
Autore: Marcello Simoni
Pubblicato da Einaudi - Novembre 2016
Pagine: 330 - Genere: Thriller storico
Formato disponibile: Brossura
Collana: Stile libero big

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Due congregazioni rivali, la Congrega dell’Indice e la Compagnia di Gesù, qualcuno morto in circostanze misteriose e un’indagine complicata che risveglia il passato di Svampa. Qual è il filo conduttore di tutto? Perché il passato è così importante?

Roma, 18 dicembre 1624. Fra’ Girolame Svampa viene chiamato per indagare sulla morte atroce di un componente della Congrega dell’indice. Arrivato sul posto insieme a Cagnolo, il Bravo che lo segue sempre, trova la povera vittima schiacciata fino ai fianchi sotto al torchio. Da una parte spuntavano solo le gambe. Tutto intorno erano sparpagliate le pagine di un libro e alcune spuntavano anche dalla bocca, aperta fino a slogare l’osso, che spuntava dalla parte opposta del torchio.
Il giorno dopo Svampa andò a parlare con Padre Francesco Capiferro, per capire se la vittima fosse domenicana come loro o un infiltrato della Compagnia di Gesù che iniziava ad acquisire sempre più terreno nella congregazione di inquisitori. A Capiferro quella domanda non piacque e arrivò a mettere in dubbio la presenza di Svampa, che però era stato incaricato direttamente dal Maestro del Sacro Palazzo.
La vittima è Pietro Rebiba, ucciso nella stamperia di Alessandro Zanetti, in quel momento deserta perché tutta la famiglia, servitù annessa, era alla veglia funebre di Zanetti, morto per malattia due giorni prima. Il compito di Rebiba era quello di valutare i testi in pubblicazione, praticamente la censura, e i fogli ritrovati erano un libretto anticlericale stampato su carta scadente, con inchiostro di pessima qualità e con testo grossolano.
Indagando nella casa di Rebiba, Svampa scopre anche un manoscritto di magia che sarebbe dovuto essere consegnato direttamente all’inquisizione, non essendo compito della Congrega dell’Indice perseguire la magia. La domanda è: perché Rebiba se lo è tenuto?
E mentre Svampa indagava nei piani alti, Cagnolo lo faceva per le strade, e scoprì che un figuro che si dichiara il Capitan Spaventa è il colpevole dell’omicidio, ma nessuno sa chi sia questo personaggio. Inizia così un’indagine intrecciata condotta da Svampa e Cagnolo, per scoprire il colpevole, e da Capiferro per capire come mai si sia trovato Svampa tra i piedi.
Posò la lanterna sul pavimento cosparso di segatura e xilografie sbiadite, osservando le cinque zampe di legno che salivano fino al pianale intarsiato e, sopra di esso, il gioco di travi, corregge e molinelli che davano forma al torchio. Benché fossero in molti a maledire quel genere di ordigno, la Babele da cui si erano propagate le dottrine di mille Lutero e Simon Mago, lui non l’aveva mai inteso uno strumento del diavolo. Eppure era da lí che spuntavano le gambe della vittima, quasi in procinto di essere divorate insieme al resto del corpo.
Nonostante le modalità della morte siano molto diverse, l’avvenimento ne Il marchio dell’inquisitore non manca comunque di ricordare moltissimo l’inizio del romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco. Le similitudini si ritrovano sia per quanto riguarda l’ambiente, le credenze della gente e la tipologia della morte, sempre legati alla stampa e al binomio torchio-macchina del diavolo.
– Il sospetto è per definizione una dubitatio incerta, – decretò, – ovvero un abbaglio fondato sull’intolleranza, sull’ottusità e sui luoghi comuni. Una contraddizione in termini, invero, di cui nessuna autorità dovrebbe tener conto se non per proferir scempiaggini.
Da notare le descrizioni molto minuziose dei personaggi, in questo caso di Svampa, da cui traspare perfettamente tutto il suo orgoglio, il suo sentirsi superiore a tutti, provocando anche un senso di fastidio nel lettore, che anche se in questo caso in negativo, instaura comunque un rapporto empirico con il personaggio.
Stravolto dal dolore… Oh, quel morso infuocato alla base del collo! Allontanò il ricordo con un gesto irritato, ben conscio che al momento opportuno avrebbe dovuto affrontarlo. Finché ci fosse stata l’indagine, tuttavia, meglio il chiodo scaccia chiodo alla soluzione estrema, quella contenuta nella boccetta che l’avrebbe sprofondato in meandri ancora più intricati.
Pur non dando minimamente nessun indizio chiaro, Marcello Simoni riesce a incuriosire il lettore inserendo ogni tanto nella narrazione frasi e paragrafi pieni mistero, che alludono a fatti e cose non chiare, lasciando tutto sottinteso, come se si trattasse di argomenti conosciuti e già trattati, ma che invece saranno il nucleo intorno al quale la storia inizierà a girare, portando il lettore a uno stato di confusione, curiosità e aspettativa parecchio alta.
Approfondimento
Il marchio dell’inquisitore è un romanzo che denota, come in tutti i romanzi di Simoni, un accurato studio da parte dell’autore degli argomenti trattati. Una storia ben sviluppata che coinvolge e trasporta il lettore indietro nel tempo, e che anche se utilizza passi che ricordano altri romanzi, riesce in ogni caso a essere innovativo e interessante come sempre.