
Autore: Daniel Pennac
Pubblicato da Feltrinelli - Marzo 2023
Pagine: 400 - Genere: Narrativa francese
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: I narratori
ISBN: 9788807035326
ASIN: B0BNQ9Z6JR

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I vetri oscurati della Voxor… Kebir ci vede riflessa la propria faccia. Finalmente Nonnino posa lo sguardo su di lui. “Ma voglio darti un’ultima possibilità, figliolo.” Kebir ci mette un po' a capire cos’ha detto Nonnino. E di colpo: Ah! Allora non sono morto? Oh! Che sollievo… “Ma è l’ultima volta.” Tutto quello che vuoi, Nonnino! Parola mia, tutto quello che vuoi! Oh! Che sollievo. Tutta quest’aria, di nuovo, nei polmoni…

L’avvincente saga dei Malaussène arriva al capolinea come suggerisce il titolo e anche la vivace copertina dove in un’amalgama di personaggi si capisce o meglio intravede la ricca confusione del finale; la situazione si ribalta leggermente e le avventure dopo ben quarant’anni hanno come maggiori protagonisti i nipoti di Benjamin e sono alle prese con le complicazioni di sorte con il rapimento di un importante uomo d’affari, leggermente incuriosito in questioni losche, il parigino Georges Lapietà, il cui figlio Iuc è fidanzato con la nipote di Benjamin, Mara detta Maracuja.
Io, Benjamin Malaussène, zio e padre dei tre cretini che hanno rischiato di farsi ammazzare su quelle maledette scale, ricordo benissimo come sono venuto a sapere la cosa […] Sigma, Nange e Mara che dormivano il sonno del giusto nel dormitorio familiare. Ero quindi da basso, con la vescica tesa, avanzavo in punta di piedi verso la porta del bagno quando mi giunse all’orecchio un brusio di frasi. Fermo lì c’era qualcuno che parlava. Due voci monocordi. È una roba pazzesca la curiosità”
La fiera del ridicolo, dell’egoismo, del rancore e dell’ironico ci ammutolisce già dalle prime pagine, in cui capiamo che il rapimento era dapprima stato inscenato per gioco, con la collaborazione dello stesso Lapietà, in fin di vita più o meno, con lo scopo di lasciare un profondo ricordo sulle generazioni successive, lui che un buon rapporto con il figlio forse aveva iniziato ad averlo in tarda età. Un piano che finisce tuttavia per essere preso sul serio dalla banda di Nonnino, una figura decisamente crudele e senza scrupoli e perpetrato con il tradimento di una figura conosciuta dalla famiglia Malausséne.
Lo spietato gangster è affiancato da ladri e delinquenti di tutte le fasce sociali, compresi ricchi borghesi annoiati, tra tutti spiccano Marcel Kebir una figura poco coraggiosa e che si farà fregare la sacra pistola abbandonandola sulle scale e scappando preoccupato.
Nonnino rimprovererà Kebir per le difficoltà dell’agguato e organizzerà un secondo mandato per recuperare la pistola che nel frattempo veniva consegnata alla polizia, cercando di mantenere la calma ed evitare le menzogne da lui tanto odiate; anche perché inizia a temere che Kebir sia stato forse corrotto, manomesso, non concepisce che uno dei suoi abbia potuto lasciarsi andare così allo spavento senza confrontarsi con la strategia e dimenticando l’arma di un delitto. Si sentiva in qualche modo fregato, e lui fregato mai.
Nell’auto elettrica, con il suo borsello sulle ginocchia e gli occhi fissi davanti a sé, Nonnino pensa alla menzogna… Non solo alle bugie dei suoi ragazzi. Alla menzogna in generale. La menzogna intima e quella pubblica. La menzogna come strumento di comunicazione, come modalità di governo, come strategia e come forza d’impresa. […] La menzogna, Nonnino mai e poi mai. Ai suoi non gli ha mai fatto prendere lucciole per lanterne. Li ha educati alla verità cash. Il mondo è così com’è. Senza fronzoli.
Poi c’era il caso del pulmino, la libreria ambulante, quella sottratta illegalmente che poteva essere una traccia al ritrovamento della tribù Malaussène, un pulmino che diventa il centro delle ricerche sia per Nonnino che per Manin e la polizia capeggiata dallo stagista Titus gravemente ferito ed anche accidentalmente da Mara.
Di Lapietà Nonnino vuole sapere i traffici, i nomi e i segreti dei politici, lo tiene in ostaggio, lui non parla subito, poi ci prova quando a suo figlio viene tagliato un orecchio, ma dei due Iuc è il più forte, non piange, non si dimena. Ma conviene a Nonnino fidarsi dei suoi ragazzi? Forse anche no. La debolezza umana e anche forse l’ignoranza, e perché no mettiamoci anche la sfrontatezza e la sicurezza portano i carcerieri a raccontarsela con i Lapietà a scambiarsi confidenze e battute, a diventare quasi amici. E sul finale questa mossa giocherà decisamente a sfavore del boss, che in una nuova autovettura si rinchiuderà nella più orgogliosa disperazione, affiancato dalla sua donna e dai suoi rituali, sconfitto.
Approfondimento
Rispetto ai volumi precedenti la trama di Capolinea Malussène viene a essere più scarna, si perde l’entusiasmo e probabilmente era arrivato il momento di concludere la saga, anche se i lettori si aspettavano qualcosa di più e di meno sbrigativo; il tono agrodolce e umoristico di Pennac ci accompagna freneticamente nella narrazione rappresentando un mondo di pazzi e visionari personaggi, con l’approccio inziale di far saltare tutto, ma l’epilogo è ben diverso; non si capisce facilmente l’identità dei protagonisti senza aver letto i capitoli precedenti anche se si intravedono bene le caratteristiche principali di ognuno. Il crimine è il soggetto del romanzo, la cattiveria e la distinzione di paure esilaranti ed assieme utopiche.
Ci troviamo di fronte ad una visione quasi apocalittica, ma resta la sensazione che qualcosa si sia rotto o si aspetta quel modus operandi che ha contraddistinto la saga in precedenza, fortemente salda rimane la forza del gruppo e l’unione, riscontrata nei primi volumi Paradiso degli orchi, La prosivendola, La fata carabina e Signor Malaussène. La complicità della famiglia è in qualche modo il filo conduttore ancora una volta della storia e Benjamin questa volta rappresenta il capro espiatorio dell’intera vicenda e mal si inserisce con la sua professione editoriale delle Edizioni del Taglione. Possiamo affermare che questa volta la solidità è messa a dura prova dalla noia, per gli amanti del genere si faticherà ad ammetterlo, ma ne resta l’aroma.
Nausicaa Baldasso