Alessandro Campi, Chiara De Servi, Cristina Mussinelli e Karen Nahum sono gli ospiti di questo incontro. Sono tutti importanti esponenti dell’editoria per ragazzi e con loro abbiamo cercato di approfondire come l’Italia, ma in generale anche gli altri paesi, stanno affrontando la svolta editoriale verso il digitale.
Alessandro Campi, Responsabile del dipartimento digitale della Giunti, parla degli obiettivi ma anche dei problemi da affrontare lungo questo nuovo percorso.
La loro è una visione mista del mondo digitale, che riguarda bambini e genitori. Bisogna offrire un prodotto dotato di senso, che sia ludico. Non importa che predomini il gioco o meno, l’importante è che possegga una solidità pedagogica. Ma bisogna stare bene attenti a non far diventare il digitale una sorta di babysitter del nuovo millennio. Oggi i genitori sono disorientati dai prodotti digitali e molti li lasciano in mano ai propri figli con troppa leggerezza. Anche loro, insomma, hanno bisogno di essere educati. Esistono piattaforme che propongono una rosa di contenuti, ma meglio i siti di riferimento in cui vengono fatte le recensioni degli stessi. Una piccola tendenza delle startup che ha preso piede negli Stati Uniti, sono le piattaforme per bambini che permettono di provare e sperimentare alcuni prodotti.
Chiara De Servi, Strategic Parter Development Manager per la Google Play Books, parla dello spaccato statunitense. Notizie positive per quanto riguarda i bambini tra cui i device sono molto diffusi. Positiva anche la propensione dei genitori all’acquisto di prodotti multimediali di qualità, ma non sanno riconoscerli o dove comprarli. Per questo stanno lavorando sia a uno spazio digitale dedicato ai bambini che suggerisca ai genitori dove andare, sia a degli account famiglia che possano rendere i genitori più sicuri nell’acquisto. Questo aiuterà sicuramente il mercato digitale.
Per quanto riguarda il digitale in ambito scolastico in Italia, essendo qualcosa di nuovo e diverso, imporrebbe un cambiamento all’insegnamento, affinché si adegui alla nuova realtà.
Il ministero ha chiesto agli editori un libro multipiattaforma, multidevice e accessibile a tutti i bambini. Molti soldi sono stati spesi dagli editori nonostante agli insegnanti andasse bene anche un pdf da sfogliare. Quindi da alcune case editrici è stato realizzato un prodotto straordinario, ma i download da parte di insegnanti e famiglie risultano molto deludenti. Il motivo è semplice: il libro digitale non è il punto di partenza per una rivoluzione digitale della scuola, è il punto di arrivo. Deve prima esserci un nuovo metodo di insegnamento, lavorando sul processo, non solo sul prodotto editoriale. Quindi una nuova metodologia didattico-progettuale. Come sulla famiglia cerchiamo di fare education per indirizzare il consumo digitale dei ragazzi, bisogna farlo anche sugli insegnanti.
Cristina Mussinelli, uno dei giudici dei Digital Awards di Bologna, ci racconta di come in un campione di 1500 app per bambini, solo 2 siano state selezionate in quanto pienamente soddisfacenti. È necessaria una qualità della storia e di una didattica editoriale. Le app migliori sono quelle sviluppate in gruppi di lavoro misti attenti alla qualità di tutti gli elementi: gestire le interazioni, considerare i feedback per il bambino, audio e video curati. Insomma, lavorare in gruppo con competenze trasversali.
Ma qual è la migliore strategia per muoversi con efficacia e aumentare i download?
Sarebbe fondamentale prestare una particolare attenzione ai metadati, inserendo il prodotto nella categoria merceologica corretta. Anche degli esplicativi screenshot farebbero la differenza o il semplice mettere in evidenza se un’app è multilingue. Questi e molti altri consigli vengono elencati nella Guida on line per gli sviluppatori di Google Play.
Paolo Giovine è il Fondatore e Amministratore Delegato della PubCoder, un’app per la creazione di un libro digitale da zero. È stata selezionata tra le startup presenti al Salone del Libro di Torino del 2014. Giovine ha stretto circa un anno fa un sodalizio con la De Agostini, la cui rappresentante di oggi era Karen Nahum. La prima versione del PubCoder era in inglese, poiché non vi era nessuna ragione economica per fare diversamente, ma oggi lo troviamo anche in altre lingue. Viene visto come un prodotto non strettamente locale, anche perché al giorno d’oggi le barriere tecnologiche sono molto basse. Lo stesso vale per i costi, con una media di 30 dollari al mese per una piattaforma. Digitale significa più veloce, economico e semplice.
Per concludere, tutti gli ospiti hanno convenuto su un punto: il digitale sarebbe molto utile per l’integrazione degli extracomunitari e di chi in generale non conosce l’italiano. Quindi lo sviluppo multilingue di qualunque prodotto è essenziale a livello di approccio culturale.
Elisa Conigliaro