancro, viene lasciato dalla fidanzata e, per annegare il dolore, comincia a bere dopo anni di astinenza dall’alcool. Si accorge anche che i tempi stanno cambiando, e che il suo lavoro sta lentamente passando di moda. Basterà tutto ciò a farlo desistere oppure Moby deciderà di andare avanti, malgrado tutte le difficoltà?
A un metallaro convinto come me non capita tutti i giorni di avvicinarsi alla biografia di una stella della musica techno, e devo ammettere di aver iniziato la lettura di Porcelain. Storia della mia vita quasi con scetticismo, sperando che almeno il testo fosse scorrevole e non eccessivamente focalizzato sulla discografia del protagonista. “Mai giudicare un libro dalla copertina” è il principio fondamentale, il logos, la prima lezione che ogni lettore apprende, e anche in questo caso non mi è possibile sfatarla: nella figura del ragazzo “buono solo a far girar dischi altrui e prendersi il merito” ho trovato un personaggio di grande spessore morale e culturale, un accanito lettore e un grande conoscitore di vari generi musicali, dal funk al jazz, dalla musica classica all’hard rock, fino alla sua amata techno.
Approfondimento
In Porcelain ho trovato un personaggio che, nel corso della sua carriera, ha conosciuto artisti di fama mondiale come Jeff Buckley, Madonna e David Bowie, e che è riuscito a dipingere splendidamente e con uno stile elevato, ma sempre comprensibile, la realtà newyorkese tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90.
Insomma Moby, non odiarmi per questo, la tua musica non mi piace. Non riesco proprio a mandarla giù. Ma consiglio il tuo libro a tutti gli appassionati di musica techno, ai tuoi fan e anche a tutti coloro che con la techno non hanno nulla a che vedere: per una volta è stato estremamente piacevole conoscere e scoprire un mondo così diverso da quello nel quale vivo, ed è un’esperienza che consiglio a chiunque. E per voi, amici lettori, la morale rimane sempre la stessa: “Non giudicare un libro dalla copertina”.
Nel 1917, insieme ad alcuni amici cubisti e surrealisti, Marcel Duchamp aveva rotto il lucchetto, era salito in cima all’arco con una cassa di vino e all’alba aveva proclamato l’indipendenza di Lower Manhattan. Ogni volta che vedevo quella porta, pensavo a Duchamp e ai suoi amici che ballavano ubriachi sopra l’arco di Washington, brindando al neonato territorio sovrano.
Andrea Margutti