Da qualunque parte stai c’è un resto con cui hai a che fare. In economia, in politica, in medicina, nell’industria. Dal tuo panettiere di fiducia. Tu prendi del resto del suo pane, lui prende del resto dei tuoi soldi. Questo non è un ragionamento semplicistico, perché si applica anche alle più alte sfere di comando, di società, di relazione e interazione tra esseri umani, che lo capisco pure io che non sono psicologo. C’è chi è contento di far parte di “un resto”agli occhi di qualcuno, chi vorrebbe, chi neanche morto, chi neanche sa dove sta messo coi piedi ma fa pur parte di un “qualche resto” per qualcuno senza saperlo. Quale che sia la nostra posizione, il nostro ambito nella società ed il grado di potere decisionale che abbiamo sugli altri il problema etico da porsi credo sia il medesimo per tutti: come gestire “il resto”nella vita?
Se lo chiede il Parlamento quando arrivano gli stanziamenti europei da destinare qua e là altrimenti vanno persi. Cultura? Scuola? Sanità? Infrastrutture? Qualcosa starà dentro, qualcosa starà fuori, e quello sarà il resto. Si sarebbe potuto fare di meglio, si sarebbe potuto fare di peggio. Se lo chiede l’economista che nell’ambito della sua previsione economica analizza i flussi di cambi, valori di borsa, fondi azionari, le imprese promettenti della Silicon Valley. Cosa sceglierà? Cosa farà restare/diventare il resto del suo lavoro? In un ospedale non ci sono solo pazienti, sapete. E non è discriminazione, ma valutazione obiettiva. Ci sono pazienti e c’è il “resto dei pazienti” davanti agli occhi di un primario. Nella tabella di marcia di un equipe medica.
Ci siamo noi, che ci chiediamo come gestire il resto nell’amicizia, negli affetti, come gestire il resto dello stipendio, dell’energia fisica, mentale ed emotiva, come gestire le cose che non usiamo più per colpa del tempo siano oggetti o emozioni.
Ci sono quei giorni in cui stai zitto per il 90% delle ore della giornata. Ci sono quei giorni in cui avresti voglia di parlare come una cascata. Mi è successo, ma c’era solo resto, tu, e sempre l’intero resto.
Magari hai bisogno di qualcosa che non è importante, certe volte è solo così, ti serve “un resto” che non sia il tuo per confrontarti. Per spezzare il silenzio, quello pesante, che fa male. Non deve per forza essere interpretato come affetto, bisogno, dipendenza. Anzi, pensare di esserne oggetto è reputarsi troppo importanti. Allora ti fai una diga dentro e speri che regga ancora un po’. Perché bisogna stare ai patti. Non è così?
Ma i patti sono che il resto resti resto. Non è così? Non ce l’hanno insegnato. Ce l’hanno imposto. In base a dei parametri valutativi che l’uomo usa per definire, separare, classificare se stesso e le cose. Prediligiamo le cose prevedibili, calcolabili e quantificabili, affini, semplici, ovvie, vicine, pronte, che suonano come suoniamo noi. Le certezze. Che diventano fiducia. Per questo stiamo lontani dal resto. Perché è incertezza. Sconosciuta incertezza che non sta ai nostri maledetti patti oltremodo da rispettare.
Il nostro modo di gestire questo “diverso” è strettamente legato all’importanza che diamo a ciò che non conosciamo. All’importanza che diamo alla curiosità di ciò che non fa parte del nostro essere. C’è chi ha paura della diversità, ed è la maggioranza di noi, della non omogeneità, ma che però non si fa preconcetti o che non monta pregiudizi ad ogni dove. Con curiosità e cautela attende lo sconosciuto. Quando non sa chiede allo sconosciuto e lo sconosciuto si fa una risata ma gli risponde. E si è un passo più vicini. Serenità, equilibrio, curiosità mitigata dall’accortezza. Darsi alla pazza gioia di scoprire, o di gestire gli aspetti della vita aspettandosi anche gli insuccessi. Questo penso sia la risposta a: come gestire il resto? anche nell’amicizia, negli affetti, nell’energia fisica, mentale ed emotiva, come per gestire le cose che non usiamo più per colpa del tempo siano oggetti o emozioni.
Chi stringe le spalle e dice che in fondo ognuno è sempre vissuto e sempre vivrà nel suo mondo. <<Quanti mondi paralleli esiterebbero?>> ci scherzerebbe su un astrofisico. La realtà è fatta di più realtà in posti diversi, in tempi diversi, con cause ed effetti diversi. Diversità forse non sarà mai integrazione. Ma non possiamo stringere o girare le spalle solo per questo.
Le opzioni non sono molte: possiamo rifiutare “il resto”, qualsiasi diversità possa essere, ancor prima di conoscerla, non ci rimarrà più nessuno, e il resto saremo noi.
Possiamo cercare di far parte il più possibile “del resto” e quel che faremo per quel resto tornerà a noi, come quello che non faremo, e ancora una volta il resto saremo noi. Il resto sei tu e sono io.