Autore: Georges Rodenbach
Pubblicato da Fazi - Giugno 2016
Pagine: 105 - Genere: Gialli
Formato disponibile: Brossura
Collana: Le strade
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Hugues Viane è vedovo. Ogni suo gesto e ogni suo pensiero ruotano intorno a questa sua condizione: la sua giovane e bellissima moglie è morta e lui, incapace di elaborare il lutto, vive nel ricordo, crogiolandosi in un morboso dolore.
Insieme alla moglie, Hugues ha vissuto una vita allegra, viaggiando da una città europea all’altra. Sono passati anche da Bruges, che li ha colpiti per la sua cupezza e austerità: una città “morta”, quindi. È proprio per questo che Hugues, dopo la scomparsa della moglie, la sceglie per stabilirvisi: una città morta è perfetta per accogliere il suo dolore e per vivere la sua vita, che tale non è.
Hugues dissemina nelle stanze della sua casa oggetti appartenuti alla moglie e ritratti, che venera come reliquie. Particolarmente inquietante è la treccia che le ha reciso dopo la morte e che conserva sotto una teca di vetro.
Durante una delle sue – tristi, ovviamente – passeggiate per Bruges, Hugues crede di vedere una donna molto somigliante alla sua amata Ofelia, e la segue. Comincerà così una relazione malsana, sostenuta dal suo continuo desiderio di “riavere” la sua sposa.
La nuova donna però, essendo un’attrice e soprattutto viva, non può ambire alla perfezione che lui cerca, e finirà per sembrargli solo squallida e volgare, acutizzando il suo dolore, fino a un tragico epilogo.
Normalmente non sono un’amante delle prefazioni: tendo a saltarle o a ripromettermi di tornarci sopra a lettura conclusa, finendo poi per scordarle. Il romanzo – brevissimo! – mi ha incuriosita al punto che sono subito tornata indietro a leggere quelle poche pagine, scritte da Marco Lodoli, che lo precedono: ne consiglio a tutti la lettura. Anche l’approfondimento finale, di Emanuele Trevi, dedicato al tema della somiglianza, è sorprendentemente interessante.
Bruges la morta è uno dei libri che hanno ispirato Vertigo o La donna che visse due volte, uno dei film di Hitchcock più misteriosi e amati dal pubblico. Centrale è, in Bruges la morta, il tema della somiglianza: Hugues è ossessionato dalla moglie e si aggrappa a una donna che le assomiglia, al fine di riavere proprio colei che ha perduto.
Come scrive Lodoli, fulcro del romanzo non è solo la “somiglianza” ma anche “la fedeltà diabolica” accompagnata alla “giusta tentazione”. Hugues è “diabolicamente” fedele a un ideale di perfezione che, in quanto tale, non può ritrovare in una creatura viva, quale la donna che ha incontrato. E, aggiungo io, chi ci garantisce che sua moglie non sia diventata così perfetta proprio perché sublimata dal ricordo?
Bruges la morta è una lettura sorprendente. L’epilogo è forse un po’ troppo chiassoso rispetto alla tranquillità ovattata che regna sovrana a Bruges e in queste pagine, ma è l’unico possibile.
L’unico possibile perché la non-vita che Hugues si è scelto è senza uscita. Arrivati all’ultima pagina, possiamo prendere in mano la prefazione e capire anche noi quello che Lodoli scrive di aver imparato.
Mi riesce estremamente difficile continuare a scrivere senza attingere ulteriormente alla prefazione, pertanto mi limito a consigliarvi di leggere Bruges la morta. Lasciatevi cullare dal suono delle campane di Bruges, chiudete gli occhi per vedere meglio quei palazzi così tristi e rabbrividite di fronte a quella treccia morta. E pensate a James Stewart.