Io invece sogno molto – disse Cidrolin – Sognare è molto interessante.
La storia può essere divertente come un gioco, può trasformarsi in un entusiasmante intreccio di tempi e luoghi, in un presente continuato dove l’allegoria del futuro e la polvere del passato si sovrappongono in un sogno confuso, indecifrabile e un po’ folle.
Partendo dalla citazione platonica il sogno in cambio del sogno, che Raymond Queneau colloca in apertura di quest’opera sorprendente, I fiori blu si diramano in un apparentemente assurdo succedersi di visioni, di fatti storici, di metafore, di brillanti giochi di parole che svelano il passato e i suoi personaggi illustri.
Lungo due paradossali linee parallele, che finiranno poi per incontrarsi, procedono le storie sognate da Cidrolin e dal Duca D’Auge che, in un continuo scambio di identità, pare riescano a vivere solo nei reciproci sogni. Cidrolin, ex detenuto innocente, vive in una chiatta ancorata sul fiume, e passa il suo tempo tra un pernod e l’altro, cancellando dalla sua staccionata anonime scritte infamanti e intrattenendosi in complicate conversazioni con i passanti, le figlie e una sorta di cameriera/fidanzata.
Ogni volta che sprofonda nel sonno, il tempo retrocede di circa 4 secoli ed entra in scena il Duca D’Auge, impegnato in un avventuroso viaggio verso Parigi per evitare le crociate.
Nei sogni del malinconico e disilluso Cidrolin, il suo nobile alter ego onirico avanza nel tempo, lentamente ma a intervalli regolari (dopotutto Queneau era affascinato sia dalle parole che dai numeri), ed incontra vescovi, abati, alchimisti e cavalieri, discorre di filosofia con il proprio cavallo, si dichiara amico di Gilles De Rais e di De Sade e, dopo la presa della Bastiglia, magicamente parcheggia automobile e roulotte a pochi metri dalla chiatta del suo sognatore.
L’incontro tra Cidrolin e il Duca, che assume le tinte di un noir, tra fughe, agguati, lotte, vendette e amore, appare come un’improvvisa materializzazione dei paradossi della storia. Non sapremo mai chi dei due sognava l’altro, ma capiremo come la storia si ripeta tra guerre e giochi di potere, confermando la naturale idiosincrasia di Queneau verso ogni forma di oppressione e di ingiustizia.
Un classico insuperabile e sempre attuale, reso ancora più appassionante dalla magistrale traduzione di Italo Calvino, che ha saputo trovare la perfetta versione italiana per gli intricati labirinti di parole dell’originale francese.