
Autore: Karin Slaughter
Pubblicato da HarperCollins Italia - Marzo 2016
Pagine: 392 - Genere: Thriller
Formato disponibile: Copertina Rigida

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Sam Carrol, stimato professore di veterinaria presso la locale Università, è sposato con Helen Reid, e ha tre splendide figlie, Julia, Lydia e Claire. La sua è una famiglia molto unita e felice che, all’improvviso, precipita nell’abisso del terrore e della disperazione per la scomparsa nel nulla della diciannovenne Julia: le indagini non danno esito, anzi circola la voce che la ragazza possa aver deciso di andar via spontaneamente. La polizia, nonostante le sollecitazioni e le richieste della famiglia, dopo qualche mese, lascia cadere le indagini. Ma l’incubo continua.

Quell’evento tragico e inspiegabile che, invece di unire ancor di più la famiglia, la distrugge. La scomparsa di una figlia, l’abisso di disperazione in cui cadono i genitori, la disperazione per il non sapere nulla sulla sua sorte.
Sam Carrol, il padre di Julia, non si rassegna alla chiusura delle indagini per la ricerca di sua figlia, e continua per conto proprio gli interrogatori, fino a quando sua moglie Helen, stanca e decisa ad accantonare interiormente quel lutto, lo lascia per trovare la sua pace.
Passano più di vent’anni. Sam muore suicida. Claire, che ha sposato il fidanzato Paul, vive una vita serena e più che agiata. L’incubo ritorna quando, durante una rapina, colpito a morte, Paul spira tra le braccia della moglie. Claire è distrutta e disperata per la morte del marito, ma sempre più stupefatta nello scoprire, ben mimetizzati nel pc di Paul, una collezione di particolari film, dei quali lei era all’oscuro. Rimane ancor più interdetta, quando le viene riferito dal capitano Mayhew, che anni prima aveva condotto le indagini sulla scomparsa della sorella Julia, che quei film sono un genere discutibile di video che circolano in rete, ma che le azioni riprese sono solo una messa in scena. Peccato però che una protagonista assomigli molto ad Anna Kilpatrik, una bionda diciassettenne scomparsa alcune settimane prima, e Claire capisce che troppe cose non sono chiare.
In un posto invisibile e irraggiungibile dall’esterno, Claire, con l’aiuto della sorella Lydia, trova la stanza dei video in cui hanno preso atto le torture, le segregazioni, e la morte di tante ragazze scomparse misteriosamente. Ma anche i film che alimentano un redditizio mercato mondiale, contribuendo, tra l’altro, alla ricchezza di molte famiglie.
Claire scopre che sua nipote, la figlia di Lydia, è nelle mire del mostro che tira le fila di questa malata regia. Ha diciassette anni, l’età giusta per essere rapita. Capisce che, non potendosi fidare di nessuno, tocca a lei interrompere un circolo vizioso che non si sarebbe mai dovuto aprire. E poi vuole vendicare, oltre Julia, scomparsa venticinque anni prima anche il padre Sam, l’unico che aveva capito chi si nascondeva veramente dietro a quelle strane scomparse.
Ho tirato un sospiro di sollievo, quando ho terminato la lettura di Quelle belle ragazze.
Come un mio professore mi ha insegnato, ogni scrittore parla con i lettori, i quali devono, durante la lettura, cogliere il senso e le parole che l’autore dice a chi legge. Ciò accade in tutte le forme d’arte. L’autore parla al fruitore della sua opera. Parla.
E io, oltre a capire che il male, per Karin Slaughter, può annidarsi al nostro fianco, invisibile, non ho sentito altre parole.
Approfondimento
Ho trovato eccessive, pruriginose e da guardoni un po’ perversi le descrizioni dettagliate presenti in Quelle belle ragazze sulle sevizie inferte a ragazzine legate mani piedi braccia gambe collo, a un muro, con catene e cinghie sufficienti a bloccare Ursus e Spartacus insieme. Sicuramente ci sarà una fetta di lettori, amanti del genere, che si beano nel leggere e rileggere l’uso di percosse, frustate, marchiature, machete, pungoli elettrici per il bestiame.
Poetico è il personaggio di Sam Carrol, che durante gli anni della scomparsa di Julia, non smette mai di cercare la figlia, e di scriverle lettere in cui le racconta tutto ciò che accade: le racconta delle sorelle, della madre, della nonna, delle più care amiche.
L’horror, il male che ho trovato assoluto, è quello di fargli vedere la paura e il terrore negli occhi della figlia, le sue indicibili sofferenze, le grida disumane, la sua morte lì, attaccata a un muro, con le gambe divaricate, i seni tagliati, il sangue dappertutto e la sua solitudine disperata. Alla mercé di criminali.