
Autore: Luca Bianchini
Pubblicato da Mondadori - Ottobre 2018
Pagine: 264 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Scrittori Italiani e Stranieri

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In un giorno di dicembre, Angela mette al mondo Emma. Riflessa in quella nuova vita riesce però a vedere soltanto la fine dei suoi sogni. Il padre della bambina, Pasquale, già sposato con un’altra donna, avrebbe infatti riconosciuto il bambino solo nel caso fosse nato un maschio. È l’inizio di un incubo o solo di un’esistenza diversa, fatta di scelte e sfide complesse?

La vita è lunga e i soldi servono sempre. L’orgoglio, invece, non serve a niente.
È una mattina di dicembre sul finire degli anni Sessanta quella in cui Angela dà alla luce Emma. Quel fagotto che tiene fra le braccia, però, Angela era riuscita a immaginarlo per mesi solo al maschile, come il suo piccolo Giorgio. Che ci fa allora accanto a lei quella donna in miniatura, quella bambina che sembra nata solo per scompaginarle le carte? Angela sa infatti che Pasquale, colpevole di averla sedotta e ingannata, sarebbe stato disposto a riconoscere quel nuovo arrivato solo nel caso si fosse trattato di un maschio. E allora cosa fare? È possibile continuare a sperare, pregando in un miracolo, in uno slancio di amore e tenerezza? Forse no.
Presto Angela si sentirà ripetere per due volte da Pasquale, il “jeansinaro” calabrese, un secco rifiuto che non accetta repliche. Lui ha già una moglie, una famiglia, una vita. Per lei e per Emma non c’è posto. Le loro strade devono dividersi: non c’è altra scelta.
Neanche ventenne, Angela si ritrova così incastrata in una vita che non sente sua. Non è sufficiente la presenza di due genitori e quattro fratelli che la adorano e la sostengono per farle amare una quotidianità che le appare quasi ostile. Nel momento in cui Emma è nata, Angela sa di essere in qualche modo morta. È morta la ragazza che era stata fino a quel momento. Sono morte le sue speranze, i suoi progetti, parte dei suoi sogni. Angela si sente in gabbia, prigioniera in una vita che non conosce. Così, quando la sua strada incrocia quella di Ferruccio, non esita a seguirlo, lasciando la sua Trieste per trasferirsi a Bassano del Grappa. Niente più Friuli, niente più catene, niente più Emma.
Una figlia resta però tale qualsiasi cosa si decida di fare. Togliere l’affidamento a un genitore non equivale a sollevarlo dalle sue responsabilità, dai suoi sensi di colpa, dal suo attaccamento. Dopo sei anni di assenza Angela torna infatti nella sua casa, da quella bambina di cui non sa praticamente niente e scopre che quella figlia, da cui è scappata, ha bisogno di sua madre: un bisogno impellente e incondizionato. Angela però va via di nuovo, non è pronta per restare. È ancora troppo legata al passato, a quell’amore per Pasquale mai spento. E il ricordo di quell’uomo che avrebbe voluto al suo fianco, quell’uomo amato più di ogni altra cosa, continuerà ad accompagnarla fino a quando arriverà il momento di fare delle scelte, distinguendo tra ciò che si vuole portare con sé e ciò che invece può essere lasciato alle proprie spalle.
Approfondimento
Percepiamo un riflesso dell’indimenticabile Scarlett O’Hara (per noi Rossella) nella personalità di Angela. Come la protagonista del romanzo di Margaret Mitchell, anche lei infatti si trincera per decenni dietro quella che non è altro che una sua fantasia. Una fantasia tanto ingombrante da farle perdere di vista la realtà, rendendola egoista e infantile, superficiale e bugiarda. Se Rossella però, con il suo carattere determinato e spregiudicato, riesce a farsi amare, Angela, così come Emma, è lontana dal raggiungere lo stesso obbiettivo. Sono due personaggi che sentiamo distanti dalla realtà, vittime di un romanzo che non ha saputo scavare nelle loro storie. Anzi, sono proprio queste a fare difetto.
Colpi di scena improvvisi si susseguono senza una vera logica. Amori sfuggevoli vengono vissuti e dimenticati in pochi istanti per lasciare posto a nuovi incontri altrettanto passeggeri. Perché è tutto così superficiale e inverosimile, ai limiti dell’assurdo? Vorremmo quasi poter svegliare i personaggi dal loro torpore, facendogli aprire gli occhi davanti a quello che sta succedendo. Ma soprattutto avremmo voluto che Luca Bianchini regalasse a questo romanzo, come in passato ha dimostrato di saper fare, qualcosa in più.
Resta il rimpianto per quella Trieste, “città di frontiera dove le barriere venivano continuamente abbattute”, che l’autore con le sue parole ci fa amare e che ci sarebbe piaciuto fosse percorsa da storie e personaggi diversi. Più autentici. Migliori.
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