
Autore: Michele Paggetta
- 2017
Pagine: 112 - Formato disponibile: Cartonato

📗 Acquista scontato su ibs.it
📙 Acquista online
La fotografia e la scrittura hanno qualcosa in comune. Entrambe catturano dei momenti eppure sembra che vogliano farlo in maniera complementare. Se attraverso la descrizione con parole possiamo immaginare personaggi e luoghi usciti dalla penna dello scrittore al punto da “vederli”, attraverso la fotografia possiamo valutare in forma diretta forme, colori, ombre, insomma vedere realmente con i nostri occhi personaggi, oggetti o luoghi attraverso gli occhi di chi li ha fotografati e impegnarci così in un percorso inverso: tentare di immaginare ciò che l’artista ha prima visto poi scoperto e infine vissuto confrontandolo con la nostra personale percezione e sensibilità. Questi momenti, di cui parlavo all’inizio, catturati dalle parole come dalle fotografie si chiamano storie. Piccole storie. Forse piccole. Perché dietro ad una foto può distendersi una storia lunghissima, una strada che conduce lontano per poi ritornare a noi. Le storie tornano sempre.
Il libro di cui vi parlo oggi è Street Photographer di Michele Paggetta, fotografo itinerante appassionato di street photography. Si tratta ovviamente di un libro fotografico che espone fotografie scattate con la tecnica tipica della fotografia cosiddetta di “strada”. Come avrete modo di leggere in questa recensione la realtà presentata senza filtri, la spontaneità che da essa emerge, il senso del movimento negli scatti, l’espressività dei visi e più in generale della postura del corpo umano saranno “l’obiettivo” attraverso il quale potrete portare in primo piano storie vere, casuali, storie dietro l’angolo, semplici e toccanti. E se un bravo street photographer deve trovarsi al posto giusto al momento giusto senza preoccuparsi di null’altro, come io credo, Michele Paggetta, dopo aver scelto un ambiente a lui caro, Firenze, vi è riuscito dando vita a un cartonato denso di significato umano. E ora vi spiegherò come ha fatto.
Street Photographer è un volume il cui intento artistico è comunicare la diversità e la molteplicità dell’essere umano proponendolo come un valore. Vedrete scatti che ritraggono non solo la Signora città ma anche le numerose realtà che si muovano al suo interno. Possiamo definirle come una sorta di matrioske contraddistinte dallo status sociale economico e culturale, da una differente etnia, o semplicemente da un atteggiamento e modo di porsi alternativo. Matrioske racchiuse, magari, una dentro l’altra in pochi metri davanti alla Galleria degli Uffizi. Qualcuno col biglietto, qualcuno senza.
Non farete a meno di notare il forte contrasto fra ambulanti e boutique, fra la miseria ciondolante e l’ammirazione dei turisti per i grandi monumenti. La felicità vestita con pezzi vintage, quella che ormai pochi si possono permettere, che luccica e passa davanti a tutti: un’auto degli anni ‘50 porterà gli sposi da qualche parte a festeggiare lontano dal centro popolato da artisti di strada che cercano di sbarcare il lunario.
La città è un teatro, vanno in scena una commedia e un dramma in contemporanea, immancabilmente fotografati da chi forse entrambi poco li capisce ma sente la necessità di avere la prova, la tangibilità stampabile di avervi assistito. Un altro tema cardine della fotografia di Paggetta è l’impatto delle nuove tecnologie utilizzate per scattare fotografie sulle nuove e vecchie generazioni. Smartphone, reflex, compatte digitali, mirrorless, il tutto portato a spasso ovunque, mescolato alla storia, alle arti, al solenne. Tutto può essere immortalato e portato a casa. Così nasce, semplificando, la street photography e dunque questo diventa anche un libro che parla di se stesso, della sua stessa storia.
Uno dei meriti di Paggetta è stato quello di svelare attraverso un set di fotografie quanto le realtà che trovano spazio all’interno della città dipendano da un glorioso passato, dall’arte fiorentina.
I venditori ambulanti, i senza tetto, gli artisti che disegnano con i gessetti sul pavimento, i musicisti, i giocolieri, i paninari, i nulla facenti, i viaggiatori, gli studenti: questo insieme che si amalgama in qualche modo si chiama Firenze. Potrete osservarlo. Sfoglierete storie fatte di dettagli, vissute da persone. La vostra curiosità e “l’obiettivo” di cui ho scritto in precedenza potrebbero farvi cambiare idea su qualcosa.
Approfondimento
Dal punto di vista più tecnico posso osservare che non esiste un ordine di inserimento nelle fotografie, o per essere precisi non in tutto il libro, come non vi è un taglio fotografico studiato. Manca la ricerca della perfezione, la maggior parte delle fotografie appaiono del tutto casuali e quasi certamente lo sono. Di conseguenza anche la qualità fotografica a volte ne risente, sia a motivo della sfocatura conseguente al movimento dei soggetti sia a motivo dell’utilizzo della fotocamera del cellulare per lo scatto. È noto che i telefoni in alcune condizioni di luce o a causa dei limiti dei propri sensori possano far perdere qualità alle foto. Questo è un “difetto” programmato che conferisce agli scatti un forte potere evocativo.
C’è del comico, del giocoso e del paradossale nel contatto tra l’arte immobile e le persone in movimento. Il fotografo coglie il lato folkloristico di una città in festa, che chiede a chi può dare, e al contempo egli conferisce valore e dignità al sentimento della pietà. Alcune fotografie sono di un realismo spiazzante, nei segni dei volti, della pelle delle mani, nella sporcizia annidata nelle pieghe. Tra valigie, zaini da viaggio, borse da shopping, sacchi che contengono attrezzature da disegno, tra ombrelli da vendere e bastoni per i selfie Michele Paggetta esalta ciò che resta a Firenze, ciò che ci resta: la varietà dei sentimenti umani, la forza della diversità anche quando questa genera fragilità, lo stupore, l’indifferenza. In ogni caso, comunque, un modo di stare al mondo.