
Autore: Daniele Mencarelli
Pubblicato da Mondadori - Febbraio 2020
Pagine: 193 - Genere: Narrativa Italiana
Formato disponibile: Copertina Rigida, eBook
Collana: Scrittori italiani e stranieri
ISBN: 9788804721987

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Daniele, a seguito di un episodio di rabbia violenta, viene rinchiuso per sette giorni nel reparto psichiatrico di un ospedale e sottoposto a un trattamento di TSO (trattamento sanitario obbligatorio) e costretto a condividere questa cattività con cinque compagni di stanza. Ognuno, a suo modo, diverso, ma tutti accomunati dalla reclusione e dalla malattia mentale e, forse, dalla necessità di trovare un modo per raccontarsi.

Quei cinque pazzi sono la cosa più simile all’amicizia che abbia mai incontrato.
Daniele ha solo vent’anni quando si ritrova a dover condividere la camera con cinque pazienti che, come lui, soffrono di disturbi mentali. Si trova lì a causa di un episodio che avrebbe potuto causare la morte del padre, ma Daniele non è un violento, è solo un ragazzo che cerca di trovare un ordine nella vita e che cerca di spiegare agli altri di cosa ha bisogno. E lo fa sfoltendo, togliendo le parole superflue per arrivare all’unica parola che per lui ha senso, l’unico concetto al quale vuole aspirare: la salvezza
Un poco alla volta ho accorciato, potato, sino ad arrivare a una parola sola. Una parola per dire quello che voglio veramente, questa cosa che mi porto dalla nascita, prima della nascita, che mi segue come un’ombra stesa sempre al mio fianco. Salvezza. Questa parola non la dico a nessuno oltre a me. Ma la parola eccola, e con lei il suo significato più grande della morte.
Siamo nel 1984, l’anno dei mondiali di calcio americani. Fuori il caldo è torrido e lo è anche là dentro, in quella camera che Daniele sarà costretto a dividere per sette giorni con i suoi compagni di sventura. Cinque personaggi, Giorgio, Gianluca, Alessandro, Madonnina e Mario, dai quali all’inizio prende le distanze, ma che piano piano diventeranno complici, ognuno a suo modo, ognuno per quello che può, di una sorta di amicizia (in alcuni casi solo di presenza), una sorta di unione contro il disinteresse di alcuni medici, contro infermieri stanchi e alla ricerca di turni di straordinario per poter rincorrere un sogno fuori da quelle mura. O, forse, solo della complicità di chi sta vivendo qualcosa che gli altri non potrebbero capire.
Tra matti ci si dà del tu.
Tanto da essere gli unici ai quali Daniele riuscirà a leggere una poesia, cosa che finora aveva condiviso solo con la mamma e, per un periodo, con la fidanzata.
Sì, perché Daniele scrive poesie e scrivere è il suo modo di fuggire o, forse, il modo che ha trovato per evitare di essere soffocato dalle emozioni, dalle domande, da ciò che gli esplode dentro
… ma lì ho capito che la scrittura non è un gioco, ‘na noia come me l’avevano sempre insegnata, ho capito a che serve veramente, e che è l’unico mezzo che può racconta’ quello che vedo, che m’esplode dentro.
Scrive poesia, pensa e mangia biscotti al cioccolato, Daniele, non il cibo dell’ospedale, quasi a volersi concedere una coccola, a voler rimanere ancorato a quell’esterno che lo attendente, allontanandosi ancora di più da quell’ambiente che non è casa sua, perché lui una famiglia che l’aspetta ce l’ha, mentre alcuni di quei matti hanno solo la loro malattia, le loro perdite, le loro sofferenze.
Tutto chiede salvezza è scritto in prima persona, intrecciando il gergo romanesco a un linguaggio poetico. Lo sguardo di Daniele su ciò che succedere fuori e dentro di lui, è poesia; quando pensa Daniele è poeta, quando parla spesso è un ragazzo di vent’anni con le sue paure e la sua malattia.
Perché poi, come dirà Mario, il saggio del gruppo dei cinque, pazzia e poesia hanno qualcosa che le lega
Io credo che gli artisti abbiano in comune coi matti una cosa: nessuno può dirgli cosa guardare e come guardarlo, chiamala libertà se vuoi. Allo stesso modo niente e nessuno può lenire il loro dolore…
Daniele Mencarelli parte da un fatto autobiografico per parlarci di amicizia, di legami che nascono anche là dove non te lo aspetti; di come trovare un modo per comunicare sia necessario, vitale. Ci dice che, a volte, è la cattiva sorte a unire le persone, ma che l’importanza negli incontri è il saper ascoltare. Daniele, il nostro protagonista, come i suoi compagni di viaggio, si trovano a scontrarsi contro dei medici, contro la realtà dell’ospedale, che è distante, impegnata in altro, distratta e probabilmente, disinteressata e che, appunto non li ascolta…
Perché i matti, i malati, vanno curati, mentre le parole, il dialogo, è merce riservata ai sani.
…e così il dialogo si trasferisce nella camera di quell’ospedale, creando un legame forte, se pur racchiuso nella durata di quei sette giorni.
Approfondimento
È un argomento delicato quello al quale ci introduce Mencarelli, un argomento doloroso e disturbante a volte. In alcune pagine i segni dei ricordi sono dolorosi, in altre lo è il momento contingente. I personaggi hanno perso molto nella lotta con la vita e, probabilmente, non riusciranno mai a recuperare, a riportare una vittoria. Ma l’autore riesce a presentarcelo, a parlarcene, con il tocco del poeta. Di quella poesia che con una mano incide e con l’altra lenisce, accarezza. E così il lettore chiude l’ultima pagina del libro con commozione e, forse, augurandosi che a lui non debba mai toccare un’esperienza del genere. Perché come ha detto lo stesso Mencarelli in un’intervista, il seme della malattia mentale è probabilmente in ognuno di noi, svilupparla o meno, farla esplodere o meno, dipende dagli incontri che noi facciamo con il nostro destino.
Un uomo che contempla i limiti della propria esistenza non è malato, è semplicemente vivo. Semmai è da pazzi pensare che un uomo non debba mai andare in crisi.
Monia Merli