Autore: Cesare Carpenito
Pubblicato da Il Papavero - Marzo 2021
Pagine: 236 - Genere: Romanzo di formazione
Formato disponibile: Brossura
ISBN: 9788832940817
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Sullo sfondo di un borgo del Sud Italia di fine anni Cinquanta, il cui cuore pulsante è incarnato da una miniera di zolfo, Enea e Ninetto, così diversi eppure legati da una profonda amicizia, trascorrono la propria adolescenza, fra le arcane credenze custodite dagli anziani, la musica della banda del paese e la poesia appresa sui libri di scuola sgualciti. Tutto a Borgo San Michele sembra cristallizzato, fuori dallo spazio e dal tempo: non avrebbero mai potuto immaginare che quell'estate li avrebbe cambiati per sempre, per volere di un destino ineluttabile che, inconsapevoli, si portavano già cucito addosso. La scoperta dell'amore e la ricerca del leggendario tesoro della “Ripa Favella” si tramuteranno in un drammatico percorso di formazione, alla fine del quale nulla potrà più essere uguale a sé stesso, nemmeno le loro coscienze.
… Mutare, cambiare pelle e poi rinascere…
Sulphur è un romanzo di formazione, una storia di amicizia tra due ragazzi, ambientata nel Borgo di San Michele, un tipico paesino del Sud degli anni Cinquanta dove il tempo scorre lento e sempre uguale scandito dal lavoro in miniera, il suo “cuore pulsante” che detta i tempi di lavoro e di tempo libero, dalle feste patronali, dalla banda musicale del Paese e dall’attesa dei fuochi d’artificio che spezzano la routine e la quotidianità.
Grandinano nuvole
sulla terra del dolore
antico. Per mill’anni facce diverse
scavate dal sole,
sempr’uguali a sé stesse,
specchiate nel sudore
della sulfurea polvere arata.
Nell’orgoglioso riso del vecchio
risuona il muto pianto
d’ogni gente passata.
Enea dalla carnagione scura e col suo inconfondibile ciuffo che aggiusta stizzosamente, veste bene, va al liceo, studia, si esprime con un “fiume di parole curate e armoniose”, ama la poesia, recita Montale e porta con sé sempre un’agendina in pelle rossa per appuntarsi aforismi, pensieri, versi. È un intellettuale, figlio della sartina del paese, cresce senza padre ed è oggetto dei pettegolezzi del Borgo.
Mentre Ninetto con i pantaloncini sdruciti, è più piccolo ma lavora in miniera dall’età dei sei anni, fa il chierichetto, suona la tromba nella banda del Borgo, e aiuta il padre coi fuochi d’artificio durante le feste patronali.
Ci era sceso la prima volta a sei anni, insieme al padre e al caporale: quasi una gita. per i primi tempi, infatti, il lavoro dei ragazzini era lo stesso di quello delle donne: venivano impiegati al Mulino e insaccavano per giorni interi, finché le loro manine morbide non si coprivano dei calli spessi e senz’anima dei loro padri, dei loro nonni e così via… La puzza dello zolfo gli era entrata nel naso quel giorno a sei anni e non lo aveva più lasciato. Non gli dispiaceva quel tanfo acre, ormai quasi non lo sentiva, ma di tanto lo sniffava più forte, perché gli ricordava i suoi fuochi d’artificio…
Enea una sera rivela a Ninetto della sua “intossicazione sentimentale” per Fortuna, la ragazzina dai modi gentili e raffinati, figlia del Sindaco, l’avvocato Italo Barberi, e di Donna Annunziata, ma diverrà off limits tra rivelazioni inaspettate e colpi di scena.
Un’estate per conoscere e conoscersi, per affrontare i propri demoni interiori: un viaggio nell’Irpinia di un tempo, un viaggio dentro sé stessi, tra presente, passato e futuro.
Le “colpe” del passato pesano sul presente dei due ragazzi e li travolgono, pur essendo innocenti, e ricadono sul loro destino che portano cucito addosso come una seconda pelle, e che cambierà per sempre il corso delle loro vite.
Ma anche sugli altri personaggi che popolano il Borgo, aleggia il peso della colpa e il destino ineluttabile che ne domina le azioni. Vesna, la zia di Ninetto, “abbondante e gioconda come una donna di Botero”, si incolpa per non aver saputo dare un figlio a zio Tonino che nella sua osteria intrattiene sempre tutti con i suoi racconti di guerra e la sua prigionia in Grecia, e dopo un bicchiere di troppo sfoga su di lei il dolore. Annina, la madre di Enea ha amato la persona sbagliata troppo lontana dal suo umile mondo, “vedova d’amore” veste di nero dall’età di 17 anni, e ora la sua vergogna ricade su Enea. Don Giovanni ha la colpa di aver amato: “profumo di donna a stemperare l’incenso, un angelo avvolto dalle fiamme dell’Inferno, a condannarlo al suo peccato”, dando vita ad “un altro errore”, “un’altra vita sbagliata”. Mentre, donna Annunziata, la madre di Fortuna, da giovane, illusa ed innamorata del giovane Barleri ne “era divenuta sua complice” e quest’ultimo in qualità di sindaco muoveva i fili e giocava con le vite delle persone per poter porre rimedio a modo suo.
Gli altri personaggi che animano il borgo sono: Agnese la “Vammana”, la levatrice del paese, il pastore coi suoi figli, il dottor Zenzo, il medico della “Grande Città”, il maestro di musica Esposito, sostituito poi da Valentino De Grazia, la discendenza della famiglia Barleri.
Approfondimento
L’incipit del romanzo di Cesare Carpenito è una storia nella storia: il ritrovamento di un’agenda con “una folle grandinata d’inchiostro”, donata qualche tempo prima da un anziano geometra amante della cultura, dei libri e della poesia e per questo soprannominato il “Professore”, che l’autore, allora giovane studente di Lettere, doveva intervistare per il giornale per cui scriveva.
Una cornice apre il romanzo Sulpur, come nello stile di Giovanni Boccaccio con la sua “commedia umana”, il Decameron. Riecheggia anche la lezione di Alessandro Manzoni che nel suo romanzo storico “I Promessi Sposi” finge di aver trovato la storia in un manoscritto anonimo e di averlo trascritto di suo pugno e come lo scrittore milanese che crede nel valore sociale e civile della letteratura, l’autore intreccia le storie personali del microcosmo del borgo del Sud alla grande Storia in cui i fatti sono ambientanti.
Inoltre, l’autore mixa sapientemente il verismo narrativo di Giovanni Verga, il realismo magico di Gabriel Garcia Marquez, il romanzo storico e di formazione “Le Confessioni di un italiano” di Ippolito Nievo, il flusso di coscienza dell’Ulysses di Joyce, nonché il suo schema Linati e gli studi di Cesare Lombroso tra scienza, antropologia e fisiognomica, che riesce a cogliere nei segni del volto la personalità ed il destino di una persona.
In tutto il romanzo Sulphur riecheggiano i versi di Cesare Pavese: “Tu sei terra. Sei radice feroce. Sei la terra che aspetta”, ma anche la sua poetica, con il mito, le opposizioni infanzia-maturità, uomo-donna, ozio- lavoro, individualismo-socialità, le forme dialettali, i periodi spezzati, e con la poesia che mette ordine nei sentimenti e nell’irrazionale. Infatti ogni capitolo è preceduto da versi in rima che calano il lettore nel “mood” della narrazione che va a dipanarsi tra versi evocativi, d’impatto, che condensano stati d’animo, emozioni, valori.
… Mano di sarta cucì la mia pelle,
oltre il frastuono di chiacchiere amare:
cento e più spilli nel cuore tradito,
lutto mendace che spense le stelle,
fuochi di luce che non sa accecare.
In questo specchio un ritratto sbiadito.
Sulphur è un affresco dalle pennellate ben definite, popolato da destini inesorabili, solitudini impenetrabili che si barcamenano tra un caleidoscopio di sentimenti e stati d’animo e colpi di scena clamorosi. Vita-morte, bene-male, giusto-sbagliato, benestanti-umili, sono le dicotomie che accendono la trama che abbonda di metafore e aggettivi, e attraverso una sintassi inconfondibile, ricercata e popolare insieme, l’autore ricrea fatti storici, tradizioni e leggende popolari, e realizza un vero e proprio paradigma dell’esistenza umana.