
Autore: Gaia Manzini
Pubblicato da Mondadori - 31 gennaio 2017
Pagine: 248 - Genere: Narrativa Contemporanea

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Dopo la morte di sua moglie, Ivano, ingegnere milanese sulla sessantina, apprende una verità che non avrebbe mai potuto immaginare. Questa rivelazione e insieme il viaggio a Santo Domingo dal fratello, aiuteranno Ivano a trovare una forza che credeva di aver perso e di ricominciare una nuova vita, iniziando con il ricostruire il rapporto con sua figlia.

Ivano ha sempre condotto tutto sommato una tranquilla vita borghese: una bella famiglia e una bella casa ottenuta grazie al suo lavoro da ingegnere e progettista; un piccolo mondo perfetto e apparentemente senza una crepa. Con la morte di sua moglie Sofia questo mondo crolla e lui rimane solo, chiedendosi cosa ne sarà di lui ora che questa figura con la quale ha passato anni della sua vita non c’è più. Ivano decide così di andare a trovare suo fratello a Santo Domingo e sull’isola incontra una donna che lo attrae moltissimo, una vicina di casa che passa lì solo tre mesi l’anno: Liliana.
Liliana è intrigante e spontanea, tuttavia Ivano sente che qualcosa non va e lo intuisce dai comportamenti del fratello che all’improvviso gli appare schivo e distante, nonostante tra loro ci sia sempre stato un rapporto di complicità. Sarà qui che Ivano verrà a conoscenza non solo di alcuni lati del fratello che non conosceva, ma soprattutto di un segreto riguardante il passato che viene a mettere in discussione tutta la sua vita, tutto quello che ha costruito, facendogli dubitare dell’immagine di sua moglie che è sicuramente la figura più enigmatica e controversa del romanzo. Ma nonostante tutto stia per cadere a pezzi, in queste macerie Ivano sembra trovare una fonte di speranza: ha la possibilità di prendere in mano la propria vita e partire da zero, cominciando dal ricostruire il rapporto con sua figlia Anna: “Quale parte di Sofia aveva amato di più? Quella che aveva avuto sotto gli occhi o quella che si sottraeva? La sua natura enigmatica aveva reso enigmatica anche la loro vita insieme. Insolubile. Ma adesso Sofia non sarebbe più stata la misura della sua vita. Lo faceva per sé stesso, per tutti i giorni che aveva ancora davanti.”
Approfondimento
Come suggerisce il titolo del libro di Gaia Manzini la luce è l’elemento fondamentale del romanzo. Ma lungi dall’essere un elemento rivelatore, come vorrebbe la simbologia classica, questa è più una luce che acceca e che fa brillare le cose ma non le svela; è una luce ingannevole che dà una visione incompleta delle cose. È un po’ la storia della vita di Ivano e del rapporto con sua moglie, un rapporto fatto di luce ed ombre. Ma questa luce non colpisce solo gli oggetti e situazioni, ma anche le persone; la luce le investe e le mostra in tutta la loro fragilità, rivelando le maschere che ognuno necessariamente porta nella vita di tutti i giorni. I due temi centrali del romanzo sono sicuramente quello del rapporto di coppia e della paternità, quella che un uomo tenta di riscoprire dopo aver visto tutte le sue certezze sgretolarsi. Per descrivere i suoi personaggi l’autrice indugia moltissimo sui particolari, passando da un odore alla descrizione di una ruga o di un accessorio “[…] Sembrava una di quelle donne che si portano dietro la primavera tutto l’anno: la pelle biscottata, i capelli sempre vaporosi e lo sguardo che tratteneva una luce calda, quasi gialla. Donne che non vivono l’inverno”.
Anche gli interni sembrano essere espressione delle personalità dei personaggi: “Ogni oggetto acquistato evocava un mondo. C’era la sensualità di una lampada rossa, la spensieratezza di un tappeto verde, l’eleganza sgargiante di una poltrona di broccato. Citazioni, accenni a possibilità di vita, una specie di approccio cubista all’arredamento. E all’esistenza”.
Un posto privilegiato nella narrazione è sicuramente occupato dalla città di Milano, descritta dallo sguardo amorevole dell’autrice che vi scorge un luogo ricco di possibilità e rivelazioni:
“Una città antica, elegante e nobile, che in alcuni punti si faceva decrepita, abbandonata, occupata abusivamente, e che comunque ne custodiva un’altra rinascimentale […] e poi un’altra ancora, romana, vecchia millesettecento anni, con le sue torri, il circo, i rimessaggi per i carri, o quello che ne rimaneva, resti che sbucavano dai glicini, da muri di cinta, da cancelli, e che non notava nessuno. Una città dentro l’altra. La città a cui piacciono i segreti. Che non ostenta, ma cela. La amava. E la considerava un posto senza tempo, come lo sono le cose ordinarie e un po’ anonime che si trovano ovunque, sempre, in qualunque vita, e di cui non si può fare a meno”.
Ultima la luce di Gaia Manzini è un libro intrigante e scorrevole grazie alla scrittura delicata ma non per questo meno efficace dell’autrice che sa accompagnare il lettore per mano per tutta la narrazione.
Michela Valente
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