
Autore: Joan Didion
Pubblicato da Il Saggiatore - Giugno 2016
Pagine: 322 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: La cultura

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✪ Le recensioni dei lettori su Goodreads
Lily, Everett, Martha, Ryder, ognuno nel proprio mondo quasi avulso da tutti gli altri microcosmi intorno. Potrei affer-mare che questo sia un romanzo senza protagonisti perché ognuna delle figure che entrano in gioco è un mondo im-perscrutabile, fragile e incattivito al tempo stesso, pronto a difendersi anche a costo della propria vita.

Esprimi un desiderio e poi realizzalo e se decidi di essere la più felice puoi esserlo.
Quando Walter parla così a sua figlia Lily, vorrebbe che lei crescesse libera di scegliere e caparbiamente intenta a trovare il suo posto al sole nel mondo. In realtà Lily cresce con l’amara e allo stesso tempo compiaciuta convinzione di essere fragile, straordinariamente fragile. Lily incontra, in tenera età, Everett e da subito lo apprezza per la sua educazione e le complete assunzioni di responsabilità per le scivolate sociali di sua sorella Martha. Col tempo si scoprirà un Everett non molto dissimile da Lily: un uomo fragile, incapace di affrontare la realtà, un uomo che si arruola come soldato e non si fa vedere per mesi per evitare qualsiasi responsabilità, un uomo che affronterebbe qualunque cosa (anche la paternità di un figlio non suo) pur di non perdere quel labile equilibrio domestico che lo tiene ancorato alla pacatezza della vita familiare.
Ma la vita familiare non è solo pacatezza, è anche affronto di responsabilità, prese di decisioni che non fanno parte neanche lontanamente di Everett. Everett è un uomo che nasconde la testa sotto la sabbia, un uomo con la tenue illusione che rinchiudersi nel suo ranch lo possa proteggere dal mondo e che possa farlo sentire, almeno lì, il leone che non è mai stato.
Run river è un libro intimo che racconta di un melodramma familiare alla deriva fin dalle prime battute. Il romanzo è scritto con la classica tecnica del flashback e rielabora tutta la storia delle famiglie McClellan e Knight nel susseguirsi delle pagine. È un romanzo introspettivo e personale. Lo stile è ermetico e sibillino. Personalmente non ho apprezzato né lo stile né il modo in cui si porta il lettore alla conoscenza della storia.
Run river è il romanzo d’esordio della Didion, ma questo non giustifica, a mio avviso, il modo di scrivere, che ho trovato oltre che semplice anche fuorviante e grottesco.
Approfondimento
Tutti i personaggi che fanno la loro comparsa nella storia danno dapprima l’impressione di avere, ognuno a suo modo, personalità e carattere; in realtà con il procedere delle pagine si scopre che tutti (nessuno escluso) hanno un unico punto in comune: la mediocrità. Nessuno di loro dimostra di avere la benché minima idea di cosa voglia dire vivere e non sopravvivere. Ciascuno di loro si accontenta di ciò che ha senza neanche provare a inseguire o a combattere per qualcuno o qualcosa. Tutto scorre inesorabile, le stagioni e i raccolti del luppolo come le vite. Finanche Everett si sentirà dire dal figlio: Stai pure seduto qua come hai sempre fatto e non prestare attenzione a niente di ciò che accade. Anzi, fai finta che non esistiamo. Resta seduto mentre ritirano la patente a tuo figlio e tua figlia si ubriaca e fa il bagno nuda con chiunque.
Everett di fronte ai malesseri di Lily e di Martha riesce solo a consigliar loro di partire. Walter, papà di Lily, concorre senza troppo entusiasmo per la carica di governatore, che perderà. Sarah, altra sorella di Everett, è per sua scelta lontana fisicamente e mentalmente da tutto ciò che succede a Sacramento. Joe Templeton accetta senza troppe remore il vizio di bere di sua moglie Francie e, anzi, se ne prende cura amorevolmente. Francie, intanto, accetta che suo marito consoli Lily durante l’assenza di Everett e che lo stesso faccia con Martha. Addirittura Lily, dopo aver sentito il primo colpo, aspetterà in silenzio che Everett si spari il secondo decisivo colpo per raccontarlo come un brav’uomo.
Run river si chiude con una riflessione: lascialo fare. Forse la cosa più difficile, la cosa più importante che si potesse fare per qualcun’altro era lasciarlo fare; era forse il solo atto incondizionato, l’atto d’amore.
Siamo sicuri che “lasciare fare” anche quando la vita intera sta andando a rotoli sia la scelta migliore? O è forse la scelta più comoda, quella indolore, quella che non sposta di un millimetro la poltrona di sicurezze su cui siamo seduti? Forse decidere e rischiare implica una perdita, ma anche un arricchimento; forse prendere in mano le redini della propria vita è faticoso, ma quale sarebbe diversamente il nostro senso?
Adele Marra
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