
Autore: Pietro Vaghi
Pubblicato da Salani - Settembre 2015
Pagine: 314 - Genere: Young Adult
Formato disponibile: Brossura
Collana: Romanzo

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Stefano un adolescente alle prese con la separazione dei suoi genitori, un fratellino e un nonno ai quali badare e poi c'è l'amore, quello che cerca è quello vero e non sa se esista davvero.

Ho paura di scoprire cosa penso veramente di loro. E se neanche i miei ce la fanno, forse allora l’amore, per quel poco che avevo capito, non esiste. Forse è davvero una cosa d’altri tempi.
Stefano è un sedicenne pieno di fragilità, con il sogno di innamorarsi, ma davvero, al contrario di molti suoi coetanei. Scritto sulla mia pelle si apre nel punto più critico della sua vita, quando i suoi genitori si separano, momentaneamente dicono, senza spiegargliene i motivi. È la paura di perdere la sua famiglia, quella di non poter più tornare alla normalità, quella di non voler cambiare.
Eppure l’adolescenza è il periodo dei cambiamenti maggiori e nel romanzo vengono evidenziati con delle fasi successive, non a caso il libro è diviso in tre parti: l’infanzia (famiglia unita, ricordi felici e consapevolezza che non tornino più), l’adolescenza (crisi delle certezze, domande, dubbi, fuga da casa, non sopportare i genitori), la maturità (capire quello che accade, cambiare le cose nel possibile, meno illusioni). Il protagonista evolve impercettibilmente con l’aiuto degli amici, di quello che lo fa sentire bene come lo sci, dei consigli e delle esperienze.
Il linguaggio è scorrevole, segue i pensieri del protagonista di Scritto sulla mia pelle e ci trasporta in un mondo fatto di incertezze, divertimenti, fughe da casa, ma anche di responsabilità che i figli nutrono nei confronti dei genitori e di quanto spesso siano proprio questi ultimi ad avere le maggiori fragilità.
La perdita di una famiglia unita, è sempre un trauma, il fatto di perdere dei punti di riferimento importanti come i genitori, vederli con nuovi occhi, porta ad avere un nuovo rapporto a ricostruirne le basi per poter andare avanti.
La famiglia è parte di noi, anche se cambia la struttura, non cambiano i sentimenti, quelli restano sulla pelle e non c’è modo di cancellarli, a questo fa riferimento il titolo del romanzo: ci sono cose che non possono essere cancellate, qualcosa di buono resta e tra due persone che si sono amate, sono i figli la cosa importante.
Quello che mi ha colpito di più è stata la delicatezza con la quale Pietro Vaghi tratta dei temi difficili, facendo capire la difficoltà dei personaggi, ma senza drammatizzare troppo, cercando sempre una via di uscita alle situazioni tragiche, trovando anche espedienti quali lo sport o la saggezza del nonno che riescono a tirare fuori Stefano dalla crisi più nera.
Non è facile raccontare i pensieri di un adolescente e Vaghi ci riesce nella maggior parte dei casi. Ci sono delle parti, devo essere sincera, che non trovo ben curate e potevano avere maggiore attenzione, come l’incontro dei genitori sulla spiaggia o la lite con il cugino Giulio. Ho trovato il ritmo narrativo un po’ altalenante, per esempio mi sono quasi emozionata in una parte centrale per poi ricredermi subito dopo per un dialogo che non funzionava molto.
In generale il romanzo ha una motivazione di fondo ben precisa, si regge su un messaggio positivo e ben chiaro fin dall’inizio che è quello di crescere anche nelle brutte esperienze, di trovare una strada per affrontare la realtà, di non restare a guardare quello che succede, ma cercare di cambiare anche a costo di sbagliare, di dare una mano e di guardare i lati positivi.
Essere genitori è anche una crescita, sono loro spesso ad appoggiarsi ai figli, a cercare in loro un motivo per andare avanti e l’adolescenza fa capire quanto si possa anche odiarli, ma loro ci sono in ogni modo e non si possono cancellare, quindi è meglio dialogare con loro che fargli la guerra.
Approfondimento
Il linguaggio è semplice, in fondo il narratore è un sedicenne e non potrebbe essere altrimenti per rendere realistica la storia. Lo stile è leggero, mai banale, ma spesso tocca emozioni profonde e si riesce ad entrare in empatia con il protagonista. I periodi sono brevi, sintetici.
La divisione del romanzo in tre parti l’ho trovata coerente e anche funzionale alla trama stessa del romanzo, perché dall’inizio ci indica il cambiamento del protagonista e specifica l’obiettivo stesso del finale. Il messaggio risulta chiaro, evidente: per cambiare le cose è necessario darsi da fare, ma se non avviene come previsto, il non abbattersi è segno di crescita, di maturità.
L’adolescenza è raccontata da un autore che sta a contatto con i ragazzi per il suo lavoro quotidiano e questo traspare perfettamente all’interno del romanzo. Quello che non mi è piaciuto molto è l’ultima parte, che ho trovato troppo affrettata nella conclusione e non avere esplicato maggiormente alcune problematiche come quelle del personaggio di Elisa. I dialoghi sono frequenti, quelli con il nonno sono molto toccanti e quelli con Serena funzionali alla trama, purtroppo non mi sono piaciuti quelli con Elisa che ho trovato brevi e ripetitivi. L’ho trovato un romanzo con un target molto mirato, quello dei giovani e non mi sentirei di consigliarlo a tutti, ma non per questo non può essere letto anche da adulti che molto spesso hanno bisogno dei figli per trovare un giusto consiglio, come avviene nella storia.
Gloria Rubino
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