
Autore: Valerio Massimo Manfredi
Pubblicato da Mondadori - Setembre 2016
Pagine: 360 - Genere: Romanzo storico
Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Omnibus

📗 Acquista scontato su ibs.it
📙 Amazon (spedizione gratuita)
📗 eBook su ibs.it
📙 Versione Kindle
📙 Acquista online
✪ Le recensioni dei lettori su Goodreads
Armin e Wulf, o se si vuole Arminius e Flavus: i due figli del principe germanico Sigmer, portati ancora ragazzi nella Roma di Augusto per essere addestrati a combattere e acquisire il rango di cavalieri e, con esso, la cittadinanza romana. Un percorso di formazione e civilizzazione attraverso il quale l'Impero spera, un giorno, di piegare la resistenza dei popoli aldilà del Reno. Ma, se per Flavus l'affrancamento dalle proprie origini è un destino più che accettabile, in Arminius ribolle invece la volontà di dare unità e dignità alla nazione germanica. E' su questo recondito desiderio che saranno poste le basi di una delle più grandi disfatte militari conosciute da Roma.

Ogni tanto Tauro volgeva il capo verso Armin che non parlava e non rideva e l’anziano centurione avrebbe pagato un mese del suo salario per poter leggere nei suoi pensieri. Quel ragazzo torvo lo inquietava. Pensava che nessuna disciplina avrebbe potuto domarlo, nessuna delle meraviglie dell’Impero avrebbe mai potuto affascinarlo.
Nel territorio dei Cherusci, tribù germanica da tempo in contatti relativamente pacifici coi Romani, crescono con ambizione e vigore i fratelli Armin e Wulf, figli del principe Sigmer. Quest’ultimo è uomo tanto valoroso quanto saggio e, quando una delegazione imperiale gli si presenta chiedendogli di consegnare i due ragazzi affinché vengano condotti nell’Urbe per diventare figure di rango dell’esercito romano, seppur a malincuore acconsente. I due giovani vengono affidati al veterano Marco Celio Tauro, personaggio severo ma estremamente affascinante, che predispone per loro un’educazione ferrea ma al tempo stesso ricca di opportunità, con l’obiettivo di conformarli presto ai costumi romani senza però far perdere loro la consapevolezza delle proprie origini. I due giovani imparano in fretta, giocando un ruolo decisivo nello sventare una congiura ai danni dell’Imperatore e guadagnandosi dunque addirittura i favori di Augusto: ma se per Wulf – che ora viene chiamato Flavus – vivere come un cittadino romano è un approdo, una conquista morale e sociale a cui non poter rinunciare, per Armin – ormai conosciuto come Arminius – è invece uno strumento, un passaggio attraverso cui predisporre un diverso disegno per tornare, un giorno, ad essere un Germano.
Le strade dei due fratelli iniziano così a separarsi: Flavus ripartirà molto presto per le terre natie, mentre Arminius sarà posto al comando di un corpo di guardia alle dirette dipendenze del governatore della provincia siriana, Publio Quintilio Varo. Un’ulteriore occasione – tra le isole greche, il Medio Oriente, l’Egitto – per farsi apprezzare dalle più alte cerchie della nobiltà romana, ma soprattutto per arricchire il proprio bagaglio di esperienze e conoscenze sull’organizzazione politica e militare dell’Impero.
Lo sforzo imposto da Augusto per includere le terre aldilà del Reno tra le province di Roma, spingerà Tiberio a tornare alla guida dell’esercito. Con lui si muoverà Arminius, ormai in qualità di cittadino romano, a capo dei reparti ausiliari composti da soldati germanici. L’autorevolezza del giovane ormai fattosi uomo, il suo coraggio nell’agire in battaglia così come la sua perizia diplomatica nei rapporti tra i Romani e i Cherusci, non faranno altro che aumentarne la considerazione e il prestigio da entrambe le parti. Ma per Arminius è arrivato il momento di scegliere: una decisione covata forse fin dall’inizio del suo lungo viaggio, un sogno che sembra poter finalmente diventare concreto, ovvero unificare in una sola nazione tutti i popoli germanici, diventandone il condottiero e ricacciando l’Impero Romano fuori dai territori che lo hanno visto nascere e crescere. Comincia dunque così l’astuta macchinazione che condurrà a una delle più cocenti disfatte militari conosciute da Roma, la battaglia della foresta di Teutoburgo.
Teutoburgo di Manfredi si inserisce in un filone – quello del romanzo storico – sempre più stipato di titoli spesso di livello medio-basso, confermando invece la sostanziale qualità del lavoro, sia storico sia narrativo, dell’autore emiliano. La ricostruzione degli anni del potere di Ottaviano Augusto e dei suoi immani sforzi (in definitiva vani) per assoggettare la Germania al potere di Roma, contestualizzano perfettamente la parabola individuale di Arminius, figura inevitabilmente controversa ma forse proprio per questo da sempre fascinosa agli occhi di storici e non. A farsi apprezzare è soprattutto la capacità dell’autore di raccontare – con abbondanza di particolari ma senza pedanterie – l’articolata formazione del giovane cherusco all’interno del mondo romano: un vero e proprio cursus che lascia trasparire quanto stupefacente (e al contempo piena di opportunità) potesse apparire l’Urbe agli occhi di uno straniero. È certamente appropriata anche la scelta di preferire il realismo al pathos nella costruzione delle scene salienti del libro.
C’è comunque da rilevare anche qualche difetto: qualche descrizione dell’addestramento dei due fratelli e alcuni colloqui col centurione Tauro risultano un po’ ripetitivi e sorprende come il momento nodale dell’intera opera – quello in cui Arminius prende coscienza della propria volontà di volgere le spalle all’Impero – resti un po’ in ombra rispetto ad altre parti del testo. Teutoburgo rimane in ogni caso un libro godibile e ben concepito, un’ottima lettura sia per gli appassionati di storia antica sia per lettori più “onnivori”.
Approfondimento
Tra i tanti personaggi che popolano le pagine di Teutoburgo, il centurione Marco Celio Tauro è tra i più significativi e meglio riusciti. Il suo sviluppo prende le mosse dall’autentico veterano dell’esercito romano caduto a Teutoburgo e ricordato da una famosa lapide fatta realizzare in suo onore dal fratello Publio Celio, ma l’abilità di Manfredi è stata quella di farne un personaggio a tutto tondo, sfaccettato e completo. Il ruolo di addestratore e responsabile per Flavus e Arminius fanno di Tauro non solo una guida, ma anche una voce della coscienza per i due giovani germani, un riferimento costante nella loro formazione. Inoltre, l’esperienza di veterano, che lo rende fiero e risoluto anche nelle situazioni più delicate, è accompagnata da una penetrante capacità di comprendere la natura delle persone e una sorta di filosofica malinconia che ne nobilita l’animo e colora la narrazione con una lieve, e per questo piacevole, nota di empatia.