
Autore: Paolo Crepet
Pubblicato da Mondadori - Settembre 2016
Pagine: 172 - Formato disponibile: Brossura
Collana: Strade blu. Non fiction

📗 Acquista scontato su ibs.it
📙 Amazon (spedizione gratuita)
📗 eBook su ibs.it
📙 Versione Kindle
📙 Acquista online
✪ Le recensioni dei lettori su Goodreads
Deleghereste alla tecnologia tutto ciò che fa parte dell’esperienza umana? E se lo steste già facendo? C’è una linea di demarcazione tra il potenziale della mente e gli automatismi tecnologici e digitali in grado di rimpiazzarne l’attività? O è forse stata superata da tempo per il fitto twittare, l’incessante googlare e il meccanico postare?

Paolo Crepet in Baciami senza rete analizza un tema attuale e di grande rilievo: l’influenza e il peso che ha la tecnologia nelle nostre vite, nonché come ha cambiato, sta cambiando e cambierà il nostro modo di comunicare, di rapportarci all’altro e di svolgere tutte quelle attività appartengono al nostro vissuto.
Si concentra maggiormente sulle conseguenze già riscontrabili nel nostro quotidiano e nelle quali possiamo tutti facilmente identificarci, prendendo atto di una vera e propria ingerenza dei dispositivi digitali e delle piattaforme social, tale da assorbire una porzione importante delle nostre giornate.
La lettura è stimolante, interessante e mai noiosa o meramente accademica. Crepet la arricchisce di esperienze personali, di dati concreti, studi condotti in diverse parti del mondo e di contributi autorevoli raccolti nel corso delle sue consulenze e collaborazioni. Spiega, ad esempio, che in Baviera è stato necessario installare segnali luminosi di attraversamento pedonale sul manto stradale a causa dell’allarme sociale dato dall’elevato numero di morti causato dal digitare sul proprio smartphone mentre si attraversa la strada. È stato addirittura coniato un nuovo termine per questo genere di persone: gli smartphone zombies o “smombies”. Rischiamo, dunque, una sorta di appiattimento dell’apparato sensoriale. Il nostro apparato visivo è tarato sull’infinito, e quindi è di notevole entità la porzione di orizzonte alla quale rinunciamo se teniamo sempre gli occhi puntati a trenta centimetri da noi.
Consiglio Baciami senza rete vivamente a genitori, adolescenti, giovani adulti. Anzi, francamente auspico che sia letto da molti insegnanti e educatori e che sia poi spiegato ai bambini e ai giovani che corrono il rischio di non saper fronteggiare la pressione del fenomeno tecnologico e di esserne compromessi. Bisogna che tutti comprendano che una dipendenza è sempre dannosa, non importa di che natura sia.
In termini scientifici: IAD (Internet Addiction Disorder) o “retomania”.
Il saggio non si limita a una critica tout court del fenomeno tecnologico, ma anzi crea un legame di continuità con il nostro passato con il richiamo ad attività che talvolta mi hanno suscitato un moto di malinconia, perché purtroppo ormai perse o desuete. Si propone di sensibilizzare ogni essere pensante a restare umano.
Approfondimento
Baciami senza rete spinge alla riflessione. Io stessa ho avuto modo di riflettere nel corso della lettura, e ho concluso che effettivamente il fenomeno rischia di coinvolgere, a lungo andare, anche la struttura fisica dell’uomo.
Basti pensare alla selezione naturale di Darwin e ci renderemo conto che sarà inevitabile subire modifiche fisiche di rilievo come la verticalizzazione progressiva della cervicale e la curvatura cifotica delle spalle, dovuta alla testa perennemente puntata verso il basso e alle posizioni scorrette davanti a PC e tablet. A breve termine, invece, la ripercussione più rilevante coinvolge inevitabilmente la nostra psiche, la sua maturazione e gli aspetti percettivi e formativi. Corriamo il pericolo di divenire analfabeti sensoriali. Amare richiede contatto, tatto, sentire il calore altrui e barattarlo col proprio. Baciarsi, appunto, senza rete.
Siamo ancora in grado di farci assorbire completamente dall’ammirazione di un’opera pittorica? Di perderci nel dipinto, assorti e concentrati, assaporandone appieno le peculiarità, l’emozione che ci suscita senza affrettarci a catturarne l’immagine sul nostro cellulare, o peggio, a farci un selfie con l’opera in esposizione?
Sembra diventato ormai impossibile. Il comportamento social ci risulta più automatico del comportamento sociale. Una maturazione e una crescita con questi presupposti, è una crescita mutilata. Una non crescita e, spesso, addirittura una regressione.
Il progresso è sempre stato indubbiamente al servizio della evoluzione dei popoli, ma mirava a donarci facilitazioni nel vivere, non a sostituirsi al vivere stesso. La società dell’efficienza tecnologica ci ha abituati a temere la castroneria, la pecca, l’imprecisione tout court. Quasi a inibire la nostra naturale predisposizione verso l’impegno propositivo, il tentativo. Desideriamo davvero una vita al netto di qualsiasi sbaglio? Oscar Wilde diceva che l’esperienza è il nome che diamo ai nostri errori. Saremmo pronti a rinunciare al nostro personale bagaglio di esperienze? Meno ginocchia sbucciate, ma più paure, più ansie. Perché senza conoscere la sensazione generata da un errore, non sapremmo mai che sapore ha la gioia del riscatto o anche semplicemente la soddisfazione del riprovare e del rialzarsi più forti di prima, carichi di una consapevolezza nuova.
La natura umana ha necessità dell’errore come fenomeno di rinnovamento, di evoluzione! Forse il vero anticonformismo è diventato sfuggire alla standardizzazione tecnologica. Dopotutto l’anima e la nostra splendidamente imperfetta natura non passano di moda, non diventano obsolete e non necessitano di aggiornamenti e app per “funzionare”.
Luana