
Autore: Alessandra Sarchi
Pubblicato da Einaudi - Marzo 2017
Pagine: 165 - Genere: Autobiografico
Formato disponibile: Brossura
Collana: Stile libero big

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L’io narrante ha perso l’uso delle gambe in seguito a un terribile incidente. Attraverso il suo alter ego, Giovanna la Donnagatto, incontrata per caso, alla quale manca un piede e un polpaccio, e che lavora in un servizio di telefonate erotiche a pagamento, l’io narrante rivendica il diritto di riavere la sua vita, quella antecedente al brutto incidente, alla possibilità di danzare ancora, sfidando tutti i limiti imposti dal mondo.

Il corpo, 100.000 miliardi di cellule che sentono freddo o caldo, si ammalano, guariscono, eseguono perfette piroette e arabesque o ti bloccano in una sedia a rotelle per tutta la vita. Il corpo perfetto prima di un incidente avvenuto alla fine degli anni Novanta; il corpo rotto dopo l’incidente e al rientro di alcuni mesi trascorsi nel centro di riabilitazione spinale. Il corpo prima solo un ricordo; il corpo dopo da rieducare, capire, accettare.
La notte ha la mia voce racconta la storia di una giovane donna che il giorno prima è padrona del suo corpo e quello dopo dipende totalmente da medici, infermieri e parenti. Alessandra Sarchi ha scelto la scrittura per raccontare cosa significhi essere acculata in una sedia e quale mezzo migliore per liberarsi, catartizzarsi da un immobilismo non voluto, doloroso, difficile da accettarsi.
La terra, l’aria, l’acqua sono i tre elementi che danno il nome alle tre sezioni del romanzo della Sarchi e sono il simbolo del cerchio della vita: dalla “normalità” di una vita intensa, alla smaterializzazione, la perdita dell’uso delle gambe e con esse di se stessa, alla riappropriazione del proprio corpo e quindi alla normalità, al compagno, alla figlia, al lavoro e agli studi. E il significato profondo di questo romanzo intenso, emozionante, è racchiuso nel titolo: La notte ha la mia voce. La voce di Donnagatto, che appare e scompare, della quale conosciamo prima solo una voce suadente, dopo un’amicizia prorompente che stupisce l’io narrante, ma che le dà il coraggio e la forza di andare avanti. E la notte con il buio, il mistero, racchiude gli incubi ma anche i sogni, diventa, insieme alla voce, un tema dominante, onirico. E non è assolutamente un romanzo sull’apparenza perché anche gli arrovellamenti sui corpi perfetti di Kate Moss, Nurajev o McEnroe sono proiezioni delle loro agilità e abilità, delle loro performance fisiche.
Solo attraverso la ricerca forsennata e dolorosa delle gambe (affusolate, lunghe, strette, lucide, morbide, sui tacchi, sulle punte, stese, piegate, rigide, tremolanti) l’io narrante riesce a scorporare la sua anima, il pensiero fisso e aggrapparsi alla vita, a una nuova vita. Alessandra Sarchi come solo lei sa fare, può fare, ci narra di disabilità con tutta la crudezza, durezza, senza pietà alcuna, in maniera coinvolgente ed emozionante: la disabilità è un lusso consentito solo a chi vive in una società opulenta e sana.
Approfondimento
In La notte ha la mia voce, con una scrittura raffinata e veloce, Alessandra Sarchi ci racconta di sé stessa, della sua morte corporale, della sua profonda sofferenza, del suo desiderio di vivere, superando ogni tipo di barriera, di come ci è riuscita. La sua voce è la voce di tutti coloro che hanno avuto tarpate le ali eppure sono riusciti a volare, meglio di prima, più di prima.
Spenta la televisione, sono andata a cercare una mia fotografia risalente a una decina di anni prima. Sapevo di averla messa in un raccoglitore, sotto una pila di libri, ma era così ben nascosta che ci ho impiegato un po’ a ritrovarla. Questa foto chiude, per me, il XX secolo. Scattata mentre salivo le gradinate del Teatro greco di Taormina, all’inizio di luglio 1999, è l’immagine di una me stessa intatta, in moto, libera. Sono ripresa dal basso, i polpacci spingono verso l’alto, verso gli spalti da cui potrò ammirare meglio la scena e il pendio che dal teatro corre al mare, la schiena scoperta è uno specchio di sole. Sono inerme come può esserlo chi ha fiducia nella vita. La testa piegata di lato, con i capelli raccolti e mossi dal vento, mantiene la concentrazione facile della felicità: questo è uno di quei giorni che ricorderai come perfetti, ammesso che la perfezione possa essere ricordata.